DUE NUOVI STUDI A GUIDA INAF SUGLI HOT JUPITERS

La migrazione violenta dei giganti caldi

Si chiamano gioviani caldi, e sono conosciuti anche come giganti gassosi o hot Jupiters: si tratta di una classe di esopianeti di cui abbiamo parlato spesso e sulla cui origine la nostra conoscenza fa oggi un importante passo avanti grazie al programma osservativo Gaps (Global Architecture of Planetary Systems). Due diversi studi a guida Inaf, infatti, uno coordinato da Aldo Bonomo, l’altro da Massimiliano Esposito, ci aiutano a comprendere meglio la loro formazione ed evoluzione

     07/04/2017

Rappresentazione artistica di un gioviano caldo. Crediti: NASA/ESA

La conoscenza di quella classe di esopianeti noti come gioviani caldi o hot Jupiters – che si trovano a distanze di qualche centesimo della distanza Terra-Sole dalle loro stelle e hanno dunque temperature superiori ai 1000° C – compie un importante passo in avanti grazie al programma osservativo Gaps (Global Architecture of Planetary Systems). Due diversi studi, infatti, uno coordinato da Aldo Bonomo dell’Inaf – Osservatorio astrofisico di Torino, l’altro da Massimiliano Esposito dell’Inaf – Osservatorio astronomico di Capodimonte, ci aiutano a comprendere meglio la loro formazione e la loro migrazione orbitale, ossia quell’alterazione dei parametri orbitali (periodo, distanza, eccentricità) a cui un pianeta va incontro dopo la sua nascita.

Il primo lavoro, durato oltre due anni, fornisce il più grande campione di sistemi di pianeti transitanti davanti alla loro stella madre con parametri orbitali e fisici determinati in modo omogeneo, ben 231 i pianeti giganti gassosi. Per 45 dei 231 sistemi planetari che orbitano attorno alle stelle più brillanti del campione, il team Gaps ha ottenuto quasi 800 nuove misure di alta precisione con lo strumento Harps-N (High Accuracy Radial Velocity Planet Searcher for the Northern hemisphere), il potente cacciatore di pianeti extrasolari montato al Telescopio nazionale Galileo (Tng) dell’ Inaf, alle isole Canarie. Tali misurazioni sono state effettuate con il duplice scopo di migliorare la misura dei parametri orbitali e fisici dei pianeti giganti già noti e di cercare nuovi pianeti a maggiori distanze orbitali. Lo studio è stato accettato per pubblicazione sulla rivista Astronomy & Astrophysics.

Uno degli argomenti più discussi riguarda il modo in cui i pianeti gioviani caldi siano arrivati dove li osserviamo oggi. «Questi pianeti devono essersi formati molto più lontano dalla stella, probabilmente oltre la  snowline, cioè la linea di condensazione dell’acqua nel disco protoplanetario (quella struttura di gas e polveri di forma discoidale che orbita attorno alle stelle nelle prime fasi della loro vita), dove c’era molta più abbondanza di materiale solido e gassoso per la loro formazione, e successivamente sono migrati verso la stella» racconta Bonomo.

Si pensa che due siano i principali meccanismi di migrazione dei giganti gassosi nel disco protoplanetario, il primo dei quali prevede una migrazione che potremmo definire ‘tranquilla’, che avviene per interazione tra il pianeta e il disco stesso e al termine della quale il pianeta giungerebbe a distanze molto prossime alla stella su un’orbita circolare o con eccentricità molto piccola. Il disco tende infatti a smorzare qualunque eccentricità, ovvero a far diventare circolare un’orbita ellittica. Il secondo meccanismo, definito migrazione ad alta eccentricità (High Eccentricity Migration, Hem), è invece un tipo di migrazione ‘violenta’: dopo la dissipazione del disco proto-planetario, fra i pianeti giganti che si sono formati avrebbero luogo delle interazioni gravitazionali per le quali il pianeta più interno che sia sopravvissuto ad esse verrebbe a trovarsi su un’orbita molto eccentrica. Tale pianeta migrerebbe in seguito verso la stella per dissipazione di energia orbitale dovuta ad effetti mareali, ovvero effetti secondari della forza di gravità, al periastro (la distanza minima dalla stella lungo la sua orbita eccentrica). La dissipazione mareale porta anche ad una progressiva circolarizzazione dell’orbita eccentrica (ovvero l’orbita da ellittica tende a diventare circolare).

Rappresentazione artistica di un pianeta gioviano caldo molto vicino alla sua stella madre. Crediti: NASA, ESA e A. Schaller (STScI)

«In questo studio mettiamo in evidenza come, per questo campione di giganti gassosi che non hanno altri pianeti vicini, il meccanismo di migrazione violenta per alta eccentricità sembri essere dominante» spiega Bonomo «tuttavia, alcuni pianeti giganti caldi sono verosimilmente migrati anche per interazioni con il disco».

Nel secondo studio in fase di pubblicazione, anch’esso sulla rivista Astronomy & Astrophysics, il team Gaps, sotto la guida di Massimiliano Esposito, ha mostrato che la migrazione violenta potrebbe portare anche a disallineamenti dell’orbita planetaria rispetto al piano equatoriale della stella, ma, afferma Esposito «interazioni mareali stella-pianeta possono successivamente riallineare l’orbita, in modo simile a quanto avviene con la circolarizzazione di orbite eccentriche, anche se con tempi scala diversi».

L’analisi omogenea dei 231 sistemi in transito mette in luce anche un altro risultato interessante, ovvero l’assenza di pianeti massivi (con masse all’incirca maggiori di 3 masse gioviane) su orbite circolari e prossime alla stella. «Una delle spiegazioni plausibili per tale assenza è che questi pianeti, in virtù della loro massa, abbiano generato delle maree sulla stella di intensità così grande che, per scambio di momento angolare, potrebbero essere stati ingoiati dalla stella stessa» racconta Aldo Bonomo. «In altre parole, pianeti così massivi potrebbero essere esistiti ma ora non li vediamo più».

Numerose restano le questioni aperte, ad esempio qual è la frazione di pianeti giganti che, migrando verso la stella, finiscono per esserne fagocitati, quale il meccanismo dominante nel produrre Hem (planet-planet scattering, perturbazioni di tipo Kozai-Lidov, caos secolare, etc.), o ancora, qual è l’effetto della migrazione dei giganti gassosi sulla presenza di pianeti terrestri nella zona di abitabilità della stella. Simulazioni dinamiche mostrano infatti che la migrazione violenta Hem ha conseguenze deleterie per l’esistenza di pianeti rocciosi potenzialmente abitabili, rimuovendo il materiale roccioso necessario per la loro formazione oppure spingendo tali pianeti a collidere con la stella o, al contrario, fuori dal sistema planetario.

Per dare risposta a queste domande fondamentali il team Gaps ha realizzato lo strumento Giarps al Tng, ottimizzato per la ricerca e caratterizzazione di pianeti attorno a stelle giovani. Nuovi e intriganti risultati sulla formazione e migrazione planetaria ci attendono nel prossimo futuro.

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