Quella mappa puntinata – la mappa della radiazione del fondo cosmico a microonde (Cmb) di Planck, il ritratto più accurato che mai sia stato fatto dell’universo neonato – ormai la conosciamo tutti: il giorno in cui venne presentata al mondo finì persino sulla prima pagina del New York Times. Era il 21 marzo 2013, e segnò una svolta storica: a saperla leggere, quella mappa ci può condurre vicini alla soluzione di alcuni fra i più grandi misteri del cosmo. Ma analizzandola in dettaglio, insieme a tante risposte – come, per esempio, di quanta energia oscura e di quanta materia oscura è fatto l’universo – emersero ben presto nuove domande. Sotto forma di anomalie: lievi scostamenti dal modello standard della cosmologia. Per esempio, non corrispondeva a quanto atteso lo spettro di potenza delle fluttuazioni della temperatura della Cmb a grandi scale angolari, attorno ai cinque gradi. Poi c’era la faccenda del cold spot: una regione fredda che si estende su una porzione di cielo molto più ampia del previsto.
Anomalie reali, si chiesero da subito i cosmologi? La cosa certa è che non si tratta di artefatti dovuti al comportamento del satellite o all’elaborazione dei dati, garantiscono gli scienziati del team di Planck dopo anni di analisi. Allora a cosa sono dovute? Le alternative sono due. Una è che si tratti di “fluttuazioni statistiche” – scostamenti lievi e molto rari, ma comunque compatibili con il modello standard. L’altra, decisamente più intrigante, è che siano invece la spia di qualcosa che il modello standard non contempla, qualcosa che non conosciamo: è ciò che gli scienziati definiscono una “nuova fisica” – nel senso che, se confermata, richiederebbe un’estensione delle attuali leggi della fisica.
Come decidere, dunque, se siamo davanti a fluttuazioni statistiche o a una nuova fisica? In teoria la risposta avrebbe potuto essere già presente nelle mappe del fondo cosmico di Planck. Non però in quelle ormai note della temperatura, bensì in quelle – rese pubbliche l’anno scorso – della polarizzazione. Questo perché si tratta di due segnali fra loro indipendenti: quello in temperatura è legato alle diverse intensità della radiazione primordiale, quello in polarizzazione – invece – al suo orientamento. Dunque, si sono detti gli scienziati, se riscontrassimo anche nelle mappe in polarizzazione le stesse anomalie emerse da quelle in temperatura, potremmo escludere che si tratti di fluttuazioni statistiche: saremmo davvero davanti a una nuova fisica.
Ebbene, i risultati sono stati pubblicati oggi su Astronomy & Astrophysics, e dicono che non si vedono segni evidenti di anomalie. «Le misure di polarizzazione di Planck sono fantastiche», esordisce il project scientist di Planck, Jan Tauber, dell’Esa, «ma nonostante gli ottimi dati a nostra disposizione, non vediamo tracce significative di anomalie».
«L’alta qualità dei dati di Planck», spiega a Media Inaf uno degli scienziati del team di Planck, Alessandro Gruppuso, ricercatore all’Inaf Oas di Bologna e fra i coautori dell’articolo pubblicato oggi su A&A, «ha permesso, per la prima volta, di utilizzare la polarizzazione della radiazione cosmica di fondo per analizzare le cosiddette anomalie di Cmb, precedentemente osservate solo nelle mappe in temperatura. L’interesse per queste analisi nasce dal fatto che tali segnali potrebbero rilevare nuova fisica oltre il modello standard, come addirittura fasi di evoluzione cosmologica in epoche precedenti alla fase inflazionaria. È sicuramente un passo avanti notevole, poiché i dati in polarizzazione forniscono ulteriore e preziosa informazione, oltre a quella presente nei dati in temperatura. Queste nuove analisi, però, non forniscono ancora la significatività statistica necessaria per elevare queste anomalie a rango di nuovi segnali fisici e pertanto, al momento, il modello standard della cosmologia, così come lo conosciamo, rimane in piedi».
Dunque no: non possiamo dire che quelle anomalie vadano al di là del modello standard, probabilmente si tratta di fluttuazioni statistiche. Come però traspare dalle parole di Tauber e di Gruppuso, non si tratta di un risultato definitivo. E questo anzitutto per un motivo: benché le sue mappe a tutto cielo della polarizzazione della Cmb siano a oggi le più accurate disponibili al mondo, Planck non era stato progettato per concentrarsi sulla polarizzazione. Insomma, il dubbio si restringe. E il nuovo risultato, frutto di analisi molto impegnative, è comunque di grande rilievo, in quanto pone importanti vincoli a misure quanto mai complesse. Ma per arrivare a una risposta conclusiva i dati di Planck non bastano più: occorreranno nuove misure e nuovi esperimenti. Alcuni dei quali già in preparazione.
«Missioni future – come la missione LiteBird, recentemente selezionata dalla Jaxa, l’agenzia spaziale giapponese – dedicate all’osservazione della polarizzazione a grandi scale angolari», conclude al riguardo Gruppuso, «oltre che a indagare la presenza di onde gravitazionali primordiali potranno fornire una nuova e presumibilmente completa visione su questi interessanti segnali».
Per saperne di più:
- Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “Planck 2018 results. VII. Isotropy and statistics of the CMB“, della Planck Collaboration
- Leggi sul sito dell’Agenzia spaziale europea l’articolo “Planck finds no new evidence for cosmic anomalies“