LO STUDIO È STATO PUBBLICATO SU THE ASTROPHYSICAL JOURNAL

Il vecchio cuore della Via Lattea

Un gruppo di astronomi dell’Mpia è riuscito a identificare il vecchio cuore della Via Lattea, una popolazione di stelle che ha vissuto le prime fasi della storia della galassia e che risiede nelle sue regioni centrali. Per questa impresa di "archeologia galattica", hanno analizzato i dati della Dr3 di Gaia utilizzando una rete neurale per estrarre i valori di metallicità delle stelle giganti nella regione interna

     21/12/2022

Mappa delle stelle giganti particolarmente povere di metalli identificate dai dati di Gaia Dr3 che mostra, nella parte centrale contrassegnata da un cerchio, le stelle del “vecchio cuore” della Via Lattea. Crediti: H.-W. Rix / Mpia

La Via Lattea si è formata gradualmente nel corso di quasi l’intera storia dell’universo, che abbraccia poco più di 13 miliardi di anni. Si presume quindi che nella nostra galassia ci sia una popolazione stellare antica, povera di metalli e concentrata nella sua parte centrale, che riflette la formazione stellare e l’arricchimento dei progenitori più massicci che si sono uniti per formare la protogalassia. Mentre è noto che le stelle povere di metalli risiedono nei pochi kiloparsec interni della galassia, finora i dati non avevano ancora fornito un quadro completo di un “cuore” così povero di metalli.

Ora, un gruppo di astronomi del Max Planck Institute for Astronomy (Mpia) è riuscito a identificare il vecchio cuore della Via Lattea, la popolazione di stelle che ha vissuto le prime fasi della storia della nostra galassia e che risiede nelle sue regioni centrali. Per questa impresa di “archeologia galattica”, hanno analizzato i dati più recenti della missione Gaia dell’Esa, la Gaia Data Release 3 (Dr3), utilizzando una rete neurale artificiale per estrarre la metallicità di stelle giganti nella regione interna della galassia.

In particolare, hanno costruito un campione di due milioni di stelle giganti luminose (con magnitudine minore di 15,5) entro 30 gradi dal centro galattico e con solide stime del rapporto [M/H], dove “M” indica genericamente la concentrazione di un metallo e “H” quella dell’idrogeno. Per circa 1,25 milioni di stelle hanno calcolato le orbite dalle velocità e dall’astrometria del Gaia Radial Velocity Spectrometer. Questo campione ha rivelato una popolazione estesa, antica e povera di metalli che include circa 18mila stelle con −2,7 < [M/H] <−1,5, che rappresentano una massa stellare maggiore o uguale a 50 milioni di masse solari. La maggior parte di queste stelle hanno orbite confinate nella parte interna della galassia. Queste stelle centrali, povere di metalli, molto probabilmente sono antecedenti alla più antica popolazione del disco (circa 12,5 miliardi di anni), il che implica che si sono formate a z ≳ 5, forgiando la proto-Via Lattea. Sono le stelle del vecchio cuore della Galassia.

Il rilevamento di queste stelle, ma anche le loro proprietà osservate, fornisce inoltre una conferma per le simulazioni cosmologiche della prima storia della nostra galassia.

Ma vediamo perché il rapporto [M/H], che definisce la metallicità della stella, è così importante, e ripercorriamo la storia di questa importante scoperta.

Come si diceva, la Via Lattea si è formata gradualmente nel corso di quasi l’intera storia dell’universo. Negli ultimi decenni, gli astronomi sono riusciti a ricostruire diverse epoche della storia galattica nello stesso modo in cui gli archeologi ricostruirebbero la storia di una città. Alcuni edifici hanno chiare date di costruzione mentre per altri l’uso di materiali da costruzione più primitivi o stili costruttivi più antichi implica che siano antecedenti, così come l’eventualità che alcuni resti si trovino sotto altre (e quindi più nuove) strutture. Ultimo ma non meno importante, per molte città esiste un centro storico centrale circondato da quartieri chiaramente più recenti.

Per le galassie, e in particolare per la nostra, l’archeologia cosmica procede lungo vie molto simili. Gli elementi costitutivi di base di una galassia sono le sue stelle. Per un piccolo sottoinsieme di stelle, gli astronomi possono dedurre con precisione l’età. Ad esempio, questo è vero che le stelle subgiganti, che stanno attraversando una breve fase della loro evoluzione in cui la luminosità e la temperatura possono essere utilizzate per dedurne facilmente l’età.

