ITALIA SECONDA PER INQUINAMENTO LUMINOSO TRA I PAESI G20

Luce in Valpadana

Una fotografia notturna scelta ieri dalla Nasa come immagine del giorno mostra l’Europa (a testa in giù) illuminata vista dalla Stazione spaziale il 30 agosto 2025. La Pianura Padana spicca con città e strade che brillano nel buio circostante. L’Italia è uno dei territori con più luce notturna e questa foto, oltre il fascino della vista dallo spazio, racconta di scelte energetiche, urbanizzazione e della perdita del buio

     26/11/2025

No, non stiamo parlando della nuova canzone di Cochi e Renato, ma di una delle ultime immagini notturne della Terra scattate dallo spazio. Questa in particolare è centrata sull’Europa, e una delle regioni che colpisce di più per intensità, continuità e densità della luce è senza dubbio la Pianura Padana. Nella fotografia scattata il 30 agosto 2025 dall’astronauta Kimiya Yui dell’agenzia aerospaziale giapponese Jaxa a bordo della Stazione spaziale internazionale (Iss), proposta ieri sul sito Nasa come immagine del giorno, l’Europa meridionale appare come una mappa luminosa che racconta, meglio di qualsiasi grafico o statistica, quanto l’uomo abbia ridisegnato la notte.

Luci della città e bagliore atmosferico nella foto proposta dalla Nasa: ritrae l’Europa di notte, in particolare le zone della Francia e dell’Italia (l’orientamento è ribaltato, con il nord verso il basso e il sud verso l’alto). Sono riconoscibili le metropoli del Nord Italia, la Pianura Padana e la costa ligure e adriatica. Crediti: Jaxa/Kimiya Yui

A un’altitudine di circa 400 chilometri, lo sguardo degli astronauti dall’orbita bassa permette di cogliere simultaneamente città, strade, coste e rilievi montuosi e, in questo quadro, la Pianura Padana emerge come un vero e proprio “mare di luce” continuo, che si estende dalle Alpi fino all’Adriatico, punteggiato e rafforzato dai grandi poli urbani di città come Milano e Torino, ma soprattutto riempito dagli innumerevoli centri medi e piccoli, collegati da una rete ormai quasi ininterrotta di illuminazione pubblica, industriale e infrastrutturale.

Dal punto di vista geografico e atmosferico, la Pianura Padana è una delle aree più particolari d’Europa. È un bacino chiuso, circondato su tre lati da catene montuose — Alpi e Appennini — che limitano la dispersione degli inquinanti. Questa stessa conformazione che favorisce l’accumulo di smog di giorno amplifica anche, di notte, gli effetti dell’inquinamento luminoso. Nell’immagine notturna fornita dalla Nasa, la pianura si presenta come una vasta superficie lattiginosa, più luminosa rispetto alle zone montane circostanti. Non è solo la quantità di lampioni a fare la differenza, ma il modo in cui la luce interagisce con l’atmosfera: aerosol, particolato fine e umidità diffondono l’illuminazione artificiale, creando quel fenomeno noto come skyglow, il bagliore del cielo notturno.

Per gli scienziati, quest’area del nord Italia è diventata un laboratorio ideale — seppur involontario — per studiare l’impatto combinato di urbanizzazione, inquinamento atmosferico e illuminazione artificiale. L’elevata densità abitativa, la presenza di infrastrutture diffuse e le particolari condizioni meteorologiche ne fanno una delle aree più osservate nelle immagini notturne satellitari. In Pianura Padana il cielo naturale è ormai quasi del tutto assente. Studi astronomici e ambientali mostrano che in molte aree non è più possibile osservare la Via Lattea nemmeno nelle notti perfettamente serene e che questa zona pianeggiante è indicata come una delle aree più luminose del pianeta, paragonabile alle regioni urbane più dense del Nord America e dell’Asia orientale. Basti considerare che l’Italia e la Corea del Sud sono in cima alla classifica dei paesi del G20 per il livello di inquinamento luminoso, secondo l’Atlante globale dell’inquinamento luminoso. Dallo spazio, questo si traduce in una luminosità uniforme, che cancella i confini tra città e campagna e trasforma l’intera regione in una conurbazione luminosa unica nel suo genere.

