PRIMO STUDIO DALL’ULTRAVIOLETTO ALL’INFRAROSSO

Svelato il mistero dell’acqua mancante

Un team internazionale di astronomi ha utilizzato i telescopi spaziali Hubble e Spitzer per studiare in dettaglio le atmosfere di dieci pianeti extrasolari simili a Giove, riuscendo a scoprire come mai alcuni di questi sembrano avere meno acqua del previsto. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista Nature

     14/12/2015
Il telescopio spaziale Hubble. Crediti: NASA

Il telescopio spaziale Hubble. Crediti: NASA

Ad oggi sono stati scoperti e confermati circa 2000 pianeti in orbita attorno a stelle diverse dal Sole. Alcuni sono noti con il nome di pianeti gioviani caldi, poiché sono pianeti gassosi che presentano caratteristiche simili a quelle di Giove e alte temperature. Tali pianeti orbitano molto vicino alle loro stelle ospiti. Questo rende molto calda la loro superficie e difficile studiare in dettaglio il pianeta senza essere sopraffatti dalla luce della stella.

A causa di queste difficoltà, il telescopio Hubble aveva fino ad ora esplorato solo una manciata di pianeti gioviani caldi, utilizzando un’intervallo di lunghezze d’onda limitato. I primi studi avevano scoperto che molti di questi pianeti contengono meno acqua del previsto (ne abbiamo parlato su Media INAF, qui e qui).

Ora, un team internazionale di astronomi ha realizzato il più ampio studio mai condotto sui gioviani caldi, analizzando in dettaglio dieci di questi pianeti con l’obiettivo di ottenere una panoramica chiara sulle loro atmosfere. Tra i pianeti selezionati, solo tre erano già stati oggetto di studi dettagliati, perciò questo lavoro estende di oltre tre volte il catalogo di dati spettroscopici a nostra disposizione su questi oggetti.

Il team ha effettuato osservazioni con i telescopi spaziali Hubble della NASA/ESA, e Spitzer della NASA. Grazie alla potenza combinata di entrambi i telescopi, il team è stato in grado di condurre uno studio lungo un intervallo senza precedenti di lunghezze d’onda: dall’ultravioletto (0.3 μm) all’infrarosso (4.5 μm) su un set di pianeti con diversi valori di massa, dimensione e temperatura.

Questa immagine mostra la rappresentazione artistica dei dieci pianeti gioviani caldi studiati da David Canta e dei suoi colleghi. I pianeti sono rappresentati in scala: HAT-P-12b è il più piccolo, ed è circa delle dimensioni di Giove, mentre WASP-17b, quello più grande, è quasi il doppio. Le proprietà dell’atmosfera, con strutture che ricordano quelle visibili su Giove, sono basate su modelli teorici. Crediti: ESA/Hubble, NASA

Questa immagine mostra la rappresentazione artistica dei dieci pianeti gioviani caldi studiati da David Sing e dei suoi colleghi. I pianeti sono rappresentati in scala: HAT-P-12b è il più piccolo, ed è circa delle dimensioni di Giove, mentre WASP-17b, quello più grande, è quasi il doppio. Le proprietà dell’atmosfera, con strutture che ricordano quelle visibili su Giove, sono basate su modelli teorici. Crediti: ESA/Hubble, NASA

«Sono davvero entusiasta di “vedere” finalmente questo gruppo di pianeti insieme: è la prima volta che otteniamo una copertura tale in termini di lunghezze d’onda da poter confrontare varie caratteristiche da un pianeta all’altro», dice David Sing autore principale dello studio e ricercatore presso l’Università di Exeter. «Grazie a questi nuovi dati abbiamo scoperto che le atmosfere planetarie sono molto più diversificate di quanto ci aspettavamo».

Tutti i pianeti analizzati hanno un’orbita favorevole, che ci permette di vederli transitare davanti al disco della loro stella. Mentre il gigante gassoso passa davanti alla propria stella ospite, dalla Terra vediamo che parte della luce che attraversa gli strati esterni dell’atmosfera. «Il passaggio nell’atmosfera lascia un’impronta digitale inconfondibile sulla luce della stella, che possiamo studiare quando questa arriva fino a noi», spiega la co-autrice dello studio Hannah Wakeford, che lavora presso il Goddard Space Flight Center della NASA.

Queste impronte digitali hanno permesso al team di identificare la presenza di vari elementi chimici e molecole, tra cui l’acqua, e di distinguere tra esopianeti con o senza nubi.

Lo studio ha rivelato che i pianeti extrasolari privi di nubi mostrano forti segnali di presenza d’acqua, mentre le atmosfere dei gioviani caldi con segnali deboli di acqua presentano nubi e foschia, entrambi elementi noti per occultare alla vista eventuale acqua. Ecco dunque svelato il mistero!

«L’alternativa a questa spiegazione è che i pianeti si formino in un ambiente privo di acqua, ma questo ci obbligherebbe a rivedere completamente le nostre attuali teorie sulla nascita dei pianeti», ha spiegato il co-autore dell’articolo Jonathan Fortney dell’Università della California. «I nostri risultati sembrano escludere lo scenario di formazione in ambiente asciutto, e suggeriscono che siano le nubi a nascondere l’acqua dalla nostra visuale».

Lo studio delle atmosfere di pianeti extrasolari sta compiendo in questi anni i suoi primi passi. Il successore di Hubble, il James Webb Space Telescope, ci aprirà una nuova finestra negli infrarossi, fondamentale per lo studio dei pianeti extrasolari e delle loro atmosfere.

 

Per saperne di più:

si invita a leggere l’articolo A continuum from clear to cloudy hot-Jupiter exoplanets”di David K. Sing, Jonathan J. Fortney, Nikolay Nikolov, Hannah R. Wakeford, Tiffany Kataria, Thomas M. Evans, Suzanne Aigrain, Gilda E. Ballester, Adam S. Burrows, Drake Deming, Jean-Michel Désert, Neale P. Gibson, Gregory W. Henry, Catherine M. Huitson, Heather A. Knutson, Alain Lecavelier des Etangs, Frederic Pont, Adam P. Showman, Alfred Vidal-Madjar, Michael H. Williamson e Paul A. Wilson.