LO SUGGERISCE UN ESPERIMENTO SUI RODITORI

L’astronauta più resistente? È femmina

Da uno studio condotto dal team di Susanna Rosi, neuroscienziata dell’Università della California a San Francisco, emerge che i topi femmina potrebbero avere una protezione innata contro i danni cognitivi provocati dall’esposizione alle radiazioni cosmiche nello spazio

     21/08/2018

Le astronaute Peggy A. Whitson, Sandra H. Magnus e Pamela A. Melroy nel modulo Zvezda della Stazione spaziale internazionale. Crediti: Nasa

Diciamolo subito: al momento vale esclusivamente per i topi. Perché è solo su qualche dozzina di roditori che è stato condotto l’esperimento. Ma i risultati, illustrati in uno studio pubblicato lo scorso 11 agosto su Brain, Behavior, and Immunity, sono così netti da lasciar supporre che possano riguardare anche noi umani. Al punto che le autrici dell’articolo, si legge sul sito dell’Università della California a San Francisco, lo avevano in un primo tempo scherzosamente intitolato “I am Woman, Watch Me Soar”. Stiamo parlando di resistenza ai danni da esposizione ai raggi cosmici: nuclei di atomi e protoni ad alta energia provenienti dall’esterno del Sistema solare, se non addirittura da altre galassie, in grado di attraversare anche il guscio di un’astronave. E di causare seri problemi al cervello degli astronauti, con ripercussioni sulla memoria e sulle prestazioni cognitive in generale.

Conseguenze che però – stando all’esperimento condotto dal team di Susanna Rosi, neuroscienziata originaria di Castiglion Fiorentino oggi alla guida di un laboratorio di punta della Ucsf, l’Università della California a San Francisco – sembrano riguardare esclusivamente i maschi. Irraggiate con radiazioni cosmiche “artificiali” prodotte nello Space Radiation Laboratory del Brookhaven National Laboratory, le topine sono infatti emerse dalla prova indenni, come se disponessero di una protezione naturale. I loro sfortunati compagni, al contrario, apparivano piuttosto malmessi: confusi, con difficoltà a interagire e a riconoscere oggetti e altri topi, e ansiosi al punto da mostrarsi restii ad avventurarsi nell’ambiente circostante.

Susanna Rosi – dottorato a Firenze, postdoc a Tucson e oggi “professor” all’Università di San Francisco – è la neuroscienziata alla guida del team che ha condotto l’esperimento

Differenze comportamentali con un chiaro riscontro anche a livello fisico: nel cervello dei roditori maschi le ricercatrici hanno infatti osservato evidenti alterazioni. Prima fra tutte, un’aumentata attività della microglia – il “sistema immunitario del cervello” – e una conseguente riduzione delle sinapsi. In particolare, i ricercatori hanno riscontrato, sempre nei soggetti maschi, oltre a una significativa diminuzione del numero di connessioni sinaptiche nell’ippocampo, anche un importante impoverimento dei recettori Ampa per il glutammato. Nessuna di queste alterazioni è invece emersa dall’esame del cervello dei soggetti femmine.

La concatenazione d’eventi all’origine di questi gravi effetti avversi – che va dall’esposizione alle radiazioni cosmiche all’iperattivazione della microglia, quindi all’insorgere di processi neuroinfiammatori e infine ai danni neuronali e cognitivi – è ormai ben nota, e proprio il team di Rosi ha dimostrato, per ora sempre limitandosi ai topi, come siano possibili forme di prevenzione farmacologica tramite un “reset” della microglia (ne avevamo parlato anche qui su Media Inaf).

Ciò che non si conosceva è invece la netta differenza nella risposta fra i due sessi. Differenza per la quale non sono chiare le cause, benché aspetti cognitivi del dimorfismo sessuale – scrivono le autrici nell’articolo – siano anch’essi sempre più documentati. Differenza che, se risultasse confermata e valida anche per gli umani, potrebbe avere significative conseguenze – per esempio – sulla selezione degli equipaggi per le future missioni spaziali di lunga durata.

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