QUANDO L’UNIVERSO AVEVA UN MILIARDO DI ANNI

Scoperta la radiogalassia più lontana

Si tratta di una radiogalassia ad alto redshift, cioè davvero molto distamte. Essendo oggetti rari e difficili da localizzare, gli esperti hanno quindi bisogno di effettuare osservazioni radio che coprano grandi aree di cielo. Lo studio è in uscita su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society

     19/07/2018

Immagine della radiogalassia nella banda K ottenuta con il Large Binocular Telescope (Lbt). I contorni rappresentano l’emissione Vla a 1,4 GHz (Saxena et al., 2018) della radio sorgente TGSS1530. Crediti: Saxena et al., 2018.

Grazie alla sinergia tra il radiotelescopio indiano Giant Metrewave Radio Telescope (Gmrt), il Very Large Array (Vla) in Nuovo Messico, il Gemini Multi-Object Spectrographs (Gmos) sul telescopio Gemini Nord alle Hawaii e la Lbt Utility Camera in the Infrared (Luci) sul Large Binocular Telescope (Lbt) in Arizona, è stato possibile rilevare la radiogalassia più lontana mai scoperta. Allo studio hanno partecipato diversi tra le ricercatrici e i ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf). L’oggetto scoperto è, nello specifico, una radiogalassia ad alto redshift ed è stato classificato con la sigla TGSS1530. Il suo redshift è z=5.72 e ciò implica che stiamo osservando questa galassia quando l’Universo aveva solo 1 miliardo di anni, cioè più di 12 miliardi di anni fa.

Il redshift è tipicamente utilizzato per misurare la distanza delle galassie, ma è difficile da stimare con precisione quando si stanno indagando le regioni più remote dell’universo. Letteralmente vuol dire “spostamento verso il rosso” della luce proveniente dalle galassie ed è dovuto all’effetto Doppler, lo stesso fenomeno che ci fa percepire la sirena dell’ambulanza aumentare e diminuire di frequenza quando si avvicina e si allontana da noi. Allo stesso modo, quando un oggetto celeste si allontana dalla Terra, la sua luce viene allungata e quindi ne osserviamo uno spostamento verso lunghezze d’onda più rosse.

«Le radiogalassie sono tra gli oggetti più interessanti dell’universo e quelle ad alto redshift sono tra le galassie di più grande massa, spesso colte nel merging (fusione, ndr) con sistemi più piccoli», dice Laura Pentericci dell’Inaf di Roma, tra gli autori dello studio. «Molte radiogalassie si trovano al centro di zone dove la densità di galassie è più grande della media e quindi sono probabilmente proto-cluster osservati nell’epoca iniziale di formazione. Per questi ed altri motivi si ritiene che le radiogalassie siano le progenitrici delle galassie giganti diffuse (o cD) che si trovano al centro degli ammassi di galassie nell’universo locale», aggiunge.

Le radiogalassie lontane sono oggetti rari e difficili da localizzare. Gli esperti hanno quindi bisogno di effettuare osservazioni radio che coprano grandi aree di cielo. «È tanto difficile che la radiogalassia TNJ0924-2201 a redshift z=5.19 scoperta nel 1999 è riuscita a mantenere  il suo record per quasi 20 anni», sottolinea la ricercatrice.

La radio sorgente TGSS1530 è stata inizialmente localizzata e studiata con i radiotelescopi Gmrt e Vla. Isabella Prandoni dell’Inaf di Bologna spiega: «È stata selezionata perché presentava uno spettro radio molto ripido, tipico delle radio galassie distanti. È stato poi ottenuto uno spettro con il telescopio Gemini Nord che ci ha mostrato una singola riga di emissione. La sua identificazione con la riga Lyman-α è stata possibile anche grazie alle immagini molto profonde ottenute con Lbt in varie bande che hanno escluso la possibilità che la riga fosse in realtà dovuta ad altra emissione a più basso redshift». E conclude: «Abbiamo potuto così confermare l’estrema distanza di questo oggetto».

Per saperne di più:

  • I risultati della ricerca sono stati accettati per la pubblicazione sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society nell’articolo “Discovery of a radio galaxy at z = 5.72”, di A. Saxena et al. [Nel gruppo di ricercatori ci sono anche I. Prandoni (INAF-Istituto di Radioastronomia di Bologna), L. Pentericci (INAF-Osservatorio Astronomico di Roma), M. Magliocchetti (INAF-IAPS di Roma), D. Paris (INAF-Osservatorio Astronomico di Roma), F. Cusano (INAF-Osservatorio di Astrofisica e Scienza dello Spazio di Bologna), F. Marchi (INAF-Osservatorio Astronomico di Roma), H. T. Intema (Leiden Observatory) e G.K. Miley (Leiden Observatory)]