SPIN SENZA PARTICELLE NEL PAESE DEI QUANTI

Lo Stregatto di Schrödinger

È possibile separare spazialmente una proprietà dalla sua particella? Un team di ricercatori ci è riuscito con i neutroni e i loro spin. I risultati, pubblicati su Nature Communications, sono la prima prova sperimentale di questo fenomeno, noto come “Cheshire Cat”

     30/07/2014
Lo Stregatto e il suo sorriso momentaneamente separati. Crediti: Leon Filter

Lo Stregatto e il suo sorriso momentaneamente separati. Crediti: Leon Filter

La scena potrebbe essere questa. Siete alla guida della vostra nuova auto rossa fiammante, vi state accingendo a superare la barriera autostradale, quand’ecco che l’automobile attraversa un casello, e il colore rosso della carrozzeria ne attraversa un altro. Al posto del colore potete mettere la velocità alla quale viaggiate, o la cilindrata dell’auto, il concetto non cambia. E lo stupore che genererebbe nemmeno. La separazione spaziale fra un’entità fisica e una o più fra le sue proprietà è un fenomeno di quelli che la mente umana fatica anche solo a rappresentarsi. Come possiamo distinguere il danzatore dalla danza, si chiedeva William Butler Yeats? E per quanto le sia spesso capitato di vedere un gatto senza sorriso, gli fa eco l’Alice di Lewis Carroll, un sorriso senza gatto non s’è visto mai.

Eppure, per quanto perturbanti, fenomeni del genere non sono confinati al di là della tana del Bianconiglio. Anche in quel Paese delle Meraviglie più reale che mai che è il mondo dei quanti può accadere, e accade regolarmente, che una polarizzazione se ne vada in giro senza il suo fotone. O che uno spin si separi momentaneamente dal suo neutrone per lasciarsi misurare da un team di fisici. Come quelli che hanno messo a punto l’esperimento descritto, sull’ultimo numero di Nature Communication, in un articolo che già dal titolo riecheggia lo Stregatto (Cheshire Cat) di Alice.

L’allestimento ricalca un po’ i classici esperimenti della doppia fenditura. Tobias Denkmayr e colleghi, sfruttando le facilities dell’Istituto Laue-Langevin di Grenoble, hanno preso un fascio di neutroni e lo hanno diviso in due con un interferometro: quelli con rotazione (spin) parallela alla direzione di propagazione dei neutroni nel fascio superiore, quelli con rotazione in direzione opposta nel fascio inferiore. Hanno quindi ricombinato i fasci e iniziato a contare i neutroni, selezionando però esclusivamente quelli con spin parallelo alla direzione di propagazione. Infine, hanno manipolato entrambi i fasci in due modi: con dei filtri (agendo dunque direttamente sul numero di particelle) e con dei campi magnetici (alterando leggermente il loro spin, dunque una loro proprietà). Ebbene, ciò che è emerso confrontando i conteggi a valle delle quattro possibili configurazioni dell’esperimento – due fasci per due diverse manipolazioni – è che  «il sistema si comporta come se le particelle fossero spazialmente separate dalle loro proprietà», spiega Denkmayr: particelle (o Stregatto, o automobile) nel fascio superiore, proprietà (o sorriso, o colore rosso della carrozzeria) nel fascio inferiore.

Per assistere a questo inimmaginabile spettacolo occorrono occhiali con “lenti” molto particolari: la misurazione debole e la post-selezione, tecniche ideate dal fisico israeliano Yakir Aharonov nella seconda metà degli anni Ottanta. Non solo: insieme a Sandu Popescu, dell’Università di Bristol, lo scorso anno Aharonov ha realizzato un esperimento concettualmente molto simile a quello di Denkmayr e colleghi: in quel caso, Stregatto e sorriso erano rappresentati rispettivamente da fotoni e dalla loro polarizzazione. Ma l’accoppiata fra misurazioni deboli (quelle che non stravolgono lo stato quantistico d’una particella) e post-selezione è stata anche in quell’occasione la tecnica sperimentale alla base dell’intero esperimento.

«Penso che sia una fra le idee più importanti della meccanica quantistica», dice Popescu a Media INAF. «Per capirlo, pensiamo alla fisica classica: se conosco esattamente la posizione di una particella, la sua velocità e tutte le forze che agiscono su di essa, posso immediatamente calcolare dove si troverà in futuro. Senza necessità di ulteriori misure, perché già conosco il loro risultato. Nella meccanica quantistica, invece, pur conoscendo lo stato iniziale, tutte le forze in gioco e tutto ciò che accade alla particella, se in un secondo tempo provo a eseguire una misura non so quale sarà il risultato. So quali saranno i possibili risultati e le loro rispettive probabilità, ma non posso conoscere in anticipo quale sarà il risultato che si concretizzerà per quella particolare particella. In altre parole, eseguendo un esperimento dopo, più avanti nel tempo, scopro informazioni su quella particella che non potrei mai aver avuto – nemmeno in linea di principio – nell’istante iniziale. Questo mi permette di selezionare le particelle iniziali – e solo quelle alle quali sono interessato, non altre – in base alla loro risposta finale: questa è la post-selezione. In un certo senso, possiamo dire che il futuro influenza il passato».

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