RILEVATA L’EMISSIONE DEL MONOSSIDO DI CARBONIO

Identikit di galassie piccole e vicine con Allsmog

Un team di ricercatori guidati da Claudia Cicone (dell’Inaf - Osservatorio astronomico di Brera) ha rilevato gli spettri della riga di emissione del monossido di carbonio in un campione di piccole ma vicine galassie, scoprendo che più le galassie sono massicce, formano stelle e sono ricche in metalli e più la riga del monossido di carbonio è brillante

     18/05/2017

Il telescopio APEX dell’Eso, situato sull’altipiano di Chajnantor, in Cile, a 5000 metri d’altitudine.

Prendete uno dei siti osservativi più alti sulla Terra, aggiungete un po’ di monossido di carbonio, qualche grammo di pazienza e alcuni ricercatori volenterosi. Ed ecco che viene fuori l’identikit di un centinaio di galassie poco massicce nell’Universo locale grazie al programma osservativo Apex Low-redshift Legacy Survey for MOlecular Gas (o Allsmog). Un gruppo di scienziati guidati da Claudia Cicone (Inaf – Osservatorio astronomico di Brera) ha rilevato gli spettri della riga di emissione del monossido di carbonio CO(2-1) di queste piccole e vicine galassie. Le analisi effettuate dal team Allsmog (che comprende ricercatori da vari istituti, come Eth, Cambridge, Ska ed Eso) implementano le ricerche finora condotte studiando la presenza di gas molecolare freddo in questo campione di galassie già ben caratterizzate in termini di formazione stellare, massa stellare e metallicità (ovvero il contenuto di elementi “pesanti”).

Allsmog è un programma osservativo dell’Eso, ideato da Jeff Wagg (Ska Organisation) per studiare il gas molecolare tramite la linea di emissione del monossido di carbonio con il telescopio Atacama Pathfinder Experiment (Apex), una collaborazione tra il Max Planck Institute for Radio Astronomy (MPIfR), l’Onsala Space Observatory (Oso) e l’Eso, che si trova sulla piana di Chajnantor a 5000 metri di altitudine, nelle Ande Cilene. La vita operativa del telescopio è stata di recente prolungata di 5 anni e verrà utilizzato fino al 2022.

L’articolo “The final data release of ALLSMOG: a survey of CO in typical local low-M star-forming galaxies”, pubblicato oggi sulla rivista Astronomy & Astrophysics, comprende osservazioni di 97 galassie, 88 delle quali studiate con Apex (durante più di 300 ore di osservazione dall’estate 2013 all’inverno 2015/2016) e 9 con il radiotelescopio dell’Istituto di radioastronomia millimetrica (Iram) a Pico Veleta, in Spagna (tra il 2014 e il 2015). La survey Allsmog è la prima grande campagna osservativa sistematica extragalattica di monossido di carbonio effettuata con il telescopio Apex.

La ricercatrice dell’Inaf Claudia Cicone davanti ad Apex dell’Eso

Abbiamo chiesto proprio a Claudia Cicone, fellow del progetto AstroFIt2 (un programma per incentivare la cosiddetta incoming mobility cofinanziato da Inaf e dal programma europeo Horizon 2020) di spiegarci lo studio.

Quali sono i risultati della vostra survey?

«Nell’articolo descriviamo con cura la selezione del campione e spieghiamo i metodi osservativi, la riduzione dei dati e l’analisi, insomma forniamo tutte le informazioni tecniche necessarie per valutare la qualità delle osservazioni millimetriche e per permetterne l’utilizzo da parte della comunità scientifica. Insieme agli spettri della riga di emissione del monossido di carbonio ottenuti con Apex e Iram, forniamo anche tutte le altre informazioni collaterali disponibili su queste galassie, ovvero le loro immagini ottiche, le proprietà fisiche ottenute dai dati ottici come il tasso di formazione stellare, la massa stellare, il redshift o la distanza, la metallicità del gas ionizzato. Per tutte le galassie del campione abbiamo anche informazione sul contenuto di gas atomico (HI) dalle osservazioni radio pubblicate in altri lavori (da altri team). Insomma abbiamo un vero e proprio “identikit”multi-banda di queste galassie che ci ha permesso di studiare la relazione tra le proprietà del gas molecolare e le loro altre proprietà fisiche».

Nello specifico, cosa avete analizzato?

