LE OSSERVAZIONI SONO IN CORSO IN QUESTE ORE

I tre giorni dello Scorpione

È iniziata ieri, mercoledì 20 febbraio, la campagna osservativa dedicata a Scorpius X-1, un sistema binario dove una stella di neutroni emette intensi getti di materia. Per questo studio sono state mobilitate 70 antenne radio, 4 grandi telescopi ottici e infrarossi e 4 missioni spaziali X. Media Inaf ha intervistato la coordinatrice del progetto, Sara Motta, dell’Università di Oxford

     21/02/2019

Sara Motta al Very Large Array

Utilizzeranno circa 70 antenne radio, 4 grandi telescopi ottici e infrarossi, 4 missioni spaziali che lavorano nei raggi X e li terranno impegnati per tre giorni di fila. L’obiettivo è estremamente ambizioso: immortalare una stella di neutroni mentre spara getti relativistici e misteriosi. A capo di questa impresa c’è una giovane ricercatrice italiana, Sara Motta, che lavora all’Università di Oxford.

La campagna osservativa, iniziata poche ore fa, vedrà coinvolti i più grandi telescopi del mondo, che copriranno l’intero spettro elettromagnetico, dalle onde radio ai raggi X e gamma. Lo scopo è studiare in dettaglio il comportamento di una stella di neutroni, ovvero ciò che resta al termine della vita di una stella piuttosto massiccia. Questi corpi celesti sono molto densi, e manifestano comportamenti estremi e intriganti, tra cui, a volte, intensi getti di materia sparati a grandi velocità.

Per capire meglio cosa succeda durante questi episodi violenti, Sara Motta e il suo team di ricercatori hanno programmato una serie di osservazioni coordinate, in modo da spiare in contemporanea e in diverse lunghezze d’onda l’attività della stella di neutroni. Il numero di osservatori impegnati in questa campagna la rende molto interessante, ma è ancor più emozionante potervi raccontare quel che succede in corso d’opera. Abbiamo infatti raggiunto Sara a La Palma, dove si trova a seguire le osservazioni, per farle alcune domande.

Ciao Sara, innanzitutto complimenti per questa avventura osservativa. Raccontaci un po’ chi sei, e cosa fai a Oxford.

«Sono una ricercatrice postdoc, e lavoro a Oxford da marzo 2015, in collaborazione con un gruppo di ricerca che studia sorgenti principalmente X e radio. Prima di fare parte del Dipartimento di fisica dell’Università di Oxford ho lavorato all’Agenzia spaziale europea, nella sede di Madrid, dove mi sono trasferita nel 2012 dopo aver ottenuto il titolo di dottore di ricerca presso l’Università dell’Insubria e l’Osservatorio astronomico di Brera dell’Inaf».

Rappresentazione artistica di un sistema binario con un oggetto compatto che emette un getto di materia, strappata alla compagna. Crediti: Nasa/Cxc/M. Weiss

Il tuo campo di ricerca?

«Mi occupo di studiare sistemi binari in accrescimento, ovvero sistemi doppi composti da una stella ordinaria, molto simile al Sole, e un relitto stellare, ovvero una stella di neutroni o un buco nero. In questi sistemi, l’oggetto compatto strappa materia dalla stella compagna, formando attorno a sé un disco di accrescimento. L’attrito che si sviluppa all’interno del disco di accrescimento fa sì che la materia che lo componi si scaldi fino a milioni di gradi, permettendole così di emettere radiazione X. La caratteristica più importante delle binarie in accrescimento è che sono estremamente variabili: a differenza di molti altre tipologie di oggetti celesti, possiamo apprezzare cambiamenti significativi e molto rapidi (da meno di un secondo a diversi mesi o anni) nella radiazione da esse prodotta».

Sorgenti binarie come quella finita ora nel vostro mirino… Come si chiama? E perché ha catturato la vostra attenzione?

«La campagna osservativa che sta iniziando in queste ore si focalizza su una sorgente ben nota agli astronomi, chiamata Sco X-1: si tratta di una binaria contenente una stella ordinaria e una stella di neutroni, nota per essere un chiaro esempio di produzione semi-costante di getti radio relativistici. Questa sorgente produce un particolare tipo di getto relativistico che è stato studiato solo superficialmente e che tutt’ora rimane inspiegato. Questo getto, infatti, sembra essere in grado di trasportare grandi quantità di energia dalla stella di neutroni a centinaia di migliaia di Km di distanza da essa».

Dove si trova?

