IL TEAM COORDINATO DA SERGIO MOLINARI

Dai dati Herschel la mappa della Via Lattea

Le sbalorditive immagini prese da Herschel evidenziano la formazione di una superstella destinata a diventare come 200 volte il Sole. Una dimensione incredibile ma già conosciuta e in apparente contraddizione con le teorie date dalle attuali conoscenze. Herschel potrebbe permettere di risolvere uno dei paradossi dell'astronomia.

     07/05/2010

I primi risultati delle osservazioni del satellite Herschel stanno rivelando dettagli sconosciuti sulla formazione delle stelle. Queste nuove immagini mostrano migliaia di galassie lontane che stanno “furiosamente” costruendo stelle e bellissime nuvole di stelle in formazione che drappeggiano i contorni della Via Lattea. Tra queste anche una foto che ritrae un’ “impossibile” stelle nella sua fase di formazione.

Si tratta di una ‘superstella’, destinata a diventare grande come 2.000 soli, anche se ancora in stato embrionale. La superstella, chiamata Rcw 120, è già 8-10 volte più grande del Sole. Il telescopio, lanciato circa un anno fa, ha certificato anche che la velocità di formazione delle stelle è diminuita nel corso degli ultimi 3 miliardi di anni, quando “questo processo avveniva a un ritmo cinque volte superiore a quello che riscontriamo oggi” ha dichiarato Steve Eales, scienziato dell’Esa. Il rallentamento di questo processo era già noto, ma grazie al telescopio è stato possibile misurarlo per la prima volta. Herschel, grazie a una tecnologia a infrarossi e uno specchio quattro volte più grande dei satelliti ad infrarosso precedenti e una volta e mezzo quello di Hubble, ha permesso di vedere delle galassie finora nascoste da nubi di polvere cosmica. Sono in gran parte a forma di spirale, come la Via Lattea. Lanciato nel maggio del 2009, Herschel si trova a 1 milione e mezzo di chilometri dalla Terra e permette di osservare galassie che si trovano anche a 4 miliardi di anni luce.

Secondo Annie Zavagno dei laboratori di astrofisica di Marsiglia questa stella può soltanto diventare ancora più grande. Le stelle massive sono rare e hanno vita breve. Osservarne una durante la sua fase di formazione è un’opportunità unica per cercare di risolvere uno dei paradossi dell’astronomia. Secondo le attuali conoscenze, dice Annie Zavagno, non dovrebbe essere possibile la formazione di stelle più grandi di otto volte la massa del Sole. Questo perché l’intensità del calore emesso è tale che dovrebbe spazzar via le nubi della loro nascita prima che possa essere accumulata maggiore massa. Eppure in qualche modo si formano. Molte di queste stelle impossibili sono già conosciute, in qualche caso hanno massa fino a 150 volte il Sole. Ora, grazie alle osservazioni di Herschel, gli astronomi hanno la possibilità di studiare come ciò sia possibile.

Ma i dati di Herschel permetteranno di produrre una mappa della parte interna della Via Lattea a cui stanno lavorando 130 astronomi di tutto il mondo coordinati da Sergio Molinari, dell’Istituto di Fisica dello Spazio Interplanetario dell’Istituto Nazionale di Astrofisica (Ifsi-Inaf).

“Le prime immagini che sono state mostrate sono sbalorditive. Stiamo lavorando alla mappa della parte più interna della galassia, più calda e turbolenta, fino a sfiorare la periferia, più tranquilla e dove si formano meno stelle”, ha detto Molinari a RepubblicaTv (in video sul canale Astrochannel dell’INAF) a margine della conferenza stampa organizzata a Noordwijk (Olanda), nel centro di ricerca dell’Esa (su Astrochannel il video dell’ESA sulla missione). La porzione della galassia esplorata nel progetto si estende da 8.000 fino a 30.000 anni luce.

Al progetto, chiamato Hi-Gal (Herschel Infrared Galactic plane survey), il ruolo dell’Italia è rilevante. All’apporto finanziario dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) si unisce un forte contributo scientifico. L’INAF è presente con  gli istituti IFSI-Roma, Osservatorio di  Arcetri, Osservatorio di Catania, IRA-Bologna, a cui di devono aggiungere i Dipartimenti di Fisica di Università di Tor Vergata e dell’Università La Sapienza di Roma, e dell’Università del Salento di Lecce.

“Gli strumenti stanno lavorando benissimo”, ha detto ancora Molinari, e promettono di rispondere alla domanda chiave gli rivolgono i ricercatori: “Vogliamo capire perché nella galassia c’è questa diversità fra il centro, così attivo, e la periferia, quali sono le condizioni che fanno sì che la formazione delle nuove stelle avvenga nella zona centrale”.

Proprio come nelle città, vita e movimento si trovano al centro, ma adesso i ricercatori vogliono sapere perché: “E’ una sfida capire come avviene la formazione delle stelle, soprattutto per le più grandi”, ha detto il coordinatore del progetto. “La cosa sbalorditiva – ha concluso – è avere in un’unica immagine tutto il ciclo vitale delle stelle”: dalla macchia rossastra della materia più fredda (quasi vicina allo zero assoluto) indispensabile per “accendere” una stella, alla ragnatela di filamenti che funzionano come incubatori nei quali gli embrioni delle stelle possono crescere nelle condizioni ottimali. “Poter avere finalmente dati come questi – ha concluso – significa poter capire l’evoluzione delle glassie”.