TUTTI GLI ORIZZONTI DEL BUCO NERO

Là dove la singolarità nuda balla

Pubblicato su Physical Review Letters, uno studio firmato da fisici in Brasile, Italia e Cile suggerisce che, quando gli effetti della meccanica quantistica sono inclusi nella descrizione delle singolarità, possono attenuare alcune conseguenze problematiche della relatività generale. Ne parliamo con uno degli autori, Alessandro Fabbri del Centro Fermi

     31/03/2017

Crediti: Wikimedia Commons

Relatività generale o meccanica quantistica, il dubbio amletico… La teoria per eccellenza di Einstein è imprescindibile per qualunque tentativo di descrivere il cosmo. Eppure, prevede singolarità spazio-temporali impossibili da accettare per la fisica che conosciamo. Come quelle prese in esame nello studio, appena pubblicato su Physical Review Letters, dal titolo “Quantum Backreaction on Three-Dimensional Black Holes and Naked Singularities”: buchi neri rotanti sul cui “orizzonte interno” l’evoluzione dello spazio-tempo diventa indefinibile.

Ma i quattro fisici teorici che firmano l’articolo suggeriscono che proprio la meccanica quantistica potrebbe offrire una scappatoia ai problemi, apparentemente insormontabili, che emergono quando si porta la relatività generale alle estreme conseguenze. Su quest’inattesa “alleanza” abbiamo intervistato uno degli autori dello studio, il 48enne Alessandro Fabbri, che conduce le sue ricerche dividendosi fra il Centro Fermi di Roma, l’Università di Bologna e l’Université Paris-Sud della capitale francese.

Partiamo dagli orizzonti, che nel vostro studio abbondano. Quanti ne possiede, un buco nero?

«Un buco nero in rotazione possiede due orizzonti classici, l’orizzonte degli eventi (la frontiera del buco nero, visto dal di fuori) e un orizzonte interno, detto anche di Cauchy. Il problema con l’orizzonte di Cauchy è che non possiamo predire la struttura dello spazio-tempo al suo interno sulla base di quello che conosciamo da fuori».

Cosa significa non poter predire la struttura dello spazio-tempo?

«Se ci avventurassimo all’interno dell’orizzonte di Cauchy ci troveremmo in contatto causale con la singolarità centrale: la relatività generale di Einstein non ci dice nulla sulle singolarità spazio-temporali, per poterle descrivere avremmo bisogno di una teoria di gravità quantistica».

Alessandro Fabbri, ricercatore al Centro Fermi, all’Università di Bologna e all’Université Paris-Sud

In tutto ciò come entra in gioco la fisica quantistica?

«I nostri risultati confermano che gli effetti quantistici “spostano” la singolarità, dal centro all’orizzonte di Cauchy. Il problema della predicibilità è risolto nel senso che non possiamo più avventurarci al suo interno».

A volte parlate di buchi neri, a volte di singolarità. Anche nel titolo del vostro lavoro distinguete fra “buchi neri 3D” e “singolarità nude”. Cosa li differenzia?

«Le singolarità nude sono singolarità centrali che non sono nascoste dentro un orizzonte degli eventi. Tali singolarità sono problematiche per la predicibilità come quelle all’interno dell’orizzonte di Cauchy di un buco nero rotante. Anzi, questo caso è peggiore, perché non c’è nessun orizzonte tra noi e la singolarità: la mancanza di predicibilità si estende a tutto lo spazio-tempo!»

E qui non c’è niente che possa venire in aiuto?

«Noi troviamo che gli effetti quantistici anche in questo caso risolvono il problema producendo un (piccolo) orizzonte degli eventi attorno alla singolarità: la singolarità nuda è diventata un buco nero».

Cos’è l’effetto di smooth out – che potremmo tradurre in ‘smussamento’ – dello spaziotempo che avete individuato? Quali problemi consente di rimuovere, di smussare, appunto? 

«Noi troviamo che gli effetti quantistici “migliorano” le proprietà classiche dei buchi neri (e delle singolarità nude). Il problema della predicibilità è un esempio di smoothing-out. Nonostante con la nostra analisi non possiamo rimuovere le singolarità, i nostri risultati ci permettono comunque di “rimuovere” un problema spinoso legato alla loro presenza. Inoltre, le correzioni quantistiche “ingrossano” l’orizzonte degli eventi di un buco nero rotante, e ne rallentano la rotazione. Questo è importante soprattutto nel regime di rotazione massima, perché impediscono la possibile apparizione di instabilità (che distruggerebbero il buco nero) e/o di singolarità nude».

Alla fine, complici gli orizzonti, meccanica quantistica e relatività generale sembrano convivere senza troppi problemi, nei vostri buchi neri…

«Il problema della convivenza della relatività generale con la meccanica quantistica dovrà risolverlo la gravità quantistica. Diciamo che abbiamo fatto un primo passo in questa direzione».


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