«RISULTATO CHE FA INTUIRE LE POSSIBILITÀ DELLE OSSERVAZIONI MULTI-SPACECRAFT»

Una corona per due

Utilizzando i dati raccolti dalle due sonde spaziali solari più all’avanguardia – Parker Solar Probe della Nasa e Solar Orbiter di Esa e Nasa – un team guidato da Ruggero Biondo (Università di Palermo e Inaf di Torino) è riuscito a ricostruire la struttura dettagliata del vento emesso dalla corona solare, congiungendo con un ottimo accordo le osservazioni dei due strumenti spaziali

     27/12/2022

Mappa equatoriale della densità (pannello in alto a sinistra), della velocità radiale (pannello in alto a destra) e dell’intensità del campo magnetico (pannello in basso a sinistra) prodotte dal metodo RiMap. Il limite più interno delle mappe corrisponde alle regioni osservate dalla Parker Solar Probe dal 15 al 21 gennaio 2021. La linea tratteggiata nera indica la traiettoria della sonda proiettata nel piano equatoriale. Le linee di campo che connettono le regioni osservate da Metis e dalla Parker Solar Probe sono indicate con una linea rossa. In basso a destra, il primo autore dello studio, Ruggero Biondo, dell’Università di Palermo e dell’Inaf di Torino

Il vento solare è composto da particelle cariche (plasma) espulse dalla corona solare e in viaggio nello spazio interplanetario. Queste particelle vengono emesse dall’attività magnetica che riscalda il plasma nella corona solare, e una volta raggiunta la Terra queste interagiscono con la magnetosfera terrestre e l’atmosfera del nostro pianeta, dando vita a fenomeni come le aurore boreali.

Nel viaggio nel mezzo interplanetario, le particelle vengono incanalate dal campo magnetico che fuoriesce dal Sole. Il campo viene trascinato dal moto di rotazione del Sole assumendo la forma di una spirale (spirale di Parker) e di questo si deve tenere conto se si vuole dare una descrizione affidabile del vento solare e fare previsioni sul suo impatto con la magnetosfera terrestre. Diverse missioni spaziali in corso sono dedicate a questi fenomeni spesso raggruppati sotto il termine space weather (meteorologia spaziale), argomento che suscita molto interesse per il possibile effetto sulle attività terrestri. Ad esempio, la missione Parker Solar Probe della Nasa riesce ad arrivare a distanza ravvicinata dal Sole e a misurarne in loco le proprietà dell’atmosfera fino a circa 10 milioni di km di distanza. Al contempo, la missione Solar Orbiter (missione congiunta Nasa ed Esa) contiene strumenti che guardano anch’essi il Sole a distanza ravvicinata. In particolare, il coronografo italiano Metis osserva la corona esterna fino ad alcuni milioni di km, oscurando il disco interno. Mettere insieme misure simultanee di Parker Solar Probe, quando questo è più vicino al Sole, e del coronografo Metis in un unico scenario è un’impresa non banale, perché si tratta di creare un “ponte di vento” molto preciso tra punti distanti milioni di km.

Uno studio guidato dall’astrofisico Ruggero Biondo (Università di Palermo e Inaf di Torino), pubblicato questo mese su Astronomy & Astrophysics, presenta appunto un’analisi di osservazioni congiunte di Metis – che riguardano regioni attive della corona solare a 3-6 raggi solari – e della Parker Solar Probe – che riguardano invece l’ambiente a distanze di 21,5 raggi solari. Attraverso il cosiddetto metodo RiMap, che adotta soluzioni analitiche e numeriche delle equazioni della magnetoidrodinamica per ricostruire la struttura delle spirali di Parker, gli autori hanno ricostruito la struttura dettagliata del vento, congiungendo con un ottimo accordo le osservazioni dei due strumenti spaziali. In questo modo è stato possibile ricavare le caratteristiche del vento in quel momento su una scala spaziale molto estesa, osservando ad esempio un’alternanza di flussi densi e meno densi e misurando l’andamento della velocità del vento da 100 km/s a 700 km/s circa.

«Negli ultimi anni la flotta di spacecraft dedicate allo studio dell’ambiente eliosferico interno è sensibilmente cresciuta in numero», dice Biondo a Media Inaf. «In particolare, Parker Solar Probe e Solar Orbiter consentono di osservare il Sole e il plasma nelle sue vicinanze ad un livello di dettaglio mai raggiunto prima. Un aspetto importantissimo di queste due missioni è che sono state concepite per cooperare tra loro, offrendo più punti di vista per comprendere fenomeni solari e di meteorologia spaziale. In questo lavoro la connettività magnetica tra le due sonde è stata ricostruita dal modello magnetoidrodinamico RiMap, sviluppato tra Palermo e Torino, usando misure prese in situ dalla Parker Solar Probe per ricostruire mappe di plasma e campo magnetico interplanetario tra 5 e 30 raggi solari. Queste sono poi state confrontate con osservazioni da remoto effettuate dal coronografo Metis lungo una streamline di plasma, ottenendo un ottimo accordo. Si tratta di un risultato che fa intuire le possibilità messe in campo dalle osservazioni multi-spacecraft, oltre che confermare la validità delle ricostruzioni di RiMap per futuri lavori nella simulazione di transienti di origine solare».

Per saperne di più:

  1. Leggi su Astronomy & Astrophysics l’articolo “Connecting Solar Orbiter remote-sensing observations and Parker Solar Probe in-situ measurements with a numerical MHD reconstruction of the Parker spiral”, di Ruggero Biondo, Alessandro Bemporad, Paolo Pagano, Daniele Telloni, Fabio Reale, Marco Romoli, Vincenzo Andretta, Ester Antonucci, Vania Da Deppo, Yara De Leo, Silvano Fineschi, Petr Heinzel, Daniel Moses, Giampiero Naletto, Gianalfredo Nicolini, Daniele Spadaro, Marco Stangalini, Luca Teriaca, Federico Landini, Clementina Sasso, Roberto Susino, Giovanna Jerse, Michela Uslenghi e Maurizio Pancrazzi