Macchie, brillamenti, emissioni di massa coronali. I fenomeni più eclatanti e violenti che produce il Sole sono tutti legati da un unico, potente motore che li alimenta. È il campo magnetico solare che con la sua dinamica regola praticamente tutte quelle che sono le manifestazioni dell’attività della nostra stella. Una dinamica che è profondamente legata a quello che avviene nella zona convettiva del Sole, ovvero nel guscio che va da una profondità di circa 200.000 chilometri fin quasi alla sua superficie. In questa regione, l’energia prodotta dalla fucina nucleare al centro della stella viene trasportata verso l’esterno attraverso lo spostamento del plasma, che risalendo si raffredda per poi ridiscendere. Un po’ come accade in una pila di acqua bollente. In questi moti turbolenti il plasma attraversa il campo magnetico interno del Sole producendo, come una gigantesca dinamo, intense correnti elettriche in grado di rafforzare il campo magnetico. Campo magnetico che in parte viene trasportato in superficie dal plasma stesso, andando a modellare l’atmosfera solare e trasferire in essa energia. Dietro a questa visione che oggi abbiamo del fenomeno della dinamo solare, seppur piuttosto completa e dettagliata, si celano notevoli complicazioni quando gli scienziati tentano di ricostruirla tramite simulazioni al computer. I problemi sono sostanzialmente di due tipi: il primo riguarda i modelli stessi che descrivono il comportamento di un ambiente così complesso come l’interno di una stella e le interazioni del plasma in movimento con i campi magnetici. Le equazioni in gioco devono tenere conto di fenomeni di tipo turbolento, assai difficilmente riproducibili se non tramite complessi insiemi di equazioni. Il secondo è la sua naturale conseguenza. Per ricostruire il comportamento del nostro Sole dal punto di vista globale è infatti necessaria una potenza di calcolo grandissima. Questa richiesta di computer super potenti cresce esponenzialmente se si cercano simulazioni sempre più accurate.
Nuovi e incoraggianti sviluppi in questo settore vengono riportati in un articolo apparso online sulla rivista Science e scritto da Paul Charbonneau, dell’Università di Montreal e Piotr Smolarkiewickz dell’European Centre for Medium Range Weather Forecasts di Reading, nel Regno Unito. I due ricercatori, specialisti di modellistica solare, sottolineano come grazie a recenti simulazioni, sia stato riprodotto in modo piuttosto regolare e continuativo il fenomeno dell’inversione della polarità del campo magnetico della nostra stella. L’inversione risulta verificarsi ogni 40 anni circa, un intervallo di tempo che è ancora quasi quattro volte maggiore di quello che avviene in realtà nel Sole, ma comunque un significativo passo avanti rispetto alle altre simulazioni ‘concorrenti’ finora proposte che, in taluni casi, hanno fornito risultati contraddittori o addirittura del tutto opposti a quello che è il comportamento della nostra stella. Si può migliorare questo risultato? Secondo i ricercatori la risposta è certamente affermativa, ma i risultati non saranno facili da ottenere, perché i prossimi passi saranno quelli di inserire nelle future simulazioni fenomeni considerati ‘minori’ ma che potrebbero essere invece determinanti nel sostenere l’inversione dei poli magnetici nel Sole.
“Dal punto di vista teorico, uno dei problemi centrali per far funzionare correttamente il modello della dinamo solare è quello di assumere per il plasma un flusso turbolento “realistico” (legato alla convezione) a grandi scale spaziali, tenendo contemporaneamente in conto la viscosità turbolenta associata ai campi magnetici sulle piccole scale spaziali” commenta Alessandro Bemporad, dell’Osservatorio Astrofisico di Torino dell’INAF. “D’altro canto, è anche necessario conciliare la naturale intermittenza dei campi magnetici turbolenti su brevi intervalli temporali e l’esistenza di strutture che restino coerenti su tempi scala molto lunghi. Tenere conto di un intervallo così elevato di scale spaziali e temporali richiede capacità computazionali ancora non del tutto disponibili. Il lavoro pubblicato è tuttavia un primo importante tentativo di spiegare come un delicato equilibrio quasi stazionario nel Sole tra l’induzione del campo ed i flussi di plasma a grandi scale possa esistere solo fornendo un’adeguato trattamento nel modello dei processi dissipativi alle piccole scale spaziali. In questo modo è possibile capire come alle intensificazioni del campo magnetico alla base della zona convettiva distribuite a tutte le longitudini ed a latitudini intermedie possa poi risultare in superficie nei moti convettivi e nella formazione di macchie solari che si osservano emergere sulla fotosfera del Sole”.