LA SCOPERTA SU ASTROPHYSICAL JOURNAL LETTERS

Se un mantello di ferro avvolge le stelle

Il team di ricercatrici e ricercatori guidato da Ester Marini ha scoperto che alcune stelle nella Grande nube di Magellano sono sorprendentemente circondate per la maggior parte da ferro solido e non da silicati, come invece avviene di solito in astri di massa simile

     23/01/2019

Immagine della Grande Nube di Magellano ottenuta dal telescopio spaziale Spitzer. Nell’ingrandimento in alto: confronto tra lo spettro Irs (linea nera continua) della stella Ssid 4486 e il miglior fit teorico di una stella Agb di 5 masse solari (linea rossa continua) circondata da materiale composto per circa il 70% da polvere di ferro; la linea verde tratteggiata si riferisce invece al corrispondente spettro teorico dello stesso modello, ma senza considerare la presenza di polvere di ferro. Ingrandimento in basso: ricostruzione artistica di una stella gigante che espelle materia. Crediti: Aladin-software in Spitzer colors, Jaxa

Stelle con poco ferro nel loro interno, elemento che invece diventa protagonista nel tenue guscio di materia che le avvolge. A scoprire questi astri, decisamente insoliti per il loro stadio evolutivo e la particolare concentrazione di ferro solido presente nell’inviluppo che le circonda, è stato un team internazionale di ricercatrici e ricercatori guidato da Ester Marini, dottoranda dell’Università “Roma Tre” di Roma e associata all’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), e di cui fanno parte Marcella Di Criscienzo e Paolo Ventura, dell’Inaf, assieme a colleghe e colleghi dell’Agenzia spaziale italiana, dell’Istituto di astrofisica delle Canarie e dell’Università Nordita di Stoccolma.

Le stelle sono state scoperte nella Grande Nube di Magellano, una tra le galassie più vicine alla Via Lattea, a 150mila anni luce da noi. Questi oggetti celesti si trovano in una particolare fase evolutiva, denominata Agb (da “asymptotic giant branch”), durante la quale perdono gran parte della loro massa, grazie a venti stellari che ne strappano via gli strati più esterni. Le basse temperature e le alte densità degli involucri circumstellari delle stelle Agb favoriscono la formazione di considerevoli quantità di polvere, che viene accelerata e poi dispersa nello spazio, insieme al gas stellare.

Questo processo si rivela estremamente importante per il ciclo evolutivo delle galassie, dal momento che la polvere riveste un ruolo decisivo nella formazione di nuove stelle e pianeti, ed è pertanto oggetto di particolare interesse da parte della comunità scientifica internazionale.

L’analisi dei dati del telescopio spaziale Spitzer della Nasa, condotte dal team di Ester Marini su alcune stelle nella Grande Nube di Magellano, ha evidenziato una loro peculiare emissione nella banda della radiazione infrarossa. Grazie ad accurati modelli teorici sviluppati presso l’Osservatorio astronomico di Roma dell’Inaf, i ricercatori hanno scoperto che queste sorgenti celesti hanno una composizione chimica povera di metalli e discendono da stelle di massa pari a circa cinque masse solari, formatesi intorno a 100 milioni di anni fa. Queste stelle sono sorprendentemente circondate per la maggior parte da ferro solido e non, come di solito avviene in stelle di massa simile, da silicati.

Paolo Ventura ed Ester Marini

«Abbiamo caratterizzato per la prima volta una classe di stelle che presenta delle proprietà spettrali uniche» sottolinea Marini, prima autrice dell’articolo che descrive la scoperta, pubblicato oggi sulla rivista The Astrophysical Journal Letters. «Proprio per via della loro bassa metallicità si instaurano le condizioni necessarie perché il ferro solido sia la specie di polvere presente in quantità maggiori. In tal caso infatti i complessi processi di fusione nucleare attivi all’interno delle stelle Agb sono così efficienti da consumare la maggior parte del magnesio e dell’ossigeno in superficie, elementi necessari per formare altre specie di polvere, come i silicati».

«Esistono diverse ed indipendenti evidenze per la presenza di ferro solido negli involucri di stelle Agb poco metalliche. La ricerca che abbiamo condotto è la prima in grado di fornire una spiegazione teorica per questo fenomeno» commenta Paolo Ventura, ricercatore dell’Inaf presso l’Osservatorio astronomico di Roma e co-autore della ricerca.  Da diversi anni il gruppo da lui coordinato, in collaborazione con l’Istituto di astrofisica delle Canarie, porta avanti un progetto di ricerca volto a studiare l’impatto che le stelle Agb hanno sul mezzo interstellare, in termini di gas e polvere rilasciati.

«Un ulteriore impulso alla ricerca in questo settore arriverà dall’avvento del telescopio spaziale James Webb, che aprirà nuove possibilità per utilizzare i risultati del nostro studio, per individuare tracce di formazione di stelle con bassa metallicità in epoche relativamente recenti» continua Ventura. «Questa missione spaziale infatti permetterà di aumentare considerevolmente il numero di stelle Agb osservabili nelle galassie del Gruppo Locale e prevede l’utilizzo di uno strumento, Miri, ideale per l’identificazione di questa classe di stelle».

Per saperne di più:

  • Leggi l’articolo Discovery of stars surrounded by iron dust in the LMC di Ester Marini, Flavia Dell’Agli, Marcella Di Criscienzo, Simonetta Puccetti, D. A. Garcia–Hernandez, Lars Mattsson e Paolo Ventura sul sito web della rivista The Astophysical Journal Letters