ALTERNATIVA NON VALIDA ALL’ENERGIA OSCURA

Scoppia la teoria della bolla cosmica

Il telescopio Hubble fa nuove e accuratissime misure del tasso di espansione dell'Universo. Un colpo mortale a una delle ipotesi più fantasiose per spiegare l'allontamento delle galassie. Commenti di De Zotti (INAF-OA Padova) e Guzzo (INAF-OA Brera).

     15/03/2011

Finisce nel cestino un’altra delle teorie alternative all’energia oscura proposte per spiegare l’espansione dell’Universo. Nuove, accuratissime misure del telescopio spaziale Hubble  fanno a pezzi l’idea che potremmo essere immersi in un’enorme bolla cosmica, estesa per otto miliardi di anni luce, da dentro la quale ci sembra che le galassie si allontanino più rapidamente, quando in realtà sarebbe soltanto un’illusione ottica. Ebbene, quest’ipotesi alquanto fantasiosa oggi tramonta definitivamente. E mentre risuona il De Profundis per la teoria della “bolla cosmica”, risuonano le campane per l’energia oscura, quest’invisibile forza di gravità repulsiva che è ancora la spiegazione più convincente dell’espansione dell’l’Universo a un tasso sempre più veloce.  Ora misurato con la più alta accuratezza di sempre, come riferisce uno studio su Astrophysical Journal.

Il telescopio Hubble è l’Autovelox delle galassie che sfrecciano via. Le osservazioni, condotte dal team SHOES (Supernova H0 for the Equation of State) sotto la guida di Adam Riess, dello Space Telescope Science Institute e Johns Hopkins University di Baltimora, hanno raffinato l’attuale tasso di espansione dell’Universo, con un’incertezza di appena il 3,3 per cento. Il nuovo valore è di 73,8 chilometri al secondo per megaparsec (significa che per ogni milione di parsec, pari a 3,26 milioni di anni luce, che una galassia dista dalla Terra, questa appare allontanarsi alla velocità di 73,8 chilometri al secondo). Rispetto alle precedenti misurazioni, il margine d’errore si riduce del 30 per cento. 

Con la sua nuova Wide Field Camera 3, l’Autovelox Hubble ha preso di mira galassie vicine e lontane (tra cui la galassia a spirale NGC 5584 nella foto, a 72 milioni di anni luce, nella costellazione della Vergine) contenenti particolari stelle pulsanti, chiamate Cefeidi, e alcune supernove di tipo Ia. Gli astronomi hanno usato queste due classi di stelle come “candele standard”. Dato che misurare fisicamente la distanza delle galassie è impossibile, gli astronomi usano sorgenti di cui conoscono la luminosità intrinseca, che poi confrontano con la luminosità apparente osservata da Terra, per dedurne la distanza. “Un po’ come se mettessimo una lampadina di tot Watt su un balcone di fronte a casa: misurando la luminosità che ci arriva, rispetto a quella effettiva, che conosciamo, possiamo calcolare facilmente a che distanza si trova la lampadina”, spiega Luigi Guzzo, astronomo associato dell’INAF-OA di Brera. “Le Cefeidi sono ideali a questo scopo: sono stelle con un periodo di pulsazione variabile, proporzionale alla loro luminosità intrinseca. Le supernove Ia possono essere usate come calibratori”.

Quest’operazione è stata fatta per oltre 600 Cefeidi (metà delle quali analizzate per la prima volta) nei nostri dintorni galattici. Così si è riusciti a ridurre drasticamente l’errore nella stima della costante di Hubble.  Una conseguenza di questa misurazione è che crolla oltre ogni ragionevole dubbio la possibilità dell’esistenza di un’enorme bolla cosmica sottodensa che ci circonda. Questa teoria – una di quelle più azzardate per uscire dal cul-de-sac dell’energia oscura – prevede che ci troviamo dentro una bolla con bassissima densità di materia, che s’espande più velocemente dell’Universo intorno, illudendoci che sia l’Universo a espandersi così velocemente. Quest’ipotesi, però, non sta più in piedi. Sarebbe stata vagamente plausibile solo se il tasso di espansione dell’Universo fosse stato di circa 60-65 chilometri al second per megaparsec. Dato che la stima finale è 73,8, con un errore del 3,3 per cento, ecco che la teoria della bolla cosmica scoppia come una bolla di sapone.

Gli autori hanno fatto un grosso lavoro per aumentare per quanto possibile l’accuratezza nella misura del parametro di Hubble, H_0″, commenta Gianfranco De Zotti, cosmologo dell’INAF-OA di Padova. “In realtà, il modello senza energia oscura era già stato abbandonato, per cui questi dati non fanno che confermarlo”. Dello stesso parere Guzzo: “Si era già molto scettici sulla teoria della bolla cosmica: presuppone che ci troviamo al centro di una bolla immensa, eventualità con una possibilità tendente a zero”. 

Resta sempre dov’è la teoria dell’energia oscura, coerente con altre misurazioni, come la radiazione cosmica di fondo, ma assolutamente occulta. Già Albert Einsten aveva concepito l’esistenza di una forza repulsiva, chiamata costante cosmologica, in grado di controbilanciare la gravità e mantenere l’Universo stabile. La rinnegò, poi, come “l’errore più grande della sua vita”, quando l’astronomo Edwin Hubble, nel 1929, scoprì che l’Universo si espande. Fu solo nel 1998, grazie a due team di ricerca, uno dei quali guidato proprio da Riess, il primo autore dell’articolo apparso su AJ, che emersero le prime evidenze osservative dell’energia oscura su scala cosmologica. “La vera sfidante dell’energia oscura è la gravità modificata”, dice Guzzo. “Se le leggi della gravità non valessero su larga scala, e quindi la relatività generale di Einstein fosse sbagliata a grandissime distanze, allora non ci sarebbe bisogno di contemplare l’energia oscura. Il problema è che attualmente non c’è modo di testare la relatività generale su grandissima scala e quindi rispondere al dilemma”.

Per il momento, ci si è potuti limitare a misurare con sempre maggior precisione la costante di Hubble. “A cascata, migliorano le conoscenze di tutti i parametri cosmologici”, specifica Guzzo. Ma l’avventura comincerà quando andremo a vedere che cosa davvero si nasconde dietro l’energia oscura, ammesso che esista. Ed è proprio quello che spera di fare la missione Euclid in lizza nel concorso Cosmic Vision dell’ESA.