LA RISPOSTA ARRIVA DALLE STELLE VARIABILI

Quanti anni hanno gli ammassi aperti?

Uno studio realizzato utilizzando dati Gaia ha investigato 35mila stelle variabili in 1200 ammassi aperti della nostra galassia, svelando che alcuni tipi di stelle variabili forniscono un indicatore dell’età degli ammassi stellari. Si tratta di un metodo innovativo di datazione degli ammassi che non necessita di modelli complicati. La lettera che riporta la scoperta è uscita questo mese su A&A

     27/08/2025

Gli ammassi aperti sono gruppi di stelle che si formano nella stessa epoca dallo stesso materiale, legate reciprocamente dalla forza di gravità. Le stelle variabili sono astri volubili, la cui luminosità cambia con regolarità e le cui pulsazioni servono agli scienziati per indagare gli interni stellari e per stimare le distanze nell’universo.

Sinora gli scienziati hanno studiato gli ammassi aperti e le stelle variabili separatamente. Oggi, gli astronomi Richard Anderson dell’École Polytechnique Fédérale de Lausanne e Emily Hunt del Max Planck Institute for Astronomy hanno deciso di unire le due prospettive, investigando le stelle variabili negli ammassi aperti.

Esempio di ammasso aperto. Le stelle di Trumpler 14 sfolgorano a 8mila anni luce dalla Terra. Crediti: Nasa, Esa, J. Maíz Apellániz, N. Smith

Ne hanno studiate ben 35mila, di stelle variabili, distribuite in 1200 ammassi aperti nella nostra galassia, sfruttando i dati del satellite Gaia dell’Agenzia Spaziale Europea, andato in pensione a inizio anno. I risultati sono riportati in una lettera uscita questo mese su Astronomy & Astrophysics.

Il vantaggio di un approccio di questo tipo è che va a studiare le stelle variabili non come enti isolati della Via Lattea, ma in relazione alla famiglia di stelle in cui si sviluppano, andando a colmare alcune delle lacune esistenti sull’evoluzione stellare. «Si tratta di una novità scientifica nel modo in cui ampi campioni di ammassi stellari e stelle variabili vengono analizzati insieme», afferma Anderson. «Questo crea delle sinergie, perché i due approcci forniscono informazioni complementari».

I ricercatori si sono focalizzati sulle stelle negli ammassi aperti entro 6500 anni luce dalla Terra, di cui Gaia ha registrato con precisione posizione, colore e magnitudine apparente – quanto una stella ci appare brillante. Questo limite in lontananza dal nostro pianeta è stato scelto per garantire la solidità dei risultati ottenuti. Gli scienziati si sono dunque soffermati sulle stelle variabili presenti negli ammassi, e in particolare su caratteristiche quali l’età, la magnitudine e la distanza. Tenendo conto della posizione delle stelle variabili negli ammassi e di come il loro numero cambia in base all’età dell’ammasso, gli autori dello studio sono riusciti a svelare nuovi percorsi nel ciclo vitale delle stelle.

Esempio di stella variabile nella Galassia di Andromeda. Le variazioni di luminosità della stella, in questo caso una variabile di tipo Cefeide, sono catturate dal telescopio spaziale Hubble in giorni diversi, come si vede nei quattro riquadri. Crediti: Nasa, Esa, Hubble Heritage Project, Robert Gendler

In particolare, si è visto che almeno una stella su cinque negli ammassi subisce variazioni della sua luminosità nel corso del tempo. Gli ambienti più favorevoli a stelle variabili di vario tipo sembrerebbero gli ammassi più giovani, a differenza di quelli più evoluti, che ospitano più stelle con un ciclo vitale simile a quello del Sole. Certe tipologie di stelle variabili costituirebbero inoltre degli indicatori di età degli ammassi, offrendo agli astronomi un nuovo metodo per derivare le età di questi gruppi di stelle che non necessita dell’utilizzo di modelli complicati.

I ricercatori hanno costruito un diagramma di Hertzsprung-Russell, strumento chiave dell’astrofisica stellare, che mostra la distribuzione delle diverse famiglie di stelle variabili analizzate nello studio. I cataloghi stellari utilizzati da Anderson e collaboratori sono stati resi pubblici. Nel loro studio, hanno utilizzato le informazioni derivanti dalla terza release di dati Gaia, resi pubblici nel 2022.

Benché il satellite non sia più funzionante, per i prossimi anni si aspettano nuove, avvincenti scoperte grazie alle future release di dati dello strumento, che ha osservato durante le sue attività quasi due miliardi di stelle. «Il nostro lavoro è un’anticipazione di ciò che verrà con Gaia (quarta e quinta release di dati), che rivoluzionerà lo studio delle popolazioni stellari attraverso le variazioni della loro luminosità», conclude Anderson. «Siamo fatti di polvere di stelle. Comprendere la vita delle stelle e la fisica che le governa è fondamentale per comprendere le nostre origini e il nostro posto nel cosmo».

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