DAL MEGA BUCO NERO DELLA GALASSIA VIRGO A

1500 sfumature di un getto

Osservazioni in banda radio congiunte del Green Bank Telescope e del VLBA hanno permesso di ottenere riprese senza precedenti della regione corrispondente alla base del getto prodotto da un buco nero supermassiccio in una galassia ellittica a circa 50 milioni di anni luce da noi. Nel team di scienziati che hanno condotto lo studio anche alcuni radioastronomi dell'INAF

     26/02/2016
L'immagine del getto nella galassia Virgo A ottenuta combinando le riprese alla frequenza di 86 GHz del Green Bank Telescope e VLBA. Crediti: K. Hada et al., NRAO/AUI/NSF

L’immagine del getto nella galassia Virgo A ottenuta combinando le riprese alla frequenza di 86 GHz del Green Bank Telescope e VLBA. Crediti: K. Hada et al., NRAO/AUI/NSF

Potete chiamarla in vari modi: NGC 4486, M87 o più semplicemente Virgo A. Ma questa galassia ellittica, a circa 50 milioni di anni luce da noi, in direzione della costellazione della Vergine, ha una proprietà che la rende davvero unica, ovvero la massa del buco nero supermassiccio che ospita nelle sue regioni centrali: qualcosa come sei miliardi di volte e più quella del nostro Sole. Un “mostro” che non gioca certo a nascondino con noi, sparando quasi nella nostra direzione un potentissimo getto di materia a velocità prossime a quella della luce, fino a enormi distanze. È proprio questo getto che è stato studiato nelle onde radio da un team internazionale di ricercatori, tra cui alcuni dell’INAF, che hanno combinato le osservazioni del Green Bank Telescope (GBT) e del Very Long Baseline Array (VLBA) della National Science Foundation alle lunghezze d’onda millimetriche. Un’accoppiata che ha permesso di ottenere riprese senza precedenti della regione corrispondente alla base del getto, ovvero quella più prossima al buco nero.

IL Robert C. Byrd Green Bank Telescope della National Science Foundation, che si unirà al team NANOGrav per la caccia alle onde gravitazionali. Crediti: NRAO/AUI/NSF

IL Robert C. Byrd Green Bank Telescope della National Science Foundation. Crediti: NRAO/AUI/NSF

L’obiettivo era quello di raccogliere informazioni sui processi di formazione e accelerazione della materia nei getti prodotti da buchi neri supermassicci, come anche la struttura dei campi magnetici che li modellano e focalizzano in maniera così efficiente. «Per rispondere a questi interrogativi, era necessario disporre di osservazioni di alta qualità e risoluzione, in cui fosse possibile risolvere la base di un getto, alla minore distanza possibile dal disco di accrescimento del suo buco nero» spiega il coordinatore dello studio Kazuhiro Hada, astronomo dell’Osservatorio VLBI Mizusawa in Giappone, che all’epoca delle osservazioni era post-doc INAF presso l’Istituto di Radioastronomia di Bologna. «Queste nuove riprese con il GBT e VLBA ci hanno permesso di fare proprio questo, mettendo in luce il complicato processo di formazione dei getti».

L’immagine ottenuta ha una gamma dinamica, ovvero la differenza di ‘sfumature’ tra le aree più brillanti e quelle più deboli nella radiazione captata, che ha raggiunto il rapporto di 1500 a 1, ovvero il più alto mai ottenuto per questo getto con osservazioni alla frequenza di 86 GHz. Una visione così dettagliata ha permesso di confermare alcune importanti caratteristiche del getto emesso da Virgo A, già rilevate da osservazioni a lunghezze d’onda maggiori.

«L’altissima risoluzione angolare e sensibilità ottenute ci hanno permesso di visualizzare con una precisione mai avuta prima la struttura alla base di questo getto: si nota che è molto più aperto di quanto ci si aspettasse (e di quanto sia a maggiore distanza), che mostra segni di interazione con la materia circostante e che è più brillante ai bordi che al centro» dice Rocco Lico, ricercatore dell’INAF-ORA e dell’Università di Bologna, che ha partecipato allo studio. «Sono tutti elementi fondamentali per comprendere gli effetti della presenza di un buco nero supermassiccio sulle regioni che lo circondano: con Virgo A ci siamo spinti a meno di 30 volte dell’estensione del suo orizzonte degli eventi».

I ricercatori hanno anche scoperto una struttura in prossimità della base del getto che presenta chiari segnali di polarizzazione, una proprietà associata alla presenza di un campo magnetico ben ordinato che deve essere presente in prossimità del al buco nero.

«Questo esperimento rappresenta un passo fondamentale nel cammino di avvicinamento all’osservazione del buco nero stesso, un risultato che verrà ottenuto dal cosiddetto “Event Horizon Telescope” in un futuro molto prossimo» aggiunge Marcello Giroletti, anch’egli ricercatore presso l’INAF-ORA nel team che ha condotto le osservazioni. «Forti di questo risultato, abbiamo infatti appena sottomesso (sempre in collaborazione con Hada e con un gruppo internazionale di scienziati di tutto il mondo) una proposta per aggiungere anche ALMA alla nostra rete di radio telescopi».

Per saperne di più: