SONO I PICOFLARES, MILLE VOLTE MENO ENERGETICI DI UN NANOFLARE

Minuscoli getti all’origine del vento solare

La sonda spaziale Solar Orbiter ha scoperto una moltitudine di minuscoli getti di materiale che fuoriescono dalle regioni esterne dell’atmosfera solare. Ogni getto dura dai 20 ai 100 secondi ed espelle il plasma a una velocità di circa 100 chilometri al secondo. Questi getti potrebbero essere la sorgente a lungo cercata del vento solare. Tutti i dettagli su Science

     25/08/2023

Questo mosaico di immagini di Solar Orbiter mostra una moltitudine di minuscoli getti di materiale che fuoriescono dall’atmosfera esterna del Sole, il cui polo sud è a sinistra. I getti scuri sono in realtà lampi luminosi contro la superficie solare. Ciascun getto dura dai 20 ai 100 secondi ed espelle particelle cariche, note come plasma, a una velocità di circa 100 km/s. Questi eventi potrebbero essere la fonte a lungo ricercata del vento solare. Crediti: Esa & Nasa/Solar Orbiter/Eui Team; Lakshmi Pradeep Chitta, Max Planck Institute for Solar System Research

La sonda spaziale Solar Orbiter ha scoperto una moltitudine di minuscoli getti di materiale che fuoriescono dalle regioni esterne dell’atmosfera solare. Ogni getto dura dai 20 ai 100 secondi ed espelle il plasma a una velocità di circa 100 chilometri al secondo. Questi getti potrebbero essere la sorgente a lungo cercata del vento solare.

Il vento solare è costituito da particelle cariche che vengono emesse continuamente dal Sole. Si propaga attraverso lo spazio interplanetario, scontrandosi con qualsiasi cosa si trovi sul suo cammino. Alcune volte ne vediamo gli effetti. Ad esempio, quando il vento solare si scontra con il campo magnetico terrestre, produce le bellissime aurore polari.

Sebbene il vento solare sia una caratteristica fondamentale del Sole, capire come e dove viene generato non si sta rivelando affatto semplice ed è stato al centro di numerosi studi, per decenni. Ora, grazie alla sua strumentazione all’avanguardia, Solar Orbiter ci ha permesso di compiere un importante passo avanti nella comprensione della sua genesi.

In un articolo pubblicato oggi su Science viene presentata l’analisi delle immagini del polo sud del Sole scattate il 30 marzo 2022 dallo strumento Extreme Ultraviolet Imager (Eui) – che osserva il plasma solare a milioni di gradi a una lunghezza d’onda di 17,4 nanometri. Tali immagini rivelano una moltitudine di caratteristiche deboli e di breve durata associate a piccoli getti di plasma espulsi dall’atmosfera solare. Lo studio mostra come queste caratteristiche siano causate dall’espulsione di plasma dall’atmosfera solare.

I ricercatori sanno da decenni che una frazione significativa del vento solare è associata a strutture magnetiche chiamate buchi coronali – regioni in cui le linee di forza del campo magnetico del Sole non si chiudono su sé stesse, ritornando verso il Sole, bensì si estendono nel Sistema solare. Il plasma può così fluire lungo queste linee aperte, dando origine al vento solare. Ma come viene lanciato il plasma?

Fino a oggi, l’ipotesi più accreditata era che, poiché la corona solare è calda, il plasma si espande e una parte di esso fugge via lungo le linee di forza del campo magnetico. Tuttavia, questi nuovi risultati esaminano un buco coronale situato al polo sud del Sole, e i singoli getti rivelati mettono in discussione l’ipotesi che il vento solare sia prodotto solo da un flusso continuo e costante. «Uno dei risultati è che in larga misura questo flusso non è in realtà uniforme. L’ubiquità dei getti suggerisce che il vento solare proveniente dai buchi coronali potrebbe originarsi come un deflusso altamente intermittente», afferma Andrei Zhukov, Osservatorio reale del Belgio.

L’animazione mostra l’attività in una parte del polo sud del Sole, ripresa da Solar Orbiter. Le regioni più scure sono linee di forza del campo magnetico aperte, da cui il plasma può fuoriuscire più facilmente. I piccoli lampi di luce sono i getti di plasma rilasciati. Il cerchio in basso a destra indica la dimensione della Terra, in scala. Crediti: Esa & Nasa/Solar Orbiter/Eui Team; Lakshmi Pradeep Chitta, Max Planck Institute for Solar System Research

L’energia associata a ogni singolo getto è piccola. All’estremità superiore dei fenomeni coronali ci sono i brillamenti solari di classe X, mentre all’estremità inferiore ci sono i cosiddetti nanoflare, dove in un flare X risiede un miliardo di volte più energia che in un nanoflare. I minuscoli getti scoperti da Solar Orbiter sono ancora meno energetici – circa mille volte meno energetici di un nanoflare, da cui il termine picoflares e incanalano la maggior parte di quell’energia nell’espulsione del plasma. La loro ubiquità suggerisce che stiano espellendo una frazione sostanziale del materiale che vediamo nel vento solare. E potrebbero esserci eventi ancora più piccoli e più frequenti che ne forniscono ancora di più.

Attualmente Solar Orbiter sta orbitando attorno al Sole in prossimità del suo equatore. Quindi, in queste osservazioni, l’Eui guarda verso il polo sud con un angolo radente. «È più difficile misurare alcune delle proprietà di questi minuscoli getti quando li vediamo di profilo, ma tra qualche anno li vedremo da una prospettiva diversa rispetto a qualsiasi altro telescopio o osservatorio, quindi insieme dovrebbero essere di grande aiuto», afferma Daniel Müller dell’Esa. Questo perché man mano che la missione continua, la sonda inclinerà gradualmente la sua orbita verso le regioni polari. Allo stesso tempo, l’attività sul Sole progredirà attraverso il ciclo solare e i buchi coronali inizieranno ad apparire a molte latitudini diverse, fornendo una nuova prospettiva unica.

Il Sole è l’unica stella di cui possiamo osservare l’atmosfera in modo così dettagliato, ma è probabile che lo stesso processo operi anche su altre stelle. Quindi, queste osservazioni potrebbero rappresentare la scoperta di un processo astrofisico fondamentale.

Per saperne di più:

  • Leggi su Science l’articolo “Picoflare jets power the solar wind emerging from a coronal hole on the Sun” di L. P. Chitta, A. N. Zhukov, D. Berghmans, H. Peter, S. Parenti, S. Mandal, R. Aznar Cuadrado, U. Schühle, L. Teriaca, F. Auchère, K. Barczynski, É. Buchlin, L. Harra, E. Kraaikamp, D. M. Long, L. Rodriguez, C. Schwanitz, P. J. Smith, C. Verbeeck e D. B. Seaton