MA NON MANCANO LE SPIEGAZIONI ALTERNATIVE

Tiofeni su Marte, potenziale indizio di vita

Tra il 2012 e il 2017, il rover Curiosity della Nasa ha scoperto, all'interno del cratere Gale di Marte, molecole contenenti elementi bio essenziali chiamate tiofeni, presenti anche sul nostro pianeta. In uno studio pubblicato su Astrobiology, due ricercatori forniscono ora alcuni dei possibili scenari per spiegare l’origine di questi composti sul Pianeta rosso. Tra questi, un processo biologico che chiama in causa i batteri

     06/03/2020

Immagine generata al computer di Marte. Crediti: NASA/JPL-Caltech

I composti organici chiamati tiofeni si trovano sulla Terra nel carbone, nel petrolio greggio, nelle stromatoliti, nei microfossili – e anche nei tartufi bianchi. Sono molecole composte da quattro atomi di carbonio e un atomo di zolfo disposto ad anello, e quattro atomi di idrogeno legati a ciascun carbonio. Di recente, il rover Curiosity della Nasa, tra uno shooting fotografico e l’altro, grazie allo strumento Sam (Sample Analysis at Mars) – il più grande fra quelli a bordo del veicolo a sei ruote – ha scoperto varie classi di materia organica nei sedimenti di Marte, tra le quali c’è anche quella che comprende proprio i tiofeni.

Ora due astrobiologi, Jacob Heinzm della Technische Universitat di Berlino e Dirk Schulze-Makuch della Washington State University (Stati Uniti), hanno esplorato alcuni fra i possibili scenari che possano spiegare le origini di questi composti sul Pianeta rosso. I loro risultati, pubblicati sulla rivista Astrobiology, suggeriscono che un processo biologico, piuttosto che uno non biologico, molto probabilmente coinvolgente batteri, potrebbe aver avuto un ruolo nell’esistenza dei tiofeni sul suolo marziano. Un’ipotesi che, se confermata, proverebbe indirettamente l’esistenza di forme di vita, quantomeno semplici come quelle batteriche, nel passato del Pianeta rosso.

Va sottolineato che possibili spiegazioni non biologiche all’origine di queste molecole non mancano: i composti potrebbero essere giunti su Marte attraverso impatti meteoritici, per esempio, o essere stati prodotti attraverso un processo chimico chiamato ‘riduzione termochimica del solfato’ (in inglese, Tsr, da thermochemical sulfate reduction), che prevede il riscaldamento di un insieme di composti a temperature di oltre 120 gradi Celsius e la produzione del composto come sottoprodotto delle reazioni.

Al contrario, nello scenario biologico ipotizzato dagli scienziati, organismi come ad esempio i batteri solforiduttori – forme di vita microbica che potrebbero essere esistite più di tre miliardi di anni fa, quando Marte era più caldo e umido – avrebbero potuto facilitare la formazione dei composti attraverso un processo chiamato di ‘riduzione batterica del solfato’ (bacterial sulfate reduction, o Bsr).

«Abbiamo identificato diversi percorsi biologici per i tiofeni che sembrano più probabili di quelli chimici, ma abbiamo ancora bisogno di prove», dice Schulze-Makuch. «Se trovi tiofeni sulla Terra potresti pensare che siano di origine biologica, ma su Marte, ovviamente, per dimostrarlo occorre alzare parecchio l’asticella».

Conferme o smentite potrebbero non tardare a giungere. Il prossimo rover targato Esa, Rosalind Franklin – che dovrebbe essere lanciato la prossima estate – avrà infatti a bordo uno strumento, il  Mars Molecule Analyzer (Moma), che utilizzando una tecnica di analisi dei campioni meno invasiva del Sam di Curiosity consentirà la raccolta di molecole più grandi.

In particolare, spiegano gli autori, di queste molecole sarà importante esaminare gli isotopi di carbonio e zolfo: poiché gli organismi viventi alterano i rapporti isotopici di elementi pesanti e leggeri nei composti che producono, questi risultano sostanzialmente diversi da quelli che si trovano nei loro elementi costitutivi. «Gli organismi sono “pigri”. Preferiscono usare gli isotopi più leggeri, perché costa loro meno energia», spiega Schulze-Makuch, e questo rende le misure dei loro rapporti «un segnale rivelatore per la vita».

Tuttavia, anche se il prossimo rover dovesse restituire questa prova isotopica, ciò potrebbe non essere ancora sufficiente per dimostrare definitivamente che c’è – o c’è stata – vita su Marte. «Come diceva Carl Sagan», ricorda Schulze-Makuch «affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie. Penso che la prova richiesta sia che inviamo qualcuno lassù, e che un astronauta, guardando attraverso un microscopio, veda un microbo in movimento».

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