IL PRIMO TOUCHDOWN HA AVUTO SUCCESSO

Hayabusa2, il “falco” s’è calato sull’asteroide

La scorsa notte, con qualche minuto di anticipo rispetto alla tabella di marcia, la sonda dell’agenzia spaziale giapponese Jaxa ha completato con successo la sequenza di approdo, esplosione del proiettile per la raccolta di un campione del suolo di Ryugu e rientro in posizione base

     22/02/2019

L’esultanza in sala controllo al termine della prima sequenza di touchdown. Crediti: Jaxa

Se vi appassionano le imprese spaziali ma non siete fra quelli che, come noi, sono rimasti incollati a YouTube fino a notte inoltrata, un consiglio: lasciate da parte questo articolo e guardatevi la registrazione della diretta. Ne vale la pena. Perché è stato un successo, certo, e su questo ora torneremo. Ma anche perché non è la “solita” diretta di una manovra spaziale – per quanto una manovra a centinaia di milioni di km dalla Terra possa mai essere definita “solita”.

Rispetto ai capolavori di pianificazione ai quali ci hanno abituato la Nasa e l’Esa, con un rispetto al secondo della tabella di marcia, l’approdo della sonda Hayabusa2 – parola che in giapponese indica il falco pellegrino – all’asteroide Ryugu è stato più improvvisato, più scomposto se volete, e dunque assai più avvincente. Anzitutto, la sequenza di discesa è iniziata con quasi 5 ore di ritardo rispetto alla tabella di marcia. Così, per recuperare il tempo perduto – nemmeno fosse uno Shinkansen, i mitici treni dell’alta velocità giapponese, i cui ritardi si misurano in secondi – è stata impostata una velocità di discesa iniziale più che doppia rispetto a quella preventivata: 90 m/s invece di 40 m/s. La variazione è riuscita talmente bene che, alla fine, la sonda è giunta a destinazione con quasi un quarto d’ora di anticipo!

Nel frattempo accadeva di tutto. Sul generoso canale Twitter ufficiale scorrevano immagini, aggiornamenti, dati di telemetria. Durante la diretta streaming interveniva con un videomessaggio niente meno che Brian May, il chitarrista dei Queen, esordendo con un perfetto konnichi wa per poi dichiarare il suo amore incondizionato per i giapponesi e per Hayabusa2.

Nel frattempo, sul web e in diretta si scatenava un dibattito sulla ridotta – per usare un eufemismo –rappresentanza femminile nella control room. E anche in questo caso i responsabili del team mostravano una capacità d’improvvisazione non comune, inserendo al volo una scienziata della missione – non la “nostra” Stefania Soldini, purtroppo – nel palinsesto della diretta, comunque tutt’altro che rigido già in precedenza.

Intanto Hayabusa2 continuava la sua discesa. Fino al touchdown. Avvenuto, appunto, con ampio anticipo. Un touch-and-go, per essere precisi: appena sfiorato il suolo dell’asteroide, era previsto che la sonda sparasse un proiettile di tantalio per sollevare una nube di materiale da raccogliere e incamerare a bordo. Un primo carico pronto per essere inviato – a missione completata, fra circa un anno – verso la Terra. Ebbene, se è stato subito chiaro che il comando di firing era stato inviato correttamente, per avere conferma – dall’analisi dei dati di telemetria – del fatto che il proiettile fosse stato effettivamente sparato sono state necessarie ore, benché l’esultanza generale della control room lasciasse intendere che grossi contrattempi non dovessero esserci stati. Comunque, alla fine anche la conferma ufficiale è arrivata: proiettile sparato, sonda in stato nominale, touchdown concluso con successo.

Insomma, anche se per sapere quanto materiale è stato raccolto occorrerà attendere il rientro sulla Terra della capsula porta-campioni, pare proprio che il “falco pellegrino” sia riuscito ad agguantare la sua preda. E ora che ci ha preso gusto, ci proverà di nuovo. A bordo c’è spazio per altri due campioni. L’avventura continua.