LO STUDIO SU SCIENCE EXPRESS

Il Sole ci svela l’infanzia delle stelle

Studiare un’immane esplosione solare per capire come le stelle in formazione si accrescono risucchiando il gas nelle loro vicinanze. E’ stata questa l’idea che ha mosso Fabio Reale, docente dell’Università di Palermo e associato INAF, e il team di ricercatori italiani e statunitensi da lui coordinati a realizzare lavoro pubblicato oggi sul sito web della rivista Science.

     20/06/2013
L'eruzione solare del 7 giugno 2011 ripresa dalla sonda Solar Dynamics Observatory della NASA. Crediti: NASA/SDO/AIA Consortium

L’eruzione solare del 7 giugno 2011 ripresa dalla sonda Solar Dynamics Observatory della NASA. Crediti: NASA/SDO/AIA Consortium

7 giugno del 2011: una violenta eruzione solare sconvolge il Sole, proiettando nello spazio una nube di plasma caldo. Non tutto questo materiale però riesce a sfuggire alla forza di gravità della nostra stella e una parte precipita indietro. L’impatto è violentissimo e scatena spettacolari lampi di luce ultravioletta. A seguire l’evento ci sono anche gli strumenti di SDO, la sonda NASA che sorveglia 24 ore su 24 il Sole e, anche in questo caso, ne cattura spettacolari immagini ad altissima risoluzione. Un’occasione davvero unica per studiare in dettaglio cosa è successo in quelle circostanze e come si sono innescati quei lampi ultravioletti. Occasione che non si sono lasciati sfuggire i ricercatori italiani e statunitensi guidati da Fabio Reale, docente dell’Università di Palermo e associato INAF. Il loro studio che ha preso il via partendo dall’analisi di quell’eruzione è stato appena pubblicato on line su Science Express. I suoi risultati forniscono per la prima volta importanti informazioni sugli effetti prodotti dalla caduta di gas sulla superficie del nostro Sole, che saranno utili anche per comprendere meglio i processi alla base dell’evoluzione delle stelle. Fenomeni simili infatti si verificano in ogni angolo dell’universo dove nuove stelle in formazione stanno accrescendo la loro massa, attirando a sé con la loro forza di attrazione gravitazionale il gas e le polveri circostanti.

“Sebbene nelle immagini ci appaia scuro contro la superficie luminosa del Sole, il plasma è denso e piuttosto caldo, anche oltre i 10.000 gradi” spiega Fabio Reale. “Urtando sulla superficie del Sole a velocità dell’ordine di un milione e mezzo di chilometri orari, i frammenti si scaldano di circa cento volte, superando il milione di gradi e innescando i lampi ultravioletti. Queste velocità sono simili a quelle raggiunte dal materiale che cade sulle stelle giovani mentre si accrescono. Così, le osservazioni di questa eruzione solare forniscono una visione ‘da vicino’ di ciò che accade su stelle lontane”.

Simulazione dell'impatto di una sequenza ravvicinata di frammenti sferici sul Sole che viaggiano alla velocità di 400 km al secondo, così come verrebbe osservato dal satellite Solar Dynamics Observatory. Ogni colore rappresenta l'emissione (in sezione) in una banda diversa, cioè a 171 angstrom (rosso), 193 angstrom (verde) e 335 angstrom (blu). I frammenti appaiono scuri prima dell'impatto, perché molto freddi. L'impatto provoca un riscaldamento locale a circa 1 milione di gradi che rende il tutto visibile nella banda dell'estremo ultravioletto.

Simulazione dell’impatto di una sequenza ravvicinata di frammenti sferici sul Sole che viaggiano alla velocità di 400 km al secondo, così come verrebbe osservato dal satellite Solar Dynamics Observatory. Ogni colore rappresenta l’emissione (in sezione) in una banda diversa, cioè a 171 angstrom (rosso), 193 angstrom (verde) e 335 angstrom (blu). I frammenti appaiono scuri prima dell’impatto, perché molto freddi. L’impatto provoca un riscaldamento locale a circa 1 milione di gradi che rende il tutto visibile nella banda dell’estremo ultravioletto. La simulazione è stata prodotta con il codice FLASH sviluppato presso l’Università di Chicago, USA. Per visualizzare l’animazione cliccare sull’immagine.

Ma i ricercatori non si sono fermati all’analisi delle immagini di SDO e hanno approntato una serie di simulazioni al computer per riprodurre gli impatti osservati e capire la loro natura e i loro effetti sulle stelle in formazione. Uno degli aspetti ancor oggi assai dibattuti di questa fase dell’evoluzione stellare riguarda le velocità con cui le giovani stelle accrescono la loro massa. Gli astronomi ottengono questi valori misurando le luminosità degli astri in diverse lunghezze d’onda della luce e come queste luminosità cambiano nel tempo. Tuttavia, le stime ottenute da misure nella luce visibile e infrarossa risultano maggiori che quelle ricavate da osservazioni nei raggi X. I risultati di questo studio indicano che la luce ad alta energia proveniente dai flussi in materiale caduta viene parzialmente assorbita dall’atmosfera esterna della stella, facendo sottostimare il tasso di accrescimento e riconciliando così le differenze osservate.  Il team ha anche scoperto che i lampi ultravioletti provengono dal materiale in caduta e non dall’atmosfera solare circostante. “Se le giovani stelle lontane si comportano allo stesso modo, come è ragionevole ritenere, l’analisi della loro luce ultravioletta può permetterci di conoscere di cosa è fatto il materiale con cui si stanno accrescendo e quindi la composizione del disco circumstellare, ovvero la fonte del materiale che fa accrescere la stella”, spiega Reale.

httpvh://youtu.be/e8cU_zqL5cA

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