«BEAGLE-2 HA FORNITO NUMEROSE LESSONS LEARNT»

Un italiano alla guida di ExoMars nel team ESA

Quali le attese per ExoMars? Ma soprattutto: quali le insidie maggiori che dovrà affrontare il team di ingegneri e tecnici della missione? Media INAF lo ha chiesto a Giacinto Gianfiglio, membro dell’ExoMars Project Team dell’ESA con l’incarico di System and Orbiter Manager

     14/03/2016

Gli elementi del programma ExoMars 2016-2018. Crediti: ESA

Stabilire se la vita sia mai esistita su Marte rappresenta uno degli obiettivi scientifici di grande interesse del nostro tempo. Scopo del Programma ExoMars dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) è dare una risposta a questa domanda. L’Italia è uno dei maggiori partecipanti al programma grazie alla forte presenza dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI).

La missione ExoMars rappresenta per la comunità spaziale europea una sfida unica, sia dal punto di vista tecnologico che di programmazione. Media INAF ha raggiunto Giacinto Gianfiglio, membro dell’ExoMars Project Team dell’ESA con l’incarico di System and Orbiter Manager (e Deputy Project Manager), per carpire qual è lo stato d’animo che si respira, per sapere quali sono le attese e le insidie maggiori che dovrà affrontare il team di ingegneri e tecnici.

Dottor Gianfiglio, come è arrivato al programma ExoMars?

«ExoMars è un progetto di scienza ed esplorazione robotica dell’ESA in cooperazione con l’Agenzia Spaziale Russa (ROSCOSMOS) e con la partecipazione della NASA. Il progetto consiste di due missioni su Marte: la prima, con il lancio odierno, del Trace Gas Orbiter (TGO) e del lander Schiaparelli, mentre il lancio della seconda missione, con il lander russo e il rover dell’ESA, è previsto a maggio del 2018. Prima di assumere la configurazione attuale, il progetto ExoMars è partito come “missione bandiera” nell’ambito del Programma Aurora dell’ESA. Nel febbraio del 2004 fui nominato Panel Chair della Mission Preliminary Requirements Review (MPRR), che avrebbe sancito il completamento della fase di studio della missione (la cosiddetta Fase A) ed il passaggio alla fase successiva di sviluppo (Fase B: la fase di preliminary design). Durante questa revisione ebbi l’opportunità di comprendere ed apprezzare la complessità della missione e, allo stesso tempo, ne rimasi affascinato. Pertanto, quando alla fine della MPRR mi fu proposto di assumere, come ExoMars Phase B Manager, la responsabilità di preparare la Phase B Request for Proposal, accettai con enorme entusiasmo. Nel dicembre del 2005, gli Stati Membri dell’ESA che partecipavano al Programma Aurora decisero di continuare e, quindi, completare lo sviluppo del progetto. Purtroppo, e per motivi programmatici, la durata della Fase B ha richiesto numerose estensioni durante le quali ExoMars è passato alla configurazione attuale di due missioni. È stato durante questa fase che mi fu affidato l’incarico di ExoMars System and Orbiter Manager, incarico che tuttora mantengo insieme a quello di Deputy Project Manager».

Giacinto Gianfiglio

Cosa vuol dire fare il System and Orbiter Module Manager?

«Come ExoMars System and Orbiter Manager sono responsabile della definizione e controllo dei requisiti di progetto ad alto livello (per ciascuna missione) necessari per la realizzazione (da parte dell’industria Europea) dei vari elementi che costituiscono l’ExoMars System (e cioè lo Spacecraft, il Lanciatore, il centro di controllo della Missione), nonchè degli elementi che sono stati forniti da ROSCOSMOS e dalla NASA nell’ambito della cooperazione internazionale. Inoltre ho il compito di supervisionare le attività industriali a livello contrattuale per l’implementazione e la verifica dell’architettura di sistema (flight system e ground system) per il raggiungimento degli obiettivi scientifici, tecnologici e programmatici del progetto pertinenti a ciascuna delle due missioni. Ho svolto un ruolo analogo anche per il TGO, per il quale mi sono occupato, tra l’altro, di definire e verificare le interfacce dello spacecraft col lanciatore Russo Proton (fornito da ROSCOSMOS) e con la “radio” Electra (fornita dalla NASA), per le Mars Proximity Communications in banda UHF. Ovviamente il tutto è stato possibile solamente grazie al valido contributo di tutti gli ingegneri e tecnici del team di progetto».

Che cosa la affascina di Marte e, in particolare, del programma ExoMars?

«Vorrei premettere che sono affascinato dall’esplorazione in generale. Penso che l’esplorazione del nostro pianeta sia stato un elemento fondamentale del progresso dell’umanità e che l’esplorazione spaziale sia l’evoluzione naturale di questo processo per allargare la frontiera della ricerca scientifica e tecnologica dal nostro pianeta al Sistema Solare ed oltre. Di Marte mi affascinano le numerose similitudini con la Terra ed i suoi misteri che, una volta svelati, potrebbero darci delle risposte su come la “vita” possa essersi formata (ed evoluta) sulla Terra e, quindi, fornire indicazioni su come pianificare future missioni “umane” sul Pianeta rosso. ExoMars mi ha appassionato (e tuttora mi appassiona) per le sfide tecniche e programmatiche imposte dal progetto. Per esempio il dover rispettare, in termini di pianificazione e completamento delle attività di sviluppo e verifica, la “finestra di lancio” di un paio di settimane che si “apre” all’incirca ogni 26 mesi.

