DA FELTRE A LUND SULLE ORME DELLA DARK MATTER

A caccia della “forza oscura” nell’anello di Lhc

In occasione del #DarkMatterDay – la giornata della materia oscura che si celebra oggi, 31 ottobre – abbiamo intervistato Caterina Doglioni, la ricercatrice a capo di DarkJets, un progetto europeo per cercare tracce di materia oscura nei dati prodotti dall’esperimento Atlas al Cern

     31/10/2018

Caterina Doglioni, ricercatrice alla Lund University (Svezia) e responsabile di DarkJets, un progetto europeo per cercare indizi di materia oscura nei dati prodotti dall’esperimento Atlas al Cern. Crediti: Lena Björk Blixt

Raggiungiamo Caterina ad Amburgo, ma da tre anni vive a Lund, in Svezia. Nata a Feltre, in provincia di Belluno, laurea a Roma grazie a una borsa di studio dei Cavalieri del lavoro, poi dottorato a Oxford. «Ci sono finita per amore», confida a Media Inaf, «un ragazzo dell’Irlanda del Nord conosciuto durante una summer school al Cern, all’ultimo anno di università. Era lì come summer student anche lui, era intenzionato a fare domanda per il dottorato a Oxford, e io ho fatto lo stesso. Mi è andata bene, mi hanno preso». E l’amore irlandese? «È andata bene anche con lui: ci siamo sposati. In Italia», ci tiene a sottolineare. Poi di nuovo Ginevra per il postdoc, e infine la Svezia, nei luoghi della serie poliziesca The Bridge. «È girata proprio vicino a dove abito io, però è un posto tranquillissimo», garantisce, «ci sono molti più omicidi nella serie!».

Lei è Caterina Doglioni, e come la protagonista di The Bridge di lavoro fa l’indagatrice di misteri. Ma sotto la sua lente non ci sono criminali, bensì quell’ottanta e passa per cento di materia dell’universo che si rifiuta di rispondere all’appello: la materia oscura, appunto. Ed è proprio per la materia oscura che oggi 31 ottobre – il Dark Matter Day – Caterina si trova ad Amburgo, dov’è in corso un convegno su “The puzzle of dark matter”. L’hanno invitata come membro della collaborazione Atlas, l’esperimento di Lhc che insieme a Cms ha portato alla scoperta del bosone di Higgs. E la specialità di Caterina, in Atlas, è proprio cercare indizi della presenza di materia oscura.

Indizi che rischiano di passare inosservati, scrivete nel vostro ultimo paper

«Il problema è presto detto: Lhc produce 30 milioni di collisioni al secondo. E ogni collisione significa circa un megabyte di dati. Se noi le registrassimo tutte, ci ritroveremmo a dover gestire più dati di tutto Facebook – ma con risorse, anche economiche, enormemente più modeste. Non possiamo permetterci di registrare tutto. Così siamo costretti a fare una scelta».

Ma come è possibile che Lhc generi tanti dati? Non hanno fatto persino le bustine di zucchero con su scritto che, per accelerare tutti protoni contenuti in un granello di zucchero, al Cern impiegherebbero un anno intero?

«Ed è vero, ma il fatto è che i protoni sono piccolissimi, dunque ne basta una manciata per generare un’infinità di eventi».

Insomma, vi ritrovate con un’enormità di dati. Come fate a decidere quali tenere e quali no?

Bustine di zucchero supernerd avvistate sui tavolini del bar del Cern. Crediti: lifelab.org.in

«Anzitutto occorre trovare un accordo, perché se a me interessano potenziali indizi di materia oscura, altri sono invece in cerca di cose diverse. E dentro all’esperimento Atlas siamo in tremila… Dunque c’è un comitato che ascolta tutte le richieste, cerca il miglior compromesso e infine decide cosa registrare e cosa sacrificare».

Parliamo di tagli drastici?

«In realtà, di quei 30 milioni di collisioni al secondo che dicevo la maggior parte è irrilevante, possono essere scartate senza problemi. Però anche le poche potenzialmente interessanti sono comunque troppe per essere registrate tutte. Ecco allora che abbiamo pensato di modificare il modo in cui registriamo e analizziamo i dati che ci interessano per le ricerche di materia oscura. E grazie a una ricerca finanziata dall’Unione Europea (sono principal investigator di uno starting grant chiamato DarkJets) abbiamo provato, diciamo così, a invertire il processo».

In che senso?

