Tranquilla non lo è stata mai, la luna gioviana Io: con i suoi oltre quattrocento vulcani è l’oggetto geologicamente più attivo del Sistema solare. Ma un’eruzione come quella registrata il 27 dicembre scorso dalla suite di strumenti a bordo della sonda della Nasa Juno gli scienziati non l’avevano mai vista: la potenza stimata sprigionata dal cosiddetto hot spot – il sito dell’eruzione, che copre un’area di 100mila km quadrati nell’emisfero sud di Io (vedi immagine qui sotto) – è di almeno 80mila miliardi di watt. Una potenza pari a sei volte quella di tutte le centrali elettriche presenti sulla Terra.
L’enorme hot spot è visibile appena a destra del polo sud di Io in questa immagine scattata dall’imager a infrarossi Jiram a bordo della sonda Juno della Nasa il 27 dicembre 2024, durante il flyby della luna gioviana. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/Swri/Asi/Inaf/Jiram
Ad accorgersi dell’imponente evento è stato – nel corso dell’ultimo flyby, il 27 dicembre 2024, a 74mila km dalla luna – uno strumento italiano: lo spettrometro Jiram, (Jovian InfraRed Auroral Mapper). Finanziato dall’Agenzia spaziale italiana (Asi) e utilizzato sotto la responsabilità scientifica dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), Jiram è uno dei dieci strumenti scientifici a bordo di Juno.
«Nel periodo di estensione della missione, Juno aveva già effettuato due flyby molto ravvicinati di Io», ricorda il principal investigator della missione, Scott Bolton del Southwest Research Institute di San Antonio, riferendosi ai sorvoli del dicembre 2023 e del febbraio 2024. «E se ciascuno di essi aveva prodotto dati sulla tormentata luna superiori a ogni nostra aspettativa, i dati dell’ultimo – e più distante – flyby ci hanno veramente stupito. Si tratta dell’evento vulcanico più potente mai registrato sul mondo più vulcanico del Sistema solare – il che è tutto dire».
Progettato per catturare la luce infrarossa emessa dalle regioni interne di Giove, Jiram può spingere il suo sguardo dai 50 ai 70 km al di sotto delle nubi che avvolgono il gigante gassoso. Ma da quando la Nasa ha esteso la missione di Juno, il team ha utilizzato lo strumento anche per studiare le lune Io, Europa, Ganimede e Callisto.
«L’emissione infrarossa – un enorme hot spot – rilevata da Jiram nell’emisfero meridionale di Io è stata così forte da saturare il nostro rivelatore», spiega Alessandro Mura dell’Inaf di Roma, co-investigator della missione Juno e responsabile scientifico di Jiram. «Ma abbiamo comunque prova del fatto che ciò che abbiamo rilevato siano in realtà alcuni hot spot molto vicini fra loro che hanno emesso nello stesso momento, suggerendo la presenza di un vasto sistema di camere magmatiche sotterranee. I dati confermano che si tratta della più intensa eruzione vulcanica mai registrata su Io».
Queste tre immagini di Io acquisite nel 2024 dalla JunoCam a bordo della sonda Juno della Nasa mostrano cambiamenti significativi e visibili della superficie (indicati dalle frecce) vicino al polo sud della luna gioviana. I cambiamenti si sono verificati tra il 66° e il 68° “perigiove”, ovvero il punto dell’orbita di Juno in cui la sonda è più vicina a Giove. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/Swri/Msss; elaborazione delle immagini a cura di Jason Perry
Quanto al responsabile dell’intensa attività eruttiva di Io, compresa quella in atto nell’hot spot osservato da Jiram, è presto detto: Giove. In particolare, l’enorme attrazione gravitazionale che il gigante del Sistema solare esercita su Io. Grande più o meno come la nostra Luna, Io orbita attorno a Giove a distanza ravvicinata, compiendo un giro completo ogni 42.5 ore e seguendo una traiettoria ellittica. Dunque ogni 42.5 ore la sua distanza da Giove tocca un minimo e un massimo, e con essa l’attrazione gravitazionale esercitata dal pianeta. Ciò porta Io a subire in continuazione un’azione di “schiacciamento” alternata a una di “rilascio”, un po’ come una spugna che venga continuamente strizzata e ammollata. Quest’alternanza causa un forte attrito, producendo così un’enorme quantità d’energia e portando alla fusione delle regioni interne della luna. Ecco così spiegata l’origine dei continui pennacchi di lava e cenere che si sprigionano nell’atmosfera di Io attraverso gli oltre quattrocento vulcani che, secondo le stime, ne costellano la superficie.