Più in generale, per quasi tutte le stelle esiste uno “stile costruttivo” che consente di valutarne l’età: la cosiddetta metallicità della stella, definita come la quantità di elementi chimici più pesanti dell’elio che l’atmosfera della stella contiene. Tali elementi, che gli astronomi chiamano “metalli”, sono prodotti all’interno delle stelle attraverso la fusione nucleare e rilasciati nelle ultime fasi della vita di una stella. In questo modo, ogni generazione di stelle “semina” il gas interstellare da cui si forma la generazione successiva e, generalmente, ogni generazione avrà una metallicità superiore rispetto alle altre.

Struttura della nostra galassia, vista di lato. I nuovi risultati della missione Gaia dell’Esa prevedono una ricostruzione della storia della Via Lattea, in particolare dell’evoluzione del cosiddetto disco spesso. Crediti: Stefan Payne-Wardenaar / Mpia

Per quanto riguarda le strutture su larga scala, proprio come in una città, è importante la distribuzione spaziale. Ma dato che una galassia è meno statica di una città – gli edifici di solito non si muovono, mentre le stelle sì – anche i modelli di movimento codificano informazioni importanti. Le stelle della Via Lattea possono essere confinate nelle regioni centrali, oppure possono essere parte di un movimento rotatorio ordinato nel disco sottile o in quello spesso della Via Lattea. Oppure, potrebbero far parte del caotico miscuglio di orbite dell’alone galattico, comprese quelle molto eccentriche, che si tuffano ripetutamente attraverso le regioni interne ed esterne.

Laddove le città potrebbero subire boom edilizi o periodi di intenso rimodellamento, la storia della galassia è modellata da fusioni e collisioni, nonché dalle enormi quantità di gas idrogeno che fluiscono nel corso di miliardi di anni. Gas che costituisce la materia prima per creare nuove stelle.

La storia di una galassia inizia con protogalassie più piccole: regioni molto dense venutesi a creare poco dopo il Big Bang, dove le nubi di gas collassano per formare le stelle. Le protogalassie si possono scontrare e fondersi, formando galassie più grandi. Per ricostruire questo tipo di storia occorre combinare osservazioni sempre più dettagliate con simulazioni sempre più sofisticate. E mentre il quadro generale di ciò che accade quando le galassie si formano ed evolvono esiste da diversi decenni, i dettagli sono emersi solo relativamente di recente, grazie in gran parte a survey che hanno prodotto dati migliori e più completi.

In questo, la nostra galassia gioca un ruolo speciale. Per definizione, è la galassia in cui possiamo esaminare meglio le stelle. L’archeologia galattica, definita come lo studio della storia della nostra galassia, non solo ci permette di ricostruire parti della nostra storia più ampia, ma anche di imparare qualcosa sull’evoluzione della galassia in generale (“cosmologia locale”).

Questo particolare episodio di archeologia galattica è iniziato con una ricostruzione pubblicata nella primavera del 2022: i ricercatori Mpia Maosheng Xiang e Hans-Walter Rix avevano utilizzato i dati del satellite Gaia dell’Esa e della survey Lamost per determinare l’età delle stelle in un campione senza precedenti di 250mila subgiganti. Da questa analisi, sono stati in grado di ricostruire le conseguenze dell’entusiasmante adolescenza della Via Lattea, 11 miliardi di anni fa, e della sua successiva età adulta… più stabile (o noiosa, se preferite).

Gli anni dell’adolescenza hanno coinciso con l’ultima significativa fusione di un’altra galassia, chiamata salsiccia di Gaia-Encelado, i cui resti sono stati trovati nel 2018. Questa fusione ha innescato una fase di intensa formazione stellare e ha portato a un disco relativamente spesso di stelle che possiamo vedere oggi. L’età adulta ha coinciso con un moderato afflusso di idrogeno gassoso, che si stabilì nel disco sottile della galassia, e con la lenta ma continua formazione di nuove stelle nel corso di miliardi di anni.

Ciò che gli astronomi notarono allora fu che le stelle più vecchie del loro campione avevano già una notevole metallicità, circa il 10 per cento in più della metallicità del Sole. Chiaramente, prima che si formassero quelle stelle, dovevano esserci state generazioni di stelle precedenti che avevano inquinato il mezzo interstellare con metalli.