«Sco X-1 si trova nell’emisfero celeste sud, poco sotto all’equatore celeste, nella costellazione dello scorpione, ed è una delle binarie galattiche in accrescimento più vicine alla Terra, a circa 10 mila anni luce, ovvero approssimativamente a un terzo della distanza tra il Sole e il centro della nostra galassia. Questo sistema fu scoperto da Riccardo Giacconi nel 1962 come la prima sorgente celeste di raggi X al di fuori del sistema solare, e valse a Giacconi il premio Nobel per la Fisica nel 2002. La relativa vicinanza di Sco X-1 alla Terra ci permette di osservarne i getti in dettaglio tramite tecniche di interferometria radio, grazie alle quali siamo in grado di produrre immagini ad alta risoluzione tramite le quali possiamo studiare nel dettaglio la struttura dei getti radio. Essendo così vicina, questa sorgente celeste è molto brillante, e può essere quindi osservata nel dettaglio lungo tutto lo spettro elettromagnetico, dal radio fino ai raggi gamma».

Al centro dell’immagine Nicer, uno degli strumenti impegnati nella campagna di osservazioni. Crediti: Nasa

Come mai servono così tanti telescopi tutti insieme?

«Dato che il problema principale è capire come i getti radio si comportano su tempi scala piuttosto brevi (ore o minuti), è importante osservare questo sistema in banda radio ininterrottamente per un tempo sufficientemente lungo da permetterci di studiarne il comportamento in ogni dettaglio. Allo stesso tempo, poiché la produzione di getti radio è strettamente legata al processo di accrescimento, che si studia in banda X, è altrettanto importante osservare Sco X-1 contemporaneamente anche in banda X. Le osservazioni radio vengono fatte da terra, tramite antenne radio, o reti di antenne radio, mentre le osservazioni X devono essere necessariamente fatte dallo spazio, poiché i raggi X (per fortuna) sono assorbiti completamente dall’atmosfera terrestre. A causa della sua posizione nel cielo, però, Sco X-1 può essere osservata solo per un certo numero di ore al giorno da uno stesso telescopio radio, per via della rotazione della Terra. Per questo motivo, l’unico modo per ottenere osservazioni radio continue e senza “buchi” è quello di utilizzare un gran numero di antenne radio sparse lungo il globo terrestre, in modo tale che in ogni momento una o più antenne siano puntate sulla sorgente».

Questo vale solo per i radiotelescopi o anche per gli altri strumenti?

«Per quanto riguarda i telescopi ottici il problema è analogo: le osservazioni devono essere fatte da terra, tipicamente dalla cime di alte montagne dove il cielo e libero da nubi e l’umidità è bassa, ma per osservare la stessa sorgente nella maniera più quantitativa possibile, è necessario utilizzare diversi telescopi allo stesso momento. In banda X il problema è in qualche modo simile: i satelliti in orbita attorno alla Terra passano con regolarità “dietro” al nostro pianeta rispetto alla sorgente di interesse, generando così dei buchi nelle osservazioni. Per ovviare a questo problema, dobbiamo utilizzare diversi satelliti X, che, essendo posti su orbite diverse, possono osservare Sco X-1 in momenti diversi, limitando al massimo i numero e l’estensione dei buchi. Il risultato è che utilizzeremo circa 70 antenne radio, 4 grandi telescopi ottici e infrarossi e 4 missioni spaziali X, che per tre giorni punteranno tutti Sco X-1 in maniera quasi continua».

Perché la campagna dura proprio tre giorni?

«Tre giorni è un intervallo di tempo ideale che ci permetterà di osservare tutti i comportamenti peculiari di Sco X-1 in sufficiente dettaglio. Nello specifico, ci aspettiamo di osservare il lancio di diversi getti relativistici, e cambiamenti significativi nell’emissione X, ottica e infrarossa su tempi scala di poche ore. Tre giorni sono un lasso di tempo piuttosto lungo per una sorgente variabile come Sco X-1, ma solo osservando per un periodo relativamente prolungato possiamo essere sicuri di osservare la fenomenologia che più ci interessa, legata all’emissione dei getti relativistici».

Alla fine di questi tre giorni che cosa vi aspettate di vedere?

«Osserveremo il lancio di diversi getti relativistici, gli eventi che li precedono, e le conseguenze che essi hanno sul sistema. Saremo in grado di capire cosa sta succedendo in questo sistema grazie alle osservazioni X, radio e ottiche/infrarosse che abbiamo pianificato, tramite le quali possiamo sondare parti diverse del sistema, in particolare la parte più interna (in X) e esterna (in ottico) del disco di accrescimento, e i getti relativistici (in ottico e in infrarosso)».

Quando avrete in mano risultati? O meglio, quando possiamo tornare a chiamarti per sapere com’è andata a finire?

«Avremo i primissimi risultati in banda ottica qualche ora dopo le osservazioni, mentre dovremo aspettare qualche settimana per ottenere le osservazioni X, e qualche mese affinché le osservazioni radio siano disponibili. Questi ultimi sono i dati che presentano le maggiori difficoltà, per via della maniera in cui il segnale da decine di antenne diverse deve essere processato per poter essere utilizzato per produrre immagini radio».


Scene dalla campagna osservativa in corso, con alcuni dei telescopi utilizzati:

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Da sinistra: Jari Kajava, Sara Motta e Valerio Nascimbeni al TNG