PER L’ESPLORAZIONE DEL SISTEMA SOLARE

Piccoli satelliti Nasa crescono

C’è anche l’italiana Valeria Cottini, già all’Inaf di Roma e ora all’University of Maryland, tra i responsabili dei progetti premiati dalla Nasa per sviluppare una flottiglia di mini satelliti all’arrembaggio del Sistema solare, lune e asteroidi compresi

     31/03/2017

Il Sistema solare. Crediti: Nasa

And the winner is… Durante la conferenza della Lunar and Planetary Society statunitense, svoltasi la scorsa settimana in Texas, sono stati nominati i vincitori dei complessivi 3.6 milioni di dollari che la Nasa ha messo in palio per sviluppare missioni scientifiche spaziali utilizzando piccoli satelliti, da inviare verso Luna, Venere, asteroidi, Marte, ma anche i pianeti esterni.

I satelliti ‘piccoli’ – SmallSat – sono tutti quelli che pesano meno di 180 chilogrammi. In questo ambito, per le sonde più leggere vengono generalmente utilizzate le specifiche modulari standard CubeSats, dove una singola unità (1U) ha un volume utile di un decimetro cubo (10x10x10 cm) e un peso non superiore a 1.3 kg. Questi “mattoncini”, che si possono attualmente comporre in lunghezza fino a raggiungere sei o dodici unità (6U, 12U), sono perlopiù lanciati come carichi ausiliari di altri satelliti più pesanti, riducendo significativamente i costi della missione.

Tra i dieci progetti risultati vincitori nel programma Nasa Planetary Science Deep Space SmallSat Studies, ce ne sono tre che hanno per destinazione la Luna: CubeX (CubeSat X-ray Telescope), che mapperà la composizione del nostro satellite naturale, e la coppia Bolas (Bi-sat Observations of the Lunar Atmosphere above Swirls), due CubeSat da 12U appaiati, progettati per studiare il ciclo dell’idrogeno siderale.

Un CubeSat da una unità. Crediti: Nasa

Verso l’asteroide Apophis si dirigerebbe Apex (Asteroid Probe Experiment), uno SmallSat dotato di sismometro da posizionare sulla superficie dell’asteroide, per indagarne soprattutto la struttura interna e lo stato rotazionale. Mentre l’esperimento Caesar (CubeSat Asteroid Encounters for Science and Reconnaissance) guiderebbe una piccola legione di CubeSat da 6U allo studio della struttura fisica asteroidale.

Chariot to the Moons of Mars, un CubeSat da 12U, fotograferebbe in alta risoluzione le due misconosciute lune di Marte, Phobos e Deimos, mentre Aeolus, un ambizioso CubeSat da ben 24U, misurerebbe i venti marziani per comprenderne la variabilità climatica su base giornaliera.

Un paio di missioni hanno come meta i pianeti più esterni: Snap (Next-generation Atmospheric Probe), una sonda per svelare l’atmosfera di Urano, e Jumper (JUpiter MagnetosPheric boundary ExploreR), uno SmallSat per esplorare la magnetosfera di Giove, anche a beneficio di future missioni verso la luna ghiacciata Europa.

Infine, ve ne sono due che hanno Venere come oggetto del desiderio. Il primo, dal suggestivo nome di Cupid’s Arrow (Freccia di Cupido), è una sonda da 30 kg di peso, capace di misurare la quantità di gas nobili e relativi isotopi presenti nell’atmosfera del gemello bollente della Terra, per studiarne l’evoluzione geologica e comprendere perché i due pianeti si siano evoluti in maniera così differente.

Valeria Cottini

Il secondo ha invece un cuore italiano. Si tratta di Cuve (CubeSat UV Experiment), ed è proposto da Valeria Cottini, ora all’University of Maryland dopo una carriera all’Inaf di Roma. «Cuve è un progetto di missione per lo studio di Venere», spiega Cottini a Media Inaf, «che ho proposto assieme a un team interdisciplinare di esperti in scienze planetarie, modelli atmosferici, strumentazione per telerilevamento e, ovviamente, sul nostro target Venere. Il core team è diviso tra istituzioni americane (Università del Maryland, Goddard Space Flight Center della Nasa, Università Cattolica d’America) e italiane (l’Inaf Iaps di Roma). Il nostro progetto di missione prevede che il satellite venga messo in orbita attorno a Venere con un core payload composto di uno spettrometro ad alta risoluzione e una camera nell’ultravioletto».

«L’obiettivo globale di Cuve è lo studio della composizione delle nubi (o meglio, della loro sommità) dell’atmosfera di Venere», prosegue Cottini. «Un obiettivo particolarmente importante della missione è la determinazione della natura e distribuzione di un enigmatico assorbitore ultravioletto di cui sappiamo solo che è in grado di assorbire circa la metà della radiazione solare che arriva al pianeta. Tra i nostri scopi c’è quello di derivare la sua correlazione con altri noti assorbitori ultravioletti come l’ossido e il biossido di zolfo. Un altro obiettivo di Cuve di particolare importanza è quello di identificare il ruolo della dinamica e chimica delle nubi nel bilancio globale di energia del pianeta e fornire indizi sui processi evolutivi di Venere, per gettare luce sul perché questo gemello mancato della Terra sia così diverso dal nostro pianeta. Il core payload della missione è stato ottimizzato proprio per queste indagini».

«Ora che Cuve è stato selezionato», conclude Cottini, «inizierà la fase di studio vero e proprio, dove dovremo analizzare tutte le sue componenti e le tecnologie necessarie per acquisire misure nel difficile ambiente del pianeta Venere. L’obiettivo della Nasa, quindi anche nostro, è quello di arrivare pronti alla prima opportunità di lancio, in modo da poter includere il minisatellite o il cubesat nel carico assieme al satellite principale».