IDROCARBURI POLICICLICI AROMATICI NELLA GALASSIA SPT0418-47

Webb sente puzza di fumo a 12 miliardi di anni luce

Un team internazionale di ricercatori ha individuato, grazie al telescopio spaziale James Webb e a una lente gravitazionale, le molecole organiche complesse più distanti finora osservate. Si trovano all’interno di una galassia a circa 12 miliardi di anni luce da noi e sono idrocarburi policiclici aromatici: composti presenti anche qui sulla Terra, nel fumo, nello smog e nella fuliggine. Il risultato è pubblicato questa settimana su Nature

     07/06/2023

Scoperte grazie al telescopio Webb tracce di molecole organiche complesse in una galassia distante più di 12 miliardi di anni luce. La galassia si allinea quasi perfettamente con una seconda galassia distante solo 3 miliardi di anni luce vista dalla nostra prospettiva. In questa immagine in falsi colori prodotta da Webb, la galassia in primo piano è mostrata in blu, mentre la galassia sullo sfondo è rossa. Le molecole organiche sono evidenziate in arancione. Crediti: J. Spilker / S. Doyle, Nasa, Esa, Csa

Il telescopio spaziale James Webb (Jwst) ha rilevato le molecole organiche complesse più distanti finora osservate, all’interno della galassia SPT0418-47, distante circa 12 miliardi di anni luce da noi. I composti individuati dai ricercatori sono idrocarburi policiclici aromatici (Pah), un tipo di molecole a noi molto familiari qui sulla Terra. Le troviamo per esempio nel fumo, nella fuliggine e nello smog, in particolare nei gas di scarico prodotti dai motori a combustione o dagli incendi boschivi.  

Il team internazionale autore della ricerca, fra cui scienziati dell’Università dell’Illinois e della Texas A&M University, è riuscito a distinguere i segnali infrarossi prodotti dalle molecole di idrocarburi da quelli di alcuni fra i grani di polvere più massicci e più grandi presenti nella galassia. I risultati dello studio sono stati pubblicati questa settimana sulla rivista Nature.  

La rilevazione di queste complesse molecole organiche a una distanza così elevata è stata possibile solo grazie a una perfetta combinazione di due elementi: la straordinaria potenza di Jwst e un fenomeno noto come lente gravitazionale. La galassia SPT0418-47 si trova infatti in perfetto allineamento con la Terra e con un’altra galassia, posta nel mezzo, a circa 3 miliardi di anni luce da noi. La gravità di quest’ultima causa un vero e proprio effetto lente: la luce della galassia sullo sfondo – quella oggetto dello studio – viene distorta fino a formare un cosiddetto anello di Einstein, un fenomeno previsto dalla relatività generale. Distorta e ingrandita: in questo caso, di un fattore 30-35. «Combinando le straordinarie capacità di Webb con una “lente d’ingrandimento cosmica”, siamo riusciti a vedere ancora più dettagli di quanto avremmo potuto fare altrimenti», dice il primo autore della ricerca, Justin S. Spilker, del Dipartimento di fisica e astronomia della Texas A&M University.

La galassia osservata da Webb mostra un anello di Einstein, prodotto da un fenomeno noto come lensing gravitazionale, che si verifica quando due galassie, rispetto all’osservatore, sono quasi perfettamente allineate. La gravità della galassia in primo piano provoca una distorsione e un ingrandimento della luce della galassia sullo sfondo, come se si guardasse attraverso lo stelo di un calice. Grazie all’ingrandimento, il lensing consente agli astronomi di studiare galassie molto distanti in modo più dettagliato di quanto sarebbe altrimenti possibile. Crediti: S. Doyle / J. Spilker

Questo risultato è di fondamentale importanza per comprendere i complessi processi chimici che coinvolgono la formazione stellare nell’universo primordiale. Infatti, la galassia oggetto dello studio è osservata com’era quando l’universo aveva meno di 1,5 miliardi di anni, circa il 10 per cento dell’età attuale. «Quello che la nostra ricerca ci sta ora dicendo – e ancora stiamo imparando – è che possiamo vedere tutte le regioni in cui si trovano questi grani di polvere più piccoli, regioni che non avremmo mai potuto vedere prima di Jwst», dice Kedar Phadke dell’Università dell’Illinois, fra gli autori della ricerca. «I nuovi dati spettroscopici ci permettono di osservare la composizione atomica e molecolare della galassia, fornendoci così importanti informazioni sulla formazione delle galassie, sul loro ciclo di vita e sulla loro evoluzione». 

Gli astronomi pensano che molecole organiche complesse di questo tipo siano indicative della presenza di regioni di formazione stellare, ma le nuove osservazioni del Webb stanno modificando queste ipotesi, almeno per quanto riguarda l’universo primordiale. «Grazie alle immagini ad alta definizione di Webb, abbiamo trovato molte regioni con fumo ma senza formazione stellare, e altre con nuove stelle in formazione ma senza fumo», spiega Spilker. «Non vediamo l’ora di capire se è proprio vero che, dove c’è fumo, c’è fuoco. Forse saremo anche in grado di trovare galassie così giovani che molecole complesse come queste non hanno ancora avuto il tempo di formarsi nel vuoto dello spazio: galassie tutte fuoco e niente fumo. L’unico modo per saperlo con certezza è osservare altre galassie, possibilmente ancora più lontane di questa».

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature l’articolo “Spatial variations in aromatic hydrocarbon emission in a dust-rich galaxy”, di Justin S. Spilker, Kedar A. Phadke, Manuel Aravena, Melanie Archipley, Matthew B. Bayliss, Jack E. Birkin, Matthieu Béthermin, James Burgoyne, Jared Cathey, Scott C. Chapman, Håkon Dahle, Anthony H. Gonzalez, Gayathri Gururajan, Christopher C. Hayward, Yashar D. Hezaveh, Ryley Hill, Taylor A. Hutchison, Keunho J. Kim, Seonwoo Kim, David Law, Ronan Legin, Matthew A. Malkan, Daniel P. Marrone, Eric J. Murphy, Desika Narayanan, Alex Navarre, Grace M. Olivier, Jeffrey A. Rich, Jane R. Rigby, Cassie Reuter, James E. Rhoads, Keren Sharon, J. D. T. Smith, Manuel Solimano, Nikolaus Sulzenauer, Joaquin D. Vieira, David Vizgan, Axel Weiß e Katherine E. Whitaker