IL LUNGO VIAGGIO DEGLI ATOMI DI OSSIGENO

Bagliori nella notte marziana

Un team internazionale guidato da scienziati dell'Università di Liegi ha osservato, per la prima volta nel campo del visibile, l'emissione di luce sul lato notturno del pianeta Marte. I nuovi dati, acquisiti dall’orbiter Tgo dell’Esa, forniscono una migliore comprensione delle dinamiche dell’alta atmosfera del Pianeta rosso e delle sue variazioni durante l’anno. I risultati di questo studio sono stati pubblicati su Nature Astronomy

     10/11/2023

Animazione che illustra la dissociazione delle molecole di CO2 nell’atmosfera estiva e il trasporto degli atomi di ossigeno nelle regioni polari invernali. Lì, gli atomi di ossigeno (le sfere rosse) si ricombinano per formare molecole di O2 eccitate che, rilassandosi, emettono luce. Crediti: Esa.

Un team scientifico guidato da ricercatori del Laboratory for Planetary and Atmospheric Physics (Lpap/ Star Research Institute) della Università di Liegi (ULiège) ha appena osservato, per la prima volta, luci nel cielo notturno di Marte utilizzando lo strumento Nomad-Uvis a bordo della sonda Trace Gas Orbiter (Tgo) dell’Agenzia spaziale europea (Esa). Questo strumento fa parte della suite di spettrometri Nomad sviluppata presso il Royal Institute for Space Aeronomy di Uccle e testata e calibrata presso il Centro spaziale di Liegi. Ricordiamo che Tgo è stato inserito in orbita circolare a un’altitudine di 400 chilometri dal suolo marziano nel 2018.

Inizialmente progettato per mappare nell’ultravioletto lo strato di ozono che circonda il pianeta, Nomad-Uvis copre una gamma spettrale che si estende dal vicino ultravioletto al rosso. A questo scopo, lo strumento è solitamente orientato verso il centro del pianeta e osserva la luce solare riflessa dalla superficie planetaria e dall’atmosfera. «Su proposta del nostro laboratorio, lo strumento è stato orientato verso il lembo del pianeta per osservarne l’atmosfera dai bordi», spiega Jean-Claude Gérard, planetologo dell’ULiège. «Nel 2020, avevamo già rilevato la presenza di un’emissione verde tra i 40 e i 150 chilometri di altitudine, presente durante il giorno marziano, dovuta alla dissociazione della molecola di CO2, principale costituente dell’atmosfera, ad opera della radiazione solare ultravioletta».

«Il satellite Tgo, osservando l’atmosfera notturna, ha appena rilevato una nuova emissione tra i 40 e i 70 chilometri di altitudine, dovuta alla ricombinazione degli atomi di ossigeno creati nell’atmosfera estiva e trasportati dai venti verso le alte latitudini invernali», spiega Lauriane Soret, ricercatrice di Lpap. «Lì, gli atomi si ricombinano a contatto con la CO2 per riformare una molecola di O2 in uno stato eccitato, che si rilassa ed emette luce nel campo del visibile». Questa emissione luminosa è concentrata nelle regioni polari a nord e a sud, dove gli atomi di ossigeno convergono nel ramo discendente della gigantesca traiettoria proveniente dall’emisfero opposto. L’intensità dell’emissione è elevata, nel campo del visibile. Questo processo sembra invertirsi ogni mezzo anno marziano, e la luminosità cambia quindi emisfero. Un’emissione simile è stata analizzata su Venere dallo stesso team utilizzando le immagini del satellite Venus Express. Su Venere, gli atomi viaggiano dal lato illuminato dal Sole al lato in ombra, dove emettono lo stesso bagliore di Marte.

Dopo aver evidenziato la presenza di uno strato di luce verde che circonda il pianeta dal lato diurno, i ricercatori hanno individuato l’emissione notturna. «Lo studio proseguirà durante la missione Tgo e ci fornirà preziose informazioni sulla dinamica dell’alta atmosfera marziana e sulle sue variazioni nel corso dell’anno marziano», continua Soret. «Abbiamo notato che un’altra emissione ultravioletta dovuta alla molecola di ossido nitrico (NO) viene osservata anche da Uvis nelle stesse regioni. Il confronto tra le due emissioni consentirà di affinare la diagnosi e identificare i processi coinvolti».

La molecola NO emette luce anche quando gli atomi di ossigeno e azoto si ricombinano. Come per la radiazione della molecola di O2, gli atomi si formano alla luce del sole, vengono trasportati dai venti nell’altro emisfero e si ricombinano durante il moto discendente nelle regioni polari.

«Queste nuove osservazioni sono inaspettate e interessanti per i futuri viaggi sul Pianeta rosso», afferma entusiasta Gérard. «L’intensità del bagliore notturno nelle regioni polari è tale che strumenti semplici e relativamente economici in orbita marziana potrebbero mappare e monitorare i flussi atmosferici. Una futura missione dell’Esa potrebbe portare con sé una telecamera per l’imaging globale. Inoltre, l’emissione è sufficientemente intensa da essere osservabile durante la notte polare dai futuri astronauti in orbita o dal suolo marziano».

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