Uno degli elementi più interessanti dell’immagine è la differenza cromatica tra le luci francesi e quelle italiane. A ovest, sopra la Francia, il colore dominante è un giallo caldo; a est, sopra l’Italia, prevale invece un bianco freddo, talvolta tendente all’azzurro. Questa differenza non è casuale né estetica, ma il risultato di scelte tecnologiche e normative. Negli ultimi anni la Francia ha adottato in modo sistematico led a temperatura di colore più bassa (generalmente intorno ai 2700–3000 kelvin), che emettono meno luce blu. L’Italia, al contrario, ha spesso puntato su led a temperatura più elevata (4000 kelvin o più), spinti da criteri di efficienza energetica e resa luminosa, ma senza una valutazione altrettanto rigorosa degli effetti ambientali. La luce blu, infatti, ha una lunghezza d’onda corta ed è molto più facilmente diffusa dall’atmosfera attraverso il cosiddetto scattering di Rayleigh, lo stesso meccanismo che rende il cielo diurno azzurro. Il risultato è un fondo cielo più brillante, visibile anche a grande distanza dalla sorgente luminosa. In altre parole, una lampada “bianca fredda” non illumina solo la strada sottostante, ma contribuisce in modo sproporzionato a illuminare il cielo. Dall’orbita, questa scelta tecnologica diventa immediatamente evidente: l’Italia appare più “fredda”, più abbagliante, meno rispettosa del buio naturale rispetto alla Francia. È abbastanza automatico dedurre che illuminare meglio non significa illuminare di più; significa illuminare in modo intelligente, rispettando l’ambiente, la salute e il diritto collettivo a un cielo notturno autentico.

Dal punto di vista dell’inquinamento luminoso l’Italia è il paese del G20 con il territorio più inquinato al mondo, insieme alla Corea del Sud. Crediti per la mappa: https://lightpollutionmap.app/ (la posizione approssimativa della foto dalla Iss, qui ruotata, è stata indicata in sovraimpressione)

Ma perché è importante parlare di inquinamento luminoso? Non è solo una questione astronomica, anche se ovviamente le attività di osservazione del cielo ne risentono moltissimo. L’illuminazione notturna eccessiva e mal progettata, ad esempio, ha effetti documentati anche sulla biodiversità, alterando i cicli di vita di insetti, uccelli e mammiferi, e sulla salute umana, interferendo con i ritmi circadiani e la produzione di melatonina. 

Le immagini dallo spazio, come questa dalla Stazione spaziale, sono a tutti gli effetti uno strumento potentissimo di comunicazione scientifica: mostrano con grande immediatezza ciò che a terra spesso si percepisce solo in modo frammentario. La fotografia fa parte del programma Crew Earth Observations (Ceo) della Nasa, un’eredità diretta delle prime missioni umane nello spazio. Fin dai tempi delle missioni Mercury, gli astronauti hanno fotografato la Terra con camere portatili, offrendo un punto di vista unico e insostituibile. Oggi il programma coordina quotidianamente l’attività fotografica degli equipaggi sulla Iss. Astronauti addestrati all’osservazione scientifica documentano fenomeni geologici, oceanografici, atmosferici e antropici. A differenza dei satelliti automatici, gli esseri umani possono reagire in tempo reale, scegliere angolazioni particolari, catturare eventi transitori come aurore, incendi, tempeste o, appunto, il delicato equilibrio tra città, atmosfera e buio notturno. Un aspetto cruciale del programma è il supporto al monitoraggio di alluvioni, eruzioni vulcaniche, uragani e altri eventi estremi. Inoltre, nel lungo periodo, l’archivio Ceo costituisce una memoria visiva del cambiamento del pianeta: espansione urbana, deforestazione, ritiro dei ghiacciai, trasformazione delle coste.

Così, anche le luci della Pianura Padana, viste notte dopo notte, raccontano una storia di crescita continua, ma pongono anche una domanda urgente: quanto siamo disposti a sacrificare del cielo notturno in nome della luce artificiale?

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