«Abbiamo studiato la presenza della riga del monossido di carbonio in funzione delle varie proprietà delle galassie, e abbiamo trovato che l’intensità della riga di emissione dipende strettamente dalla massa stellare, dal tasso di formazione stellare e dalla metallicità: ovvero, più le galassie sono massicce, formano stelle e sono ricche in metalli e più la riga del monossido di carbonio è brillante. Viceversa, più sono piccole e povere in metalli e più è difficile riuscire ad osservare questa riga. Ci sono due fattori che possono rendere il monossido di carbonio così poco brillante nelle galassie poco massicce. In primo luogo, la quantità del gas molecolare: se c’è meno gas, questo si riflette in una luminosità del monossido di carbonio più bassa, e quindi in una riga più debole. In secondo luogo, il basso contenuto di metalli del mezzo (gas) interstellare di queste galassie potrebbe essere legato ad un basso contenuto di polvere, che fa sì che la molecola del monossido di carbonio sia più esposta alla radiazione ultravioletta delle stelle giovani e massicce. In questo caso i fotoni UV potrebbero aver distrutto gran parte del monossido di carbonio nel mezzo interstellare. Quindi il monossido di carbonio potrebbe essere poco luminoso non perché ci sia poco gas molecolare nella forma di H2, ma perché la molecola del monossido di carbonio (che usiamo come “tracciante” indiretto dell’H2) è poco abbondante nel mezzo interstellare. Utilizzando il nostro campione di galassie abbiamo trovato correlazioni molto strette tra la luminosità del monossido di carbonio e il tasso di formazione stellare, e poi tra la luminosità del monossido di carbonio e la massa stellare».

Quali le novità del vostro studio rispetto a ricerche precedenti?

«L’esistenza di queste correlazioni era stata già evidenziata da studi precedenti, che però erano perlopiù basati su campioni incompleti, comprendenti prevalentemente galassie massicce o caratterizzate da formazione stellare molto intensa. Il nostro apporto è stato quello di estendere queste correlazioni per la prima volta ad un campione di galassie “normali”, molto meno massicce e con una formazione stellare molto minore rispetto ai campioni studiati precedentemente a lunghezze d’onda millimetriche. I nostri dati mostrano che tutte le galassie star forming dell’Universo locale obbediscono alle stesse relazioni di scala tra gas molecolare e proprietà fisiche delle galassie. Lo studio di queste correlazioni è importante per “predire” il comportamento di galassie di cui abbiamo informazioni limitate, ad esempio per galassie molto lontane, e per calibrare e validare i modelli di formazione ed evoluzione delle galassie».

Il vostro target è il gas molecolare freddo. Perché?

«La componente di gas freddo del mezzo interstellare ha un ruolo centrale nella formazione stellare e nella crescita ed evoluzione delle galassie. Nella maggior parte delle galassie presenti nell’Universo, il tasso di formazione stellare è regolato principalmente dalla quantità di gas freddo disponibile, in particolare dalla quantità di gas in forma molecolare. Ed è proprio dal collasso gravitazionale delle nubi molecolari che si formano nuove stelle. Il gas molecolare è dominato in massa dall’idrogeno molecolare (la molecola dell’H2), ma purtroppo, nella maggior parte delle sorgenti astrofisiche il gas molecolare ha una temperatura molto bassa (tra i 10 e i 50 gradi Kelvin) mentre le righe dell’H2 nell’infrarosso tracciano gas più caldo (a partire da circa 150 gradi Kelvin). Questo significa che nella maggior parte dei casi non possiamo usare l’H2 per misurare la massa totale di gas molecolare contenuta in una determinata sorgente astrofisica. Una molecola invece molto utile ai fini astrofisici è il monossido di carbonio (CO), la seconda molecola più abbondante dopo l’H2. Il monossido di carbonio emette transizioni (righe di emissione) particolarmente brillanti in quasi tutte le sorgenti astrofisiche che contengono gas molecolare, anche quelle più fredde. Per questo motivo le righe di emissione del monossido di carbonio, osservabili a lunghezze d’onda millimetriche e sub-millimetriche (dove, fortunatamente, l’atmosfera terrestre è abbastanza trasparente), sono tuttora il nostro metodo preferito per studiare le proprietà del gas molecolare nelle galassie».

«La nostra survey ha un notevole valore perché tutta la comunità scientifica può usufruire dei nostri dati e quindi speriamo che nuove idee e risultati potranno essere ottenuti grazie alla nostra ricerca».

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