SUL CIGLIO DEL BUCO NERO CENTRALE

Lampi di luce all’orizzonte degli eventi di Sgr A*

Lo strumento Gravity dell'Eso conferma che l'oggetto al centro della Via Lattea è un buco nero. Le osservazioni effettuate al Very Large Telescope mostrano, per la prima volta, nubi di gas caldissimo che ruotano intorno al nucleo della galassia su un'orbita circolare appena al di fuori dall'orizzonte degli eventi a una velocità pari a circa il 30 per cento di quella della luce

     31/10/2018

Nell’immagine vediamo la parte centrale della nostra galassia, la Via Lattea, come la riprende nel vicino infrarosso lo strumento Naco del Vlt (Very Large Telescope) dell’Eso. Gli astronomi, seguendo per 16 anni i moti delle stelle al centro dell’immagine, hanno potuto determinare la massa del buco nero che si nasconde proprio nel centro galattico. Crediti: Eso/S. Gillessen et al.

Lo strumento Gravity dell’Eso installato sul Vlti (l’interferometro del Very Large Telescope) è stato usato dai ricercatori di un consorzio di istituti europei, tra cui l’Eso stesso, per osservare lampi di radiazione infrarossa provenienti dal disco di accrescimento intorno a Sagittarius A*, l’oggetto massiccio nel cuore della Via Lattea. I lampi osservati forniscono la conferma definitiva che l’oggetto al centro della nostra galassia è veramente, come da lungo ipotizzato, un buco nero supermassiccio. I lampi hanno origine nel materiale che orbita molto vicino al cosiddetto orizzonte degli eventi del buco nero, rendendo queste le osservazioni più dettagliate mai fatte di materiale in orbita così vicino a un buco nero.

Mentre parte della materia nel disco di accrescimento – la cintura di gas in orbita intorno a Sagittarius A* a velocità relativistiche – può orbitare intorno al buco nero in tutta sicurezza, tutto ciò che si avvicina troppo è destinato a essere attirato al di là dell’orizzonte degli eventi. Il punto più vicino a un buco nero in cui della materia possa orbitare senza essere irresistibilmente attratta verso l’interno dall’immensa massa è noto come orbita stabile più interna, e da qui hanno origine i brillamenti osservati.

«È sconvolgente osservare il materiale che orbita intorno a un buco nero massiccio al 30 per cento della velocità della luce», si meraviglia Oliver Pfuhl, uno scienziato del Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics (Mpe) di Garching, in Germania. «La straordinaria sensibilità di Gravity ci ha permesso di osservare i processi di accrescimento in tempo reale, con un dettaglio senza precedenti».

Queste misure sono state possibili solo grazie alla collaborazione internazionale e alla strumentazione all’avanguardia utilizzata. Lo strumento Gravity che ha reso possibile questo risultato combina la luce di quattro telescopi del Vlt dell’Eso per creare un super-telescopio virtuale di 130 metri di diametro ed è già stato utilizzato per sondare la natura di Sagittarius A*.

Questa visualizzazione sfrutta le informazioni ricavate da simulazioni di moti orbitali del gas in un’orbita cirolare intorno al buco nero a circa il 30 per cento della velocità della luce. Crediti: Eso/Gravity Consortium/L. Calçada

All’inizio dell’anno, Gravity e Sinfoni, un altro strumento installato sul Vlt, hanno permesso allo stesso gruppo di misurare con precisione il passaggio radente della stella S2 mentre attraversava il campo gravitazionale estremo vicino a Sagittarius A*, rivelando per la prima volta gli effetti previsti dalla relatività generale di Einstein in un ambiente così estremo. Durante il passaggio ravvicinato di S2, è stata osservata anche una forte emissione infrarossa.

«Stavamo monitorando S2 da vicino e, naturalmente, teniamo sempre d’occhio Sagittarius A*», spiega Pfuhl. «Durante le nostre osservazioni, siamo stati abbastanza fortunati da notare tre lampi brillanti provenienti dal buco nero, una coincidenza fortunata!»

Questa emissione, da elettroni molto energetici e molto vicini al buco nero, era visibile come tre brillamenti molto intensi e corrispondeva esattamente alle previsioni teoriche per i punti caldi (hot spot) in orbita vicino a un buco nero di quattro milioni di masse solari. Si pensa che i brillamenti provengano da interazioni magnetiche nel gas caldissimo che orbita intorno a Sagittarius A*.

«È sempre stato uno dei progetti che sognavamo di completare», ricorda Reinhard Genzel del Mpe, che ha guidato lo studio, «ma non osavamo sperare che sarebbe diventato possibile così presto». Riferendosi all’assunzione che Sagittario A* sia un buco nero supermassiccio, Genzel ha concluso che «il risultato è una conferma clamorosa del paradigma di buco nero supermassiccio».

Fonte: comunicato Eso

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