LO STUDIO SU ASTROPHYSICAL JOURNAL

Buchi neri fuori dal coro

Grazie al potere risolutivo del telescopio spaziale per raggi X NuSTAR della NASA, un team internazionale di astrofisici, fra i quali Andrea Comastri e Luca Zappacosta dell’INAF, è riuscito a risolvere circa il 35 percento del fondo cosmico di raggi X ad alta energia

     29/07/2016
I punti blu visibili questo campo di galassie, conosciuto come COSMOS, mostrano galassie contenenti buchi neri supermassicci che emettono raggi X ad alta energia. A individuarli, il telescopio NuSTAR della NASA. Gli altri punti colorati sono invece galassie che ospitano buchi neri che emettono raggi X a bassa energia, individuati dal Chandra X-ray Observatory sempre della NASA. I dati di Chandra sono relativi a raggi X con energie tra 0,5 e 7 KeV volt, mentre i raggi X rilevati da NUSTAR hanno un’energia compresa fra 8 e 24 KeV. Crediti: NASA/JPL-Caltech

I punti blu visibili in questo campo, conosciuto come COSMOS, mostrano galassie contenenti buchi neri supermassicci che emettono raggi X ad alta energia. A individuarli, il telescopio NuSTAR della NASA. Gli altri punti colorati sono invece galassie che ospitano buchi neri che emettono raggi X a bassa energia, individuati dal Chandra X-ray Observatory sempre della NASA. I dati di Chandra sono relativi a raggi X con energie tra 0,5 e 7 KeV volt, mentre i raggi X rilevati da NUSTAR hanno un’energia compresa fra 8 e 24 KeV. Crediti: NASA/JPL-Caltech

Gli astrofisici lo chiamano cosmic X-ray background: un brusio di fondo ad alta energia che permea l’intero universo. A produrlo sono i buchi neri supermassicci, i colossali inceneritori oscuri che abitano il cuore galassie, là dove la materia – polveri, gas, comete, pianeti e intere stelle – precipita senza tregua. Un brusio di fondo, dicevamo, nel quale però, grazie a telescopi spaziali per raggi X sempre più all’avanguardia, sta diventando possibile individuare le singole voci. Come illustrato in uno studio, in uscita su The Astrophysical Journal, realizzato grazie ai dati raccolti dal satellite NuSTAR della NASA.

«Il rumore di fondo cosmico nei raggi X mantiene traccia della storia evolutiva dei buchi neri supermassicci che accrescono materia nel centro delle galassie. Capire come esso viene generato», spiega a Media INAF uno degli autori dello studio, Luca Zappacosta, dell’INAF-Osservatorio astronomico di Roma, «permette di avere una visione globale della popolazione dei buchi neri nell’Universo. Questa è necessaria per comprendere l’intimo legame che intercorre tra essi e le galassie che li ospitano, come suggerito da importanti risultati osservativi e dalle più moderne teorie di formazione ed evoluzione».

Ed è proprio per studiare in dettaglio questa popolazione di buchi neri supermassicci che telescopi spaziali come Chandra hanno tentato di isolarne le singole emissioni: un po’ come un genitore che cerchi di distinguere la voce del proprio figliolo fra decine di altre durante il coro scolastico di fine anno. I risultati sono stati in passato piuttosto modesti. Ora però, grazie a NuSTAR, nella strada verso questo obiettivo – ovvero, “risolvere” il fondo a raggi X, come dicono gli astrofisici – s’è compiuto un notevole passo avanti.

«Siamo passati dal riuscire a risolvere appena il 2 per cento del fondo di raggi X ad alta energia al 35 per cento», dice Fiona Harrison del Caltech, la scienziata alla guida del team, nonché principal investigator di NuSTAR. «Riusciamo a vedere i buchi neri più oscurati, avvolti in uno spesso bozzolo di gas e polvere».

Grazie a questo risultato – al quale, oltre a Zappacosta, ha contribuito anche un altro astrofisico dell’INAF, Andrea Comastri, direttore dell’Osservatorio astronomico di Bologna – diventa ora possibile cominciare a formulare ipotesi su quali siano i processi che guidano l’evoluzione dei buchi neri supermassicci nel tempo. Quando cominciano a crescere? Quando si fermano? E com’è distribuita la materia – polveri e gas – che al tempo stesso alimenta e nasconde alla vista questi colossali oggetti? Tutte domande con le quali oggi NuSTAR, e in un futuro ormai prossimo l’osservatorio spaziale dell’ESA Athena, dovranno confrontarsi.

Per saperne di più:

  • Leggi l’articolo “The NuSTAR Extragalactic Surveys: The Number Counts of Active Galactic Nuclei and the Resolved Fraction of the Cosmic X-ray Background“, di F. A. Harrison, J. Aird, F. Civano, G. Lansbury, J. R. Mullaney, D. R. Ballantyne, D. M. Alexander, D. Stern, M. Ajello, D. Barret, F. E. Bauer, M. Balokovic, W. N. Brandt, M. Brightman, S. E. Boggs, F. E. Christensen, A. Comastri, W. W. Craig, A. Del Moro, K. Forster, P. Gandhi, P. Giommi, B. W. Grefenstette, C. J. Hailey, R. C. Hickox, A. Hornstrup, T. Kitaguchi, J. Koglin, B. Luo, K. K. Madsen, P. H. Mao, H. Miyasaka, K. Mori, M. Perri, M. Pivovaroff, S. Puccetti, V. Rana, E. Treister, D. Walton, N. J. Westergaard, D. Wik, L. Zappacosta, W. W. Zhang e A. Zoglauer