Non dimentichiamo, inoltre, che ExoMars è un progetto con numerosi first per l’ESA, tra cui cito i più importanti:

  • Spacecraft Composite: prima grande (~ 4300 Kg) navicella per Marte con una coppia orbiter/lander. Dopo la separazione il TGO entrerà in orbita mentre Schiaparelli dovrà effettuare il suo Entry, Descent and Landing su Marte. Queste due operazioni sono praticamente simultanee e avverranno in pieno automatismo senza possibilità di intervento da parte del centro di Mission Control. Va notato che, dopo la missione Viking degli anni 70, la NASA ha lanciato varie missioni su Marte ma sempre con un orbiter o con un lander (cioè mai con entrambi i due veicoli assieme).
  • TGO: prima navicella che ricorrerà all’aerofrenaggio (aerobraking) per raggiungere l’orbita di destinazione (Science and Data Relay low altitude, ~400 Km). Senza l’aerobraking la missione ExoMars 2016 non sarebbe stata realizzabile, dato che avrebbe richiesto una quantità di propellente di gran lunga superiore a quella a bordo del TGO e quindi non trasportabile.
  • Schiaparelli: primo grande (~600 Kg entry mass, ~400 Kg landing mass) lander che atterrerà su Marte durante la stagione delle tempeste di sabbia (Global Dust Storm season), con il più grande (12 m) paracadute di tipo Disk-Gap-Band supersonico mai costruito in Europa. Schiaparelli dimostrerà la capacità dell’industria europea nello sviluppare e realizzare tutte le tecnologie necessarie alle fasi di Entry, Descent and Landing, e specificamente (oltre al paracadute), lo scudo termico, il sistema di controllo di Guidance and Navigation (incluso il Radar Altimetro) e il sistema di propulsione per la frenata finale prima dell’“ammartaggio”.
  • Rover: primo veicolo su Marte in grado di combinare la capacità di muoversi (nell’arco di diversi km) con quella d’accedere al sottosuolo (grazie a un trapano, fino a 2 metri di profondità), per cercare tracce di vita passata e presente. A bordo del Rover ci sarà il Pasteur Payload, un insieme di strumenti scientifici di nuova generazione concepiti per la ricerca “in situ” di tracce di “vita” estinta o presente anche nel sottosuolo.

Infine, ma non meno importante, ExoMars mi ha dato, e spero continuerà a darmi, l’opportunità di operare in un team internazionale su larga scala sia a livello industriale che per quel che concerne la cooperazione con altre Agenzie Spaziali».

Quanto vi condiziona ciò che è successo al lander Beagle-2 e quali saranno le difficoltà maggiori che dovrete affrontare in questa missione?

«Per il successo delle due missioni ExoMars bisognerà contare sul perfetto funzionamento dei sistemi che l’industria ha realizzato e verificato prima del lancio. Resta il fatto, però, che fasi come il lancio, la Mars Orbit Insertion, l’Entry, Descent and Landing (con i suoi 6 minuti “terrificanti”) e l’Aerobraking comportano una dose di rischio intrinseca che non può essere del tutto eliminata, ma che va controllata. La missione Beagle-2 ha fornito numerose “lessons learnt” che hanno permesso, ai team coinvolti durante la fase di sviluppo e verifica del progetto, di eliminare, per quanto possibile, o controllare i rischi delle due missioni».

Per concludere, quali sono le sue personali aspettative?

«Spero che il progetto ExoMars sia un successo e possa raggiungere tutti gli obiettivi prefissati dimostrando, quindi, la capacità dell’industria europea a realizzare missioni complesse per l’esplorazione del Sistema Solare. Tutti, sia a livello di Agenzie Spaziali che nell’industria, abbiamo lavorato con estremo impegno mettendo in pratica le migliori tecniche di space system engineering a disposizione. Pertanto, siamo molto soddisfatti dei risultati finora conseguiti e ottimisti per il futuro, cominciando da quello per la missione 2016. Inoltre sarei davvero felice se gli scienziati coinvolti nel progetto, analizzando i dati che forniranno le due missioni, riuscissero a rispondere alla domanda “C’è o c’è mai stata vita su Marte?”.

Mi auguro che dopo ExoMars l’ESA, col supporto dei suoi Stati Membri, possa implementare un programma a lungo termine per l’esplorazione del Sistema solare e di Marte in particolare. Per esempio pianificando, in collaborazione coi partners internazionali, la missione Mars Sample Return come precursore di future missioni “umane” sul Pianeta rosso».

Per saperne di più, ecco altri articoli dello Speciale ExoMars di Media INAF: