
Il cielo è uno straordinario contenitore di storie di dee, di ninfe, di eroine. L’astronomia è forse l’unica scienza che si declina essenzialmente al femminile, a partire dalla sua musa: Urania, figlia della potenza e della memoria. Le danze, i racconti di queste protagoniste del firmamento sono soavi messaggi di bellezza e di infinito fascino dell’intero universo.

Marcella Marconi, direttrice dell’Osservatorio astronomico di Capodimonte, nel giardino dell’osservatorio. Crediti: Enrico Cascone / Inaf Napoli
L’Osservatorio di Capodimonte, inoltre, è tra i pochi istituti scientifici guidati da una donna; lo scrittore Lorenzo Marone ha immaginato la prima direttrice della Specola napoletana – Marcella Marconi – come un tipo alla Jodie Foster in “Contact”, il film di fantascienza di Zemeckis, che invece di stare con la testa fra le nuvole, passa la vita a guardare le stelle; ma poi insieme allo studio dell’universo c’è anche la vita familiare, le cose di tutti i giorni: ci sono i figli, il partner, gli amici, la cena, la spesa e le bollette.
In questi ultimi tempi si ha quasi l’impressione che ci sia un bisogno sempre crescente di porre sotto i riflettori e di proporre all’attenzione generale la donna e il suo ruolo, in particolare nella comunità scientifica. Perché? Quello a cui si continua ad assistere è un crescente numero di donne che in tutto il mondo studiano l’astronomia, la fisica, la chimica, le scienze in generale. Ma pur raggiungendo in alcuni paesi la parità di accesso, è ancora necessario formulare strategie di intervento per far fronte alla sotto-rappresentazione delle donne ai livelli apicali. Nonostante tutti gli sforzi per migliorare lo status delle donne impegnate nella ricerca scientifica, molte astronome sentono ancora una pesante disparità di genere. E allora, impariamo dall’universo… rispettiamo e non discriminiamo le nostre “stelle: plurale femminile”.
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