IDROGENO VULCANICO E ZONE ABITABILI

Come ti scovo la vita col vulcano

La presenza di attività vulcanica sarebbe un ottimo indizio nella caccia di vita nel cosmo e nella ricerca di esopianeti abitabili. Secondo uno studio della Cornell University, la presenza di idrogeno da fonti vulcaniche contribuirebbe a innescare il riscaldamento dell’atmosfera, rendendo possibile lo sviluppo della vita

     28/02/2017

Impressione d’artista di un pianeta abitabile nella fascia abitabile “estesa” ovvero dove è presente l’idrogeno vulcanico. Crediti: W. Henning, NASA Goddard

A pochi giorni dal sensazionale annuncio della Nasa della scoperta dei sette pianeti in orbita attorno alla stella Trappist-1, uno studio pubblicato su Astrophysical Journal Letters da due ricercatori della Cornell University ci offre un’arma in più per andare alla ricerca di tracce di vita nell’universo. Così come per la caccia agli esopianeti abitabili.

Gli astronomi della Cornell sostengono infatti che la presenza di attività vulcanica, e quindi di fonti di idrogeno vulcanico, potrebbe migliorare la nostra capacità di riuscire a localizzare la vita nel cosmo. Pianeti situati a grandi distanze dalla stella madre gelano. «Su pianeti gelati qualunque forma di vita potenziale sarebbe nascosta sotto strati di ghiaccio, rendendo impossibile individuarla con i telescopi», dice Ramses Ramirez, primo autore dello studio e ricercatore presso il Carl Sagan Institute della Cornell. «Se il suolo è abbastanza caldo, per effetto della presenza di idrogeno vulcanico e del riscaldamento atmosferico, la vita potrebbe invece esistere in superficie, generando un gran numero di tracce identificabili».

Secondo i risultati di questo studio, grazie all’azione combinata dell’effetto serra da idrogeno, acqua e anidride carbonica la zona di abitabilità attorno a stelle lontane si espanderebbe dal 30 al 60 per cento.

«Finché c’è un vulcano in vista, anche dove fino a oggi abbiamo pensato ci fossero solo lande ghiacciate potrebbero esserci zone calde e adatte allo sviluppo della vita», aggiunge Lisa Kaltenegger, direttrice del Carl Sagan Institute e co-autrice dello studio, che si intitola “A volcanic hydrogen habitable zone”, appunto.

Su pianeti simili alla Terra questo gas è destinato a non durare più di qualche milione di anni, ma la presenza di vulcani cambierebbe tutto, finché sono attivi la presenza di idrogeno è assicurata. Un gas molto leggero, l’idrogeno, che in qualche modo “gonfia” le atmosfere planetarie, rendendole al contempo meglio osservabili, soprattutto alla ricerca di marcatori biologici. «La presenza di idrogeno nell’atmosfera di un pianeta extrasolare aumenta la possibilità di studiare la composizione di quell’atmosfera: incrementa infatti il segnale, favorendo le osservazioni da parte di telescopi o missioni spaziali», aggiunge Ramirez.

Ecco a confronto la fascia “classica” di abitabilità del nostro Sistema solare, con evidenziata in rozzo la fascia abitabile “aggiuntiva”. Crediti R. Ramirez, Carl Sagan Institute, Cornell University

Nel nostro sistema solare, la zona abitabile si estende per 1,67 unità astronomiche, ovvero 1,67 volte la distanza Terra-Sole, appena oltre l’orbita di Marte. Considerando la presenza di idrogeno vulcanico sui pianeti, questa zona si potrebbe estendere fino a 2,4 unità astronomiche, più o meno dove si trova la fascia degli asteroidi tra Marte e Giove. La zona abitabile si espanderebbe fra il 30 e il 60 per cento. Ed ecco che tantissimi pianeti, che in precedenza gli scienziati avevano escluso potessero avere condizioni adeguate ad ospitare la vita, rientrano in gioco.

I marcatori atmosferici, come il metano in combinazione con l’ozono, potranno essere rilevati forse già dal potentissimo James Webb Space Telescope, il cui lancio è previsto nel 2018, o dallo European Extremely Large Telescope, che vedrà la luce nel 2024.

Intanto, tenendo presente il parametro dell’idrogeno vulcanico, i pianeti abitabili attorno a Trappist-1 salirebbero da 3 a 4.

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