Per la mitologia greca, le Pleiadi sono le Sette sorelle, figlie di Atlante e Pleione, inseguite da Orione e messe in salvo in cielo da Zeus. Da allora, una di loro sembra essersi smarrita: i racconti antichi parlano di una stella scomparsa, invisibile all’occhio umano. Oggi, duemilacinquecento anni dopo la nascita di quel mito, la leggenda si arricchisce di un nuovo capitolo: le Sette sorelle non hanno solo ritrovato quella compagna perduta, ma migliaia di altre sorelle sparse nel cielo.

Le Pleiadi sono un ammasso aperto composto da circa tremila stelle situato a una distanza di 400 anni luce dalla Terra nella costellazione del Toro. Sono anche conosciute come “le Sette sorelle” o con le denominazioni astronomiche Ngc 1432/35 e M45. Crediti: Nasa, Esa, Aura/Caltech, Palomar Observatory
Un team di astronomi dell’Università della Carolina del Nord a Chapel Hill (Unc-Chapel Hill) ha scoperto che il celebre ammasso stellare delle Pleiadi — il piccolo grappolo di luci azzurre che domina il cielo invernale nel Toro — è soltanto il cuore luminoso di una famiglia stellare molto più vasta. Combinando i dati del Transiting Exoplanet Survey Satellite (Tess) della Nasa e del telescopio spaziale Gaia dell’Agenzia spaziale europea con quelli della Sloan Digital Sky Survey (Sdss), gli autori dello studio hanno individuato migliaia di stelle coeve, nate dallo stesso evento di formazione stellare, circa cento milioni di anni fa. La struttura, battezzata Greater Pleiades Complex, si estende per quasi duemila anni luce, venti volte più grande – greater, appunto–di quanto si pensasse in precedenza.
«Questo studio cambia radicalmente la nostra visione delle Pleiadi», dice Andrew Boyle della Unc-Chapel Hill, primo autore dell’articolo che riporta il risultato, pubblicato ieri su The Astrophysical Journal. «Non sono più solo sette stelle brillanti, ma migliaia di sorelle perdute da tempo sparse su tutto il cielo».
Per ricostruire la genealogia di quest’immensa famiglia, il team ha utilizzato un metodo innovativo: la rotazione stellare come “orologio cosmico”. Le stelle, incluso il nostro Sole, nascono in nubi molecolari giganti: sacche di gas e polvere che collassano per l’effetto della gravità, formando gruppi di stelle giovani in stretta vicinanza. Questi gruppi – chiamati ammassi aperti o associazioni stellari – restano “legati” per un certo tempo, ma col passare di decine o centinaia di milioni di anni le forze galattiche, la dispersione e le interazioni gravitazionali le sganciano, rendendo difficile ricostruire l’origine comune. E così le stelle giovani ruotano rapidamente su se stesse, mentre quelle più vecchie rallentano nel tempo a causa dell’interazione con venti stellari e campi magnetici — un fenomeno noto come “braking magnetico”. Osservare la rotazione, dunque, può dare indizi sull’età di una stella.