«Invece di registrare prima i dati per poi analizzarli, facciamo sì che venga compiuta non appena possibile una parte dell’analisi – pressoché immediata, subito a ridosso del rivelatore – per scartare all’istante la maggior parte delle informazioni che non ci servono, e a valle di ciò registriamo solo i risultati interessanti. Questo ci porta a salvare spazio su disco rispetto alla presa dati tradizionale.».

Una sorta di filtro intelligente?

«Sì, utilizziamo un sistema chiamato trigger che – anche grazie, in alcuni casi, ad algoritmi di machine learning – sa decidere cosa conservare e cosa no. Ma la cosa più interessante è un’altra: per prendere queste decisioni, il “filtro intelligente” quegli eventi dev’esserseli in qualche modo guardati. Ecco, ciò che facciamo noi è prendere gli eventi così come li ha “visti” il trigger – ancora allo stato grezzo, dunque, ma già in parte analizzati – e salvarne molti che altrimenti verrebbero scartati. È una tecnica che usano anche gli altri esperimenti, e sulla quale collaboriamo e discutiamo spesso anche con ricercatori di gruppi italiani.».

Recuperate i dati di serie B, insomma?

«Possiamo anche metterla in questo modo, ma per noi sono di serie A!».

Così arriviamo a ciò che cercate. Non direttamente materia oscura, diceva, ma indizi della sua presenza. Cioe?

«Non lo sappiamo ancora bene, perché cerchiamo una particella che ancora non abbiamo scoperto, una particella ipotetica. Una particella “mediatrice”, nel senso che ogni interazione fondamentale viene mediata da una particella. Per quella elettromagnetica c’è il fotone, per l’interazione debole ci sono le particelle W e Z, eccetera. Ciò che noi ipotizziamo è che ci possa essere una forza che connette la materia oscura con la materia ordinaria, e noi cerchiamo la corrispondete particella mediatrice di questa forza. Una nuova particella, mai vista prima».

Anche la materia oscura, secondo lei, potrebbe a sua volta essere suddivisa in tante famiglie di particelle, come quella ordinaria? Potrebbero esistere, per dire, i quark oscuri? O l’antimateria oscura?

«Sì, certo, è del tutto plausibile. Purtroppo della materia oscura non sappiamo davvero nulla, se non che interagisce con la materia ordinaria attraverso la gravità. Ma se il modello standard della materia che conosciamo è così complicato, considerando che di materia oscura ce n’è cinque volte tanta è ragionevole supporre che sia complicata anch’essa. Già circolano molti modelli in questo senso, e quelli che mi piacciono di più sono i cosiddetti modelli di dark-Qcd: la cromodinamica quantistica oscura!».

Tutte le iniziative rivolte al pubblico per il Dark Matter Day si trovano su www.darkmatterday.com

Affascinante. Però non mancano gli scettici, e c’è anche chi obietta che questa della materia oscura sia tutta un’invenzione di voi fisici e astronomi per continuare ad avere finanziamenti. Lei invece è proprio certa che esista?

«Personalmente ritengo di sì, anche se, come in tutti i processi scientifici, uno fa un’ipotesi e poi la vuole verificare: gli studi di materia oscura vanno in questa direzione. Le motivazioni astrofisiche per me sono molto convincenti. Certo, potrebbe anche essere che non abbiamo capito la forza di gravità, ovvero che non sia quella descritta da Einstein. Ci sono alcune teorie che vanno in questa direzione. Teorie, però, non dico escluse dai dati ma comunque in difficile accordo con osservazioni importanti. Per esempio, quella delle onde gravitazionali, che ci dimostra come la teoria di Einstein non sia poi così male… Ma ci sono anche altre teorie più sofisticate di gravità modificata che aspettano solo di essere testate con i dati. In ogni caso, se si prova a riprodurre con un supercomputer la “ricetta” dell’universo – il “minestrone dell’universo”, diciamo – con ingredienti diversi, per esempio solo le interazioni e la materia che conosciamo, senza materia oscura, confrontando poi ciò che esce con la realtà che osserviamo si vede che le due cose non corrispondono. Quando invece si aggiunge l’ingrediente “materia oscura”, ecco che il risultato comincia ad avere senso rispetto alle osservazioni».

Oggi, 31 ottobre, in tutto il mondo è il Dark Matter Day: come lo passerà?

«Quest’anno sarò al lavoro, sarò qui ad Amburgo a discutere di materia oscura con altri scienziati. Ma se fossi a Lund, alla mia università, trascorrerei volentieri la giornata in mezzo al pubblico, a parlare di materia oscura con appassionati e curiosi».


Per saperne di più:

Guarda su MediaInaf Tv l’intervista ad Andrea Cimatti sulla materia oscura: