NEI SISTEMI BINARI PROSSIMI A FUSIONE

Le maree delle stelle di neutroni

Onde gravitazionali come sonde per comprendere meglio l'esotica struttura interna delle stelle di neutroni. Le loro proprietà vengono ricostruite da un nuovo modello teorico proposto da un team di ricercatori guidato da Tanja Hinderer, dell'Università del Maryland. Fra loro Andrea Taracchini, italiano al Max Planck

     10/05/2016
Rappresentazione artistica di un sistema di due stelle di neutroni in rotazione che perdono energia a causa dell’emissione di onde gravitazionali.

Rappresentazione artistica di un sistema di due stelle di neutroni in rotazione che perdono energia a causa dell’emissione di onde gravitazionali.

Dimmi che onde gravitazionali emetti e ti dirò chi sei. Ma, soprattutto, come sei fatto dentro. Con questa idea, un gruppo internazionale di ricercatori guidato da Tanja Hinderer (Università del Maryland, Stati Uniti), ha pubblicato uno studio sulla rivista Physical Review Letters incentrato sulla modellazione e caratterizzazione dei segnali di origine gravitazionale che vengono prodotti dalla fusione di due oggetti compatti, uno dei quali sia una stella di neutroni.

Insieme ai buchi neri, le stelle di neutroni sono tra gli oggetti più affascinanti dell’universo: possiedono fino a due volte la massa del nostro Sole, ma tutta concentrata in un volume sferico del diametro di meno di 20 chilometri. In queste condizioni così estreme la materia è eccezionalmente densa e ancora oggi non conosciamo bene quali siano alcune delle sue proprietà. Una nuova, promettente via per conoscerle ce la può fornire proprio l’astronomia gravitazionale: anche le coppie di stelle di neutroni o una stelle di neutroni e un buco nero, nell’atto della fusione, emettono infatti onde gravitazionali. Segnali che, propagandosi indisturbati, trasportano informazioni uniche sulle proprietà degli oggetti che le hanno prodotte. Uno degli aspetti aspetti più critici di questo approccio è l’estrema debolezza di questi segnali. Riconoscerli tra il “rumore” di fondo registrato dai rilevatori oggi in funzione è possibile solo avendo a disposizione modelli teorici molto affidabili, che siano in grado di predire con precisione le loro proprietà e le loro forme.

Il lavoro di Hinderer e collaboratori segue proprio questa linea: propone un nuovo e avanzato modello teorico che ricostruisce l’emissione di onde gravitazionali da una stella di neutroni attorno a un altro oggetto compatto, includendo per la prima volta anche gli effetti di marea che essa subisce durante il suo inesorabile avvicinamento, prima della sua fusione con il compagno. La stella di neutroni si deforma in risposta all’elevatissimo campo gravitazionale generato dall’oggetto attorno a cui si trova ad orbitare. Il fenomeno, seppure estremamente più intenso, è lo stesso di quello che accade sulla Terra con le maree, che vengono prodotte dagli effetti gravitazionali esercitati sul nostro pianeta dalla Luna.

Il modello tiene conto del fatto che le oscillazioni interne della stella di neutroni si sviluppano quando la forza di marea dell’oggetto compagno varia con una frequenza che è prossima a un valore caratteristico della stella stessa, che è dell’ordine delle migliaia di cicli al secondo. Questo ritmo così forsennato di oscillazione si può raggiungere solo negli istanti che precedono la fusione, quando la stella di neutroni compie un giro completo attorno al compagno in meno di un millesimo di secondo, viaggiando alla straodinaria velocità di metà di quella della luce. Sia l’entità delle deformazioni dovute alle forze di marea che la frequenza caratteristica di una stella di neutroni dipendono sensibilmente dalle proprietà della materia che costituisce quell’oggetto. Ogni effetto di marea sperimentato dalla stella lascia un’impronta distinta sulle onde gravitazionali emesse dal sistema binario. Ecco dunque come le onde gravitazionali possono rivelarci informazioni uniche sull’esotica composizione delle stelle di neutroni.

Andrea Baracchini. Crediti: Istituto Max Planck per la Fisica gravitazionale (AEI)

Andrea Taracchini. Crediti: Istituto Max Planck per la Fisica Gravitazionale (AEI)

«Il nostro modello dettagliato predice più accuratamente le forme d’onda e, quindi, ci dice che cosa cercare nei dati», commenta Andrea Taracchini, ricercatore presso l’Istituto Max Planck per la Fisica Gravitazionale a Potsdam, in Germania, e co-autore dello studio. «Abbiamo confrontato le predizioni del nostro modello con i risultati di simulazioni numeriche di effetti relativistici prodotti dai nostri collaboratori negli Stati Uniti e in Giappone. Il modello mostra un accordo migliore con i risultati numerici a confronto di quelli che trascurano la frequenza caratteristica della stella di neutroni». Le simulazioni numeriche forniscono le previsioni più realistiche delle caratteristiche delle onde gravitazionali, ma in numero troppo limitato per essere comparate ai dati raccolti dai rivelatori. Il nuovo modello analitico, invece, permette non solo di generare di un numero arbitrario di forme d’onda, ma riesce a spiegare anche alcune caratteristiche fisiche delle onde stesse.

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