SECONDO SPACENEWS IL LANCIO POTREBBE PERÒ SLITTARE DI QUALCHE SETTIMANA

James Webb apre le ali un’ultima volta sulla Terra

Dopo la luce verde degli ultimi test di febbraio scorso, il più grande telescopio spaziale al mondo ha superato con successo anche i test funzionali di dispiegamento dello specchio primario, aprendo e richiudendo per l’ultima volta qui sulla Terra le sue “ali”. Una volta superati anche gli ultimi test in programma, Jwst sarà pronto per il lancio. La data fissata è al momento il 31 ottobre 2021

     13/05/2021

Il telescopio James Webb, l’osservatorio spaziale più grande e potente al mondo, ha aperto per l’ultima volta qui sulla Terra il suo iconico specchio primario – una tappa fondamentale prima del lancio previsto entro la fine dell’anno.

Il James Webb Space Telescope (Jwst) all’interno della camera bianca della Northrop Grumman corporation mentre viene sottoposto al test di dispiegamento dello specchio primario in condizioni di lancio simulato. Crediti: Nasa/Chris Gunn

Come parte dei test funzionali finali, l’11 maggio scorso lo specchio da 6.5 metri di diametro del telescopio spaziale ha infatti ricevuto il comando di dispiegarsi completamente per assumere la sua configurazione finale, la stessa che avrà nello spazio. Il test rappresenta l’ultimo checkpoint di una lunga serie di controlli progettati per garantire che tutti i 18 specchi esagonali che costituiscono lo specchio primario dell’osservatorio siano pronti per affrontare il lungo viaggio nello spazio e funzionare come previsto una volta raggiunta la meta: un’orbita Halo al secondo punto di Lagrange (L2) lungo l’asse Terra-Sole, a un milione e mezzo di km di distanza dalla Terra.

«Lo specchio primario è una meraviglia tecnologica», sottolinea Lee Feinberg, ingegnere presso il Goddard Space Flight Center della Nasa a Greenbelt, nel Maryland (Usa), e responsabile del sistema ottico del telescopio. «Quando tutti i singoli segmenti, i rivestimenti, gli attuatori e i meccanismi, le componenti elettroniche e le coperture termiche sono nel loro assetto finale, formano un unico specchio che è davvero impressionante».

I test hanno riguardato in particolare l’apertura delle cosiddette “ali” di Jwst. Per osservare oggetti nel cosmo come nessun telescopio ha mai fatto prima, il suo specchio primario ha dimensioni tali da non poter entrare – nella sua forma completamente estesa – in nessuna delle stive dei lanciatori attualmente disponibili. Per risolvere questo problema, la struttura portante (backplane) dello specchio è stata costruita in maniera modulare. Un modulo centrale sorregge 12 specchi esagonali, e due moduli laterali pieghevoli – le “ali” di cui parlavamo – portano 3 specchi ciascuno. Grazie a questa configurazione, il telescopio può piegarsi come un origami in una conformazione più compatta e considerevolmente più piccola rispetto a quando lo specchio è completamente aperto. In tal modo può essere alloggiato all’interno del “bagagliaio” dell’Ariane 5, il lanciatore che dal Centre spatial guyanais – lo spazioporto europeo situato vicino a Kourou, nella Guiana Francese – porterà James Webb a destinazione.

Il telescopio, ospitato in questi giorni all’interno dell’enorme camera bianca del quartier generale della Northrop Grumman Corporation, a Redondo Beach, in California, ha ricevuto i comandi per il dispiegamento delle due ali nelle stesse condizioni che sperimenterà nello spazio. Per simulare l’ambiente a gravità zero in cui opereranno i suoi complessi meccanismi di apertura, James Webb – nella configurazione completa di rivestimento termico e schermatura, progettata per proteggere gli specchi e gli strumenti nell’ambiente spaziale – è stato collegato a una speciale apparecchiatura di compensazione della gravità.

Il test ha avuto successo: l’attivazione degli attuatori di movimento, il movimento fine dei due moduli fino alla completa apertura, compresa quella dei numerosi pezzi mobili di supporto – tutto è andato come previsto.

«Questo non è soltanto il test finale della sequenza di dispiegamento che il team ha condotto per preparare il James Webb Telescope a una vita nello spazio», aggiunge Feinberg, «ma significa che, quando finiremo, lo specchio primario sarà in posizione, pronto per il lancio. Per le centinaia di persone che hanno lavorato così duramente per progettarlo e costruirlo, sapere che il lancio è così vicino rende un po’ tristi».

Dopo la luce verde degli ultimi test condotti lo scorso febbraio, la spunta anche su questo test funzionale è il lascia passare per gli ultimi controlli rimasti in programma: quello di estensione del sistema di radiatori, che aiuta l’osservatorio a raffreddarsi, e del Deployable Tower Assembly, un grosso tubo nero che collega la parte ottica di James Webb al sottostante Spacecraft Bus, un enorme scatolone metallico che contiene tutti i sistemi (controllo assetto, propulsione, controllo termico, comunicazione…) necessari per il funzionamento dell’osservatorio.

«Osservatori spaziali pionieristici come il James Webb si realizzano solo quando tutti lavorano insieme per superare la sfida di costruire qualcosa che non è mai stato fatto prima», commenta Ritva Keski-Kuha, vice-responsabile del sistema ottico del telescopio al Goddard Space Flight Center. «Sono particolarmente orgogliosa dei nostri team che hanno costruito gli specchi del telescopio, e della complessa elettronica di back-end e software che gli consentiranno di vedere le profondità dello spazio con estrema precisione. Vedere che tutto questo è diventato un tutt’uno è stato molto interessante ed estremamente gratificante. In vista del suo lancio entro la fine dell’anno, il completamento di questo ultimo test sui suoi specchi è particolarmente emozionante».

Lancio che è fissato per il 31 ottobre del 2021, ma che potrebbe però essere posticipato di qualche settimana – secondo quanto riporta la testata SpaceNews – per alcuni test addizionali in corso sul lanciatore Ariane 5.

Se, come ci auguriamo, tutto andrà come previsto, già nel 2022 l’avveniristico osservatorio spaziale sarà in attività, pronto a svelare molti misteri delle scienze astronomiche mediante il suo utilizzo in numerosi programmi osservativi, molti dei quali coinvolgono ricercatori Inaf.

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