UNA PULSAR DALL’INATTESO COMPORTAMENTO

Il magnetar non accelera, anzi frena

Altro magnetar, altra sorpresa. Dopo quello con un campo magnetico esterno insolitamente basso, ecco 1E 2259, colto dal telescopio spaziale Swift a rallentare improvvisamente la sua velocità di rotazione. Un comportamento che ha spiazzato letteralmente gli astrofisici, che invece si aspettavano un'accelerazione nella rotazione del corpo celeste. Gianluca Israel (INAF): "Ancora una volta i magnetar ci stupiscono con i loro comportamenti estremi, costringendoci a rivedere le nostre convinzioni". Lo studio è pubblicato online su Nature.

     29/05/2013
Rappresentazione artistica di un magnetar (crediti: NASA/Goddard Space Flight Center Conceptual Image Lab)

Rappresentazione artistica di un magnetar (crediti: NASA/Goddard Space Flight Center Conceptual Image Lab)

Le possiamo immaginare come delle super trottole che ruotano velocissime, compiendo anche parecchie centinaia di giri ogni secondo. Questa frenetica rotazione che possiedono le stelle di neutroni denominate pulsar è però destinata a ridimensionarsi nel tempo: simili oggetti celesti tendono infatti a diminuire progressivamente la loro velocità di rotazione, proprietà ormai accertata grazie alle accurate misure raccolte in quasi 50 anni di osservazioni dei loro segnali emessi principalmente nella banda radio, ma anche nei raggi X. Questo fenomeno è estremamente costante ma assai piccolo come intensità: per rallentare la loro rotazione in modo davvero evidente, le pulsar impiegano milioni di anni. Capita a volte però che il loro lento e inesorabile declino sia interrotto da alcuni eventi particolari e rapidissimi, denominati glitch (termine inglese traducibile come difetto, anomalia) che improvvisamente portano un aumento della velocità di rotazione di una pulsar. Una prima ipotesi avanzata per spiegare questo effetto individuava il responsabile nella crosta solida che avvolge le stelle di neutroni. Questo strato, spesso non più di un chilometro, può subire delle fratture che ‘cicatrizzando’ produrrebbero una leggerissima contrazione nelle dimensioni del corpo celeste. Contrazione che appunto innescherebbe un altrettanto piccolo e rapidissimo incremento della velocità di rotazione della pulsar. Un po’ quello che accade a una ballerina che, durante una piroetta, porta vicino al corpo le braccia per aumentare la sua velocità di rotazione. Altre teorie più recenti attribuiscono la comparsa dei glitch alle differenti velocità di rotazione tra la superficie rigida delle pulsar con il loro nucleo superfluido che, ruotando più velocemente, di tanto in tanto riesce a trasferire parte del suo momento angolare alla crosta, provocandone una brevissima accelerazione.

Nel pieno del dibattito sull’argomento, arrivano ora le osservazioni di una sorgente denominata 1E 2259+586 e pubblicate in un articolo on line della rivista Nature a mescolare  ulteriormente le carte. I ricercatori guidati da Robert Archibald della McGill University di Montreal, in Canada, il 28 aprile dello scorso anno, durante una delle osservazioni di routine di questa sorgente con il telescopio spaziale Swift della NASA, hanno infatti registrato una piccola e rapidissima variazione nella velocità di rotazione della pulsar. La cosa che però ha sconcertato gli scienziati è stato il fatto che 1E 2259 non ha accelerato la sua rotazione come ci si poteva aspettare ma, al contrario, sembra aver dato un colpo di freni e rallentato la sua rotazione.  Non c’è stato quindi un glitch bensì, come l’hanno ribattezzato i ricercatori, un anti-glitch!

Accertato che i dati raccolti siano effettivamente corretti e l’andamento del periodo di rotazione mostri un piccolo ma incontrovertibile salto, il problema principale per gli astrofisici è ora quello di fornire una spiegazione ragionevole di quanto accaduto e allo stesso tempo di capire se la teoria che al contrario spiega le improvvise accelerazioni nelle pulsar mantenga la sua correttezza. Innanzi tutto, quello che i ricercatori mettono in evidenza è che 1E 2259 non è una ‘semplice’ stella di neutroni ma è dotato anche di un campo magnetico sensibilmente maggiore delle pulsar ordinarie. È insomma quello che viene definito un magnetar. Questa ulteriore proprietà estrema può aver determinato il verificarsi dell’anti-glitch.

Ma come spiegare questo inatteso fenomeno? Certo il compito non è per niente facile, visto che già le ipotesi sull’accelerazione della rotazione delle pulsar stanno animando un vivace dibattito scientifico. Archibald e i suoi colleghi però non si  danno per vinti e anzi propongono due possibili scenari per descrivere come può essersi verificato questo insolito comportamento. Il primo punta l’attenzione sui fortissimi campi magnetici presenti all’interno del corpo celeste che possono creare dei ‘tunnel’ dove vortici di materia in rotazione vengono canalizzati in modo molto efficiente verso l’esterno, frenando il nucleo e quindi inducendo un rallentamento anche della crosta esterna. Il secondo invece sposta l’attenzione su quello che è l’ambiente esterno attorno al magnetar, dove le linee del suo intenso campo magnetico, aggrovigliandosi, sottraggono istantaneamente momento angolare alla crosta della stella di neutroni. Tuttavia, come riportano gli stessi autori nell’articolo, i dati raccolti da osservazioni  successive di 1E 2259 con altri telescopi spaziali per lo studio dell’universo nelle alte energie sembrano non supportare questa ipotesi.

“Ancora una volta i magnetar ci stupiscono con i loro comportamenti estremi costringendoci a rivedere le nostre convinzioni” commenta Gianluca Israel, dell’Osservatorio Astronomico INAF di Roma, coinvolto insieme ad altri colleghi in un recente studio su un altro magnetar anomalo. “La rivelazione di un anti-glitch da uno degli oggetti prototipo della classe potrebbe essere di grande importanza come nuovo strumento per lo studio della struttura interna delle stelle di neutroni, regione che a tutt’oggi rimane di difficile ‘accesso’. Certo è che per approfondire la conoscenza di questi oggetti così estremi c’è bisogno di nuovi strumenti che ci permettano di studiare con maggiore continuità e accuratezza i glitch o le oscillazioni sismiche che avvengono nei magnetar. Settori di ricerca che sono tra i capisaldi della missione LOFT (Large Observatory for X-ray Timing)in cui c’è un forte coinvolgimento di ricercatori INAF e attualmente nella fase A di studio per l’Agenzia Spaziale Europea”.