In effetti, l’esistenza di quelle generazioni precedenti era in linea con le previsioni delle simulazioni della storia cosmica. E inoltre, quelle simulazioni prevedevano dove si potevano ragionevolmente trovare i rappresentanti sopravvissuti. Nello specifico, in queste simulazioni, la formazione iniziale di quella che in seguito divenne la Via Lattea coinvolse tre o quattro protogalassie che si erano formate in stretta vicinanza e poi si erano fuse l’una con l’altra, le cui stelle si erano stabilizzate in un nucleo relativamente compatto, non più di un qualche migliaio di anni luce di diametro. Secondo le simulazioni, ci si aspettava che parte di quel nucleo iniziale fosse sopravvissuto relativamente indenne a questi successivi sviluppi. Anche oggi, miliardi di anni dopo, dovrebbe quindi essere possibile trovare stelle del nucleo compatto iniziale, l’antico cuore della Via Lattea, dentro e vicino alle regioni centrali della galassia.

A questo punto, Rix si interessò ai modi per trovare effettivamente le stelle dell’antico nucleo della nostra galassia. Ma sapeva che per trovare più di qualche dozzina di tali stelle avrebbe avuto bisogno di una nuova strategia di osservazione. Il telescopio Lamost utilizzato nello studio precedente, a causa della sua posizione sulla Terra e della sua incapacità di osservare durante i mesi estivi dei monsoni, non è in grado di osservare le regioni centrali della Via Lattea. E le subgiganti sono troppo deboli per essere osservabili oltre distanze di circa 7mila anni luce, mettendo le regioni centrali della galassia decisamente fuori portata.

Fortunatamente, nel giugno 2022 è arrivata la Dr3 della missione Gaia. Dal 2014, Gaia ha misurato parametri di posizione e movimento estremamente accurati, comprese le distanze, per oltre un miliardo di stelle, rivoluzionando l’astronomia galattica. Dr3 è stato il primo rilascio di dati a includere alcuni degli spettri effettivi che Gaia aveva osservato: spettri per 220 milioni di oggetti astronomici.

L’estrazione di valori di metallicità affidabili dai dati di Gaia ha richiesto un’analisi aggiuntiva, che di fatto è stata portata a termine da Hans-Walter Rix, René Andrae e Vedant Chandra. Poiché sapevano che la loro analisi doveva raggiungere le regioni centrali della Via Lattea, i tre astronomi hanno esaminato specificamente le stelle giganti rosse nel campione di Gaia. Le tipiche giganti rosse sono circa cento volte più luminose delle subgiganti e facilmente osservabili anche nelle lontane regioni centrali della nostra galassia. Queste stelle hanno anche l’ulteriore vantaggio che le caratteristiche spettrali che codificano la loro metallicità sono relativamente cospicue, rendendole particolarmente adatte per il tipo di analisi che gli astronomi stavano pianificando.

Per l’analisi stessa, si sono rivolti a metodi di apprendimento automatico. Nell’apprendimento automatico, le strategie di soluzione non sono programmate in modo esplicito. Al centro dell’algoritmo c’è una rete neurale che viene addestrata utilizzando spettri di Gaia selezionati come input, in particolare spettri per i quali la metallicità era già nota da un’altra indagine (Apogee, osservazioni spettrali ad alta risoluzione come parte della Sloan Digital Sky Survey). La struttura interna della rete si è adattata in modo che, almeno per il training set, potesse riprodurre le corrette metallicità. Per cominciare, i ricercatori hanno addestrato la rete neurale solo sulla metà dei dati Apogee. In una seconda fase, l’algoritmo è stato impostato per dimostrare il suo valore rispetto al resto dei dati Apogee, con risultati spettacolari: la rete neurale è stata in grado di dedurre metallicità precise e accurate anche per stelle che non aveva mai incontrato prima.

La Via Lattea si inarca sopra Lamost, il Large Sky Area Multi-Object Fibre Spectroscopic Telescope in Cina, uno degli osservatori i cui dati hanno rivelato che la nostra galassia ha iniziato a formare un disco di stelle sorprendentemente poco dopo il Big Bang. Crediti: Yingwei Chen

Dopo avere addestrato la rete neurale, ed essersi assicurati che i risultati fossero precisi per gli spettri che non aveva incontrato durante il suo addestramento, i ricercatori hanno applicato l’algoritmo all’intero set di dati sulle giganti rosse degli spettri di Gaia. Una volta ottenuti i risultati, hanno avuto accesso a un campione di metallicità accurate di dimensioni senza precedenti, costituito da 2 milioni di giganti luminose della galassia. Su una mappa del cielo, queste stelle sembrano essere concentrate intorno al