Questa mappa stellare mostra l’estensione completa del Greater Pleiades Complex così come apparirebbe nel cielo notturno di Pasadena se tutte le stelle che lo compongono fossero visibili. Delle 3019 stelle che compongono il complesso, 1631 sono visibili sopra l’orizzonte. Le sette stelle che compongono la costellazione delle Pleiadi, o Sette sorelle, sono al centro indicate in verde, mentre tutti gli altri membri del complesso sono in bianco. Il Grande Carro, Orione e il Toro sono sovrapposti in blu. Crediti: Andrew Boyle/Università della Carolina del Nord a Chapel Hill
Combinando le misure di rotazione di migliaia di stelle ottenute dal Tess, i dati precisi sulla loro posizione, distanza e moto nello spazio ottenuti da Gaia e i dati spettroscopici sulle abbondanze chimiche e l’omogeneità della composizione stellare presenti nella Sloan Digital Sky Survey, il team è riuscito a identificare oltre tremila stelle imparentate con le Pleiadi, oggi disperse in direzioni diverse della galassia. Il risultato è una mappa tridimensionale sorprendente: un gigantesco filamento di stelle con età, composizione chimica e traiettorie coerenti, nate tutte dalla stessa nube molecolare gigante. Alcuni ammassi precedentemente noti — e creduti indipendenti — si sono rivelati membri della stessa famiglia stellare. In pratica, il nucleo tradizionale delle Pleiadi, le “Sette sorelle” visibili a occhio nudo, è solo la parte più densa e luminosa di un’associazione molto più ampia di astri di uguale età, composizione e moto nati nella stessa nursery stellare.
Se da tempo si sapeva che le Pleiadi sono stelle relativamente giovani (circa cento milioni di anni) e vicine (circa 445 anni luce da noi), la nuova ricerca mostra che non sono un “pezzo isolato”, bensì il cuore ancora osservabile di un’associazione in dissoluzione. «Ogni missione spaziale e strumento ci ha fornito un’informazione essenziale: Gaia ci ha mostrato i movimenti stellari, Tess la loro rotazione, Sdss la chimica. Da soli, i dati provenienti da ciascuna missione erano insufficienti per rivelare l’intera struttura. Solo unendo il tutto è emerso un quadro coerente, il disegno è apparso chiaro e siamo stati in grado di identificare con certezza i nuovi “membri familiari” delle Pleiadi», ha spiegato Boyle. «È stato come assemblare un puzzle cosmico, in cui ogni set di dati forniva un pezzo diverso del puzzle più grande».
Una scoperta che, oltre a ridefinire le Pleiadi, apre la strada a un nuovo modo di studiare la formazione stellare nella Via Lattea. Con questo approccio, gli astronomi potranno datare centinaia di migliaia di stelle nella nostra galassia, ricostruire le genealogie di centinaia di ammassi stellari, tracciare i legami di parentela cosmica che uniscono stelle oggi lontane migliaia di anni luce. Se le Pleiadi sono parte di un insieme molto più vasto, è plausibile che molti altri ammassi apparentemente indipendenti siano il residuo di famiglie stellari estese. Il metodo potrebbe perfino aiutare a cercare il “clan” del Sole e rispondere a domande affascinanti: da quale famiglia proviene la nostra stella? In quale mega-nursery ha avuto origine? Quali sono le nostre sorelle stellari sparse nella galassia?
Tornando alle Pleiadi, con una storia così affascinante non stupisce che, dopo il Sole e la Luna, siano da millenni un riferimento universale. Appaiono nell’antico disco di Nebra, nel Libro di Giobbe e nel Talmud, vengono celebrate come Matariki in Nuova Zelanda, e rappresentano l’unione nel logo delle automobili giapponesi Subaru. Tornando alla mitologia greca, laddove si narrava che una delle sorelle fosse nascosta per la vergogna o per il dolore: oggi, la scienza ci rivela che non solo quella stella non era mai andata perduta, ma che dietro di lei si estende una sterminata famiglia, un gruppo brillante di stelle che, da sempre, incuriosisce navigatori, poeti, astronomi e osservatori del cielo.

Il disco celeste di Nebra è considerato la più antica rappresentazione concreta dei fenomeni astronomici. Raffigura le Pleiadi, oltre al Sole, alla Luna e ad altre stelle. Crediti: Landesmuseum Für Vorgeschichte, Lda Sachsen-Anhalt, Juraj Lipták/Wikimedia Commons
«Le Pleiadi hanno svolto un ruolo centrale nelle osservazioni delle stelle da parte dell’uomo sin dall’antichità», conclude Luke Bouma, ricercatore ai Carnegie Science Observatories di Pasadena, coautore dello studio. «Il nostro lavoro segna un grande passo avanti nella comprensione di come le Pleiadi siano cambiate dalla loro nascita, avvenuta cento milioni di anni fa, a oggi».
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “Lost Sisters Found: TESS and Gaia Reveal a Dissolving Pleiades Complex”, di Andrew W. Boyle, Luke G. Bouma e Andrew W. Mann






