UN COCKTAIL A BASE DI GHIACCIO SECCO

Niente acqua per i calanchi marziani

Si tratta di formazioni geomorfologiche che si trovano anche sulla Terra, ma che evidentemente hanno un'origine diversa. Il materiale vulcanico trovato da MRO sembra non aver mai interagito con l'acqua allo stato liquido

     01/08/2016
Martian gullies as seen in the top image from HiRISE on NASA's Mars Reconnaissance Orbiter resemble gullies on Earth that are carved by liquid water. However, when they are observed with the addition of mineralogical information from CRISM (bottom), no evidence for alteration by water appears. Credits: NASA/JPL-Caltech/UA/JHUAPL

In alto i calanchi marziani visti da HiRISE del Mars Reconnaissance Orbiter della NASA. In basso le stesse formazioni viste con lo strumento CRISM. Crediti: NASA/JPL-Caltech/UA/JHUAPL

Marte è il nostro freddo vicino di casa, e abbiamo conferma che, in un lontano passato, è esistita acqua sulla sua superficie, e che molte formazioni geologiche devono la loro esistenza proprio all’acqua liquida. Questo, però, non è vero per i calanchi (gullies) osservati in questi anni dal Mars Reconnaissance Orbiter (MRO) della NASA. Da tempo ormai si ritiene che sul Pianeta rosso questi fenomeni geomorfologici (diffusi largamente anche sulla Terra) non abbiano nulla a che fare con lo scorrimento di acqua, bensì forse con l’anidride carbonica ghiacciata (in pratica ghiaccio secco) che poi, scongelandosi, ha eroso i terreni marziani.

I calanchi, caratteristici anche in diverse zone d’Italia, hanno delle peculiarità che li contraddistinguono: una sorta di nicchia nella parte superiore, un canale che scorre lungo la dorsale della montagna (o cratere nel caso di Marte) e poi una grande quantità di materiale depositato sul fondo. Da non confondere, i calanchi, con le cosiddette recurring slope lineae (RSL) su Marte, cioè delle strisce di sabbia bagnata che compaiono stagionalmente su alcuni pendii dove però è stata individuata acqua salmastra.

I calanchi marziani questa volta sono stati analizzati dai ricercatori dell’Applied Physics Laboratory, dell’Università Johns Hopkins, i quali hanno esaminato i dati ad alta risoluzione di più di 100 formazioni raccolti da diversi strumenti di MRO, tra cui il Compact Reconnaissance Imaging Spectrometer for Mars (CRISM), l’High Resolution Imaging Science Experiment (HiRISE) camera e la Context Camera (CTX). I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Geophysical Research Letters.

Crediti: NASA/JPL/University of Arizona

Crediti: NASA/JPL/University of Arizona

Quando i calanchi marziani vengono osservati con gli “occhi” dello spettrometro, spariscono tutte le somiglianze superficiali con quelli sulla Terra. Nella foto sopra, l’area si espande per circa 3 chilometri sul bordo orientale del cratere Hale. Le zone in blu corrispondo a materiale di tipo vulcanico che dal bordo è stato poi trasportato lungo le pendenze del cratere nei canaloni dei calanchi. Dai colori dell’immagine si capisce che questo materiale vulcanico non ha avuto interazioni con l’acqua, ma al massimo con anidride carbonica ghiacciata che, scongelandosi, si è trasformata in gas, producendo poi flussi di detriti che hanno ricoperto i calanchi.

«Il team di HiRISE e altri ricercatori hanno mostrato che c’è stata attività stagionale nei calanchi – principalmente nell’emisfero Sud – nell’ultimo paio d’anni e l’anidride carbonica ghiacciata sembra essere la causa pprincipale», ha detto Jorge Núñez dell’APL. Dalle sole immagini ottiche della sonda non si riesce a determinare il materiale che compone questi calanchi, per questo viene utilizzato lo spettrometro CRISM. Dallo studio è emerso che – a differenza di quanto accade sulla Terra – non c’è traccia di materiali argillosi (fillosilicati) o di altri minerali idrati.

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