Per gli astronomi dell’Università della California, Irvine, oltre 200 degli esopianeti a oggi noti hanno molto probabilmente “una taglia in più”. In altre parole, sono più grossi del previsto.
Premesso che, date le distanze in gioco e il fatto che i pianeti extrasolari non emettono luce propria ma riflettono quella della loro stella, appaiono troppo deboli per poterne ottenere immagini dirette – a parte rarissimi casi – quello che spesso si fa è attendere che il pianeta transiti davanti alla sua stella per misurare la lievissima attenuazione della luce stellare che questo parziale oscuramento comporta.

Un esopianeta davanti alla sua stella, con diverse altre stelle sullo sfondo. Se non corretta, la luce proveniente dalle stelle sullo sfondo può portare a sottostimare le dimensioni dell’esopianeta. La griglia quadrata rappresenta i singoli pixel del satellite Tess della Nasa. Crediti: Nikolai Berman / Uc Irvine
Studiando le osservazioni di centinaia di esopianeti rilevati dal Transiting Exoplanet Survey Satellite (Tess) della Nasa, i ricercatori hanno scoperto che la luce stellare osservata per carpire il passaggio del pianeta può essere “contaminata” dalla luce emessa dalle stelle vicine. Questo può far apparire il pianeta più piccolo di quanto sia in realtà, perché i pianeti più piccoli bloccano meno luce rispetto a quelli più grandi. In altre parole, non è il pianeta a essere più piccolo… è la stella che sembra più luminosa.
Te Han, primo autore dello studio, ha raccolto centinaia di ricerche sugli esopianeti scoperti dalla missione Tess della Nasa e li ha classificati in base al metodo utilizzato per misurarne i raggi, in modo da poter stimare, con l’aiuto di un modello computerizzato, il grado di distorsione di tali misurazioni dovuto alla contaminazione luminosa proveniente dalle stelle vicine. Per farlo, ha sfruttato le osservazioni di un’altra missione satellitare, Gaia, per quantificare l’entità della contaminazione luminosa che influenza le rilevazioni di Tess.
«I dati di Tess sono contaminati e il modello personalizzato di Te Han corregge meglio di chiunque altro la contaminazione», spiega Paul Robertson. «Quello che abbiamo scoperto con questo studio è che questi pianeti potrebbero essere sistematicamente più grandi di quanto inizialmente pensato. Ciò solleva la domanda: quanto sono comuni i pianeti delle dimensioni della Terra?».
Il numero di esopianeti ritenuti di dimensioni simili a quelle della Terra era già esiguo. «Dei sistemi planetari singoli scoperti finora da Tess, solo tre si pensava avessero una composizione analoga a quella terrestre», dice Han. «Con questa nuova scoperta, tutti risultano in realtà più grandi di quanto si pensasse».
Anziché essere pianeti rocciosi come la Terra, sono molto probabilmente “mondi acquatici”: pianeti coperti da un unico oceano che tendono a essere più grandi della Terra, oppure pianeti gassosi ancora più grandi, come Urano o Nettuno. Ciò potrebbe avere un impatto sulla ricerca della vita su pianeti lontani, perché sebbene i mondi acquatici possano ospitarla, potrebbero non avere le stesse caratteristiche che favoriscono la vita su pianeti come la Terra.
Han e il suo team intendono utilizzare i nuovi dati per riesaminare pianeti precedentemente ritenuti inabitabili a causa delle loro dimensioni, perché magari – alla luce delle nuove correzioni proposte – qualche pianeta giudicato troppo piccolo è in realtà delle dimensioni giuste. Inoltre, invitano altri ricercatori a prestare attenzione nell’interpretazione dei dati provenienti da satelliti come Tess.
A tal proposito, anche il telescopio spaziale Cheops (Characterising Exoplanets Satellite) potrebbe essere in grado di misurare il vero girovita di questi pianeti. «Cheops potrebbe certamente dare un contributo importante, in quanto è un telescopio progettato proprio con lo scopo di ottenere misure ultra-precise delle dimensioni dei pianeti», commenta a Media Inaf Gaetano Scandariato, responsabile nazionale di Cheops e ricercatore all’Inaf di Catania, non direttamente coinvolto in questo studio ma esperto di esopianeti. «Infatti, già diverse volte in passato Cheops ha dimostrato di potere migliorare le misure delle dimensioni dei pianeti scoperti da Tess. Inoltre, bisogna anche considerare che Cheops ha una vista “più acuta” di Tess: in alcuni casi infatti potrebbe riuscire a distinguere stelle che, in virtù delle loro coordinate ravvicinate, si sovrappongono nelle immagini di Tess. Questo può risolvere, o almeno mitigare, il problema della contaminazione delle curve di luce fornite da Tess».
Per saperne di più:
- Leggi su Astrophysical Journal Letters l’articolo “Hundreds of TESS Exoplanets Might Be Larger than We Thought” di Te Han, Paul Robertson, Timothy D. Brandt, Shubham Kanodia, Caleb Cañas, Avi Shporer, George Ricker e Corey Beard






