Nel cuore di molte galassie osserviamo buchi neri che brillano come fari cosmici nell’universo. Ce ne sono però altre che ospitano buchi neri silenziosi e nascosti, che sembrano addormentati. Questi non emettono radiazioni, non divorano gas o polvere presenti nei loro dintorni e restano in letargo per anni. Ma basta che una stella, poco fortunata, imbocchi l’orbita “sbagliata” e si avvicini troppo, ed ecco che il mostro si risveglia. Questo risveglio improvviso e catastrofico è noto come evento di distruzione mareale (o Tde, dall’inglese tidal disruption event). È proprio il tipo di fenomeno che è stato osservato per la prima volta con chiarezza in galassie ricche di polvere dal James Webb Space Telescope (Jwst) della Nasa: un team internazionale, guidato dal Massachussetts Institute of Technology (Mit), ha identificato quattro Tde in galassie piene di polvere, dove i buchi neri dormienti si sono attivati improvvisamente per “divorare” una stella di passaggio. Lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal Letters.

Gli astronomi del Mit, della Columbia University e di altri istituti hanno utilizzato il James Webb Space Telescope della Nasa per scrutare attraverso la polvere di galassie vicine e osservare ciò che resta del banchetto stellare di un buco nero. Crediti: Nrao/Aui/Nsf/Nasa
Dagli anni Novanta sono stati osservati circa un centinaio di eventi di distruzione mareale, principalmente sotto forma di luce X o ottica che lampeggia in galassie relativamente prive di polvere. Tuttavia, potrebbero esserci molti più eventi di questo genere nell’universo, nascosti dalla presenza di polvere e gas. Ed è proprio qui che entra in gioco il Jwst, progettato per osservare la radiazione infrarossa, capace di penetrare la polvere interstellare.
Il team ha puntato il telescopio spaziale verso quattro galassie ricche di polvere, selezionate in precedenza come possibili sedi di Tde grazie a un’analisi basata sui dati della missione Neowise della Nasa. L’elevata sensibilità del James Webb ha reso possibile la rilevazione di firme chimiche caratteristiche del processo di accrescimento di un buco nero, ossia quando il materiale – come i detriti stellari – viene attirato a spirale verso il centro della galassia. L’indizio chiave trovato da Webb è la presenza, in tutte e quattro le sorgenti osservate, di emissioni infrarosse molto specifiche legate ad atomi di neon fortemente ionizzati. Un segnale che può essere prodotto solo da una sorgente estremamente energetica, come un buco nero in fase di accrescimento.
Ma sorge una domanda: le osservazioni indicano un accrescimento temporaneo innescato da un Tde, oppure si tratta di buchi neri già attivi e costantemente in attività? Grazie alla sensibilità di Webb, è stato possibile tracciare le lunghezze d’onda dell’infrarosso associate alla presenza di silicati, cioè di polvere nelle galassie. Analizzando la loro distribuzione attorno ai buchi neri delle quattro sorgenti, il team ha scoperto che queste galassie non mostrano la tipica struttura “a ciambella” che caratterizza le galassie attive. Questo è un chiaro segnale che si tratta di buchi neri dormienti: rimangono silenziosi per milioni di anni, finché una stella di passaggio non li risveglia.
Questi potrebbero essere i primi di una lunga serie di eventi di distruzione mareale nascosti ancora da scoprire. Combinando i dati di vari telescopi infrarossi, come Neowise e Jwst, il team spera di costruire un catalogo sempre più ricco di questo tipo di eventi. Inoltre, ogni Tde potrebbe diventare uno strumento prezioso per misurare la massa, la rotazione e il comportamento del buco nero coinvolto.
Per saperne di più:
- Leggi su The Astrophysical Journal Letters l’articolo “JWST’s First View of Tidal Disruption Events: Compact, Accretion-driven Emission Lines and Strong Silicate Emission in an Infrared-selected Sample”, di Megan Masterson, Kishalay De, Christos Panagiotou, Erin Kara, Wenbin Lu, Anna-Christina Eilers, Muryel Guolo, Armin Rest, Claudio Ricci e Sjoert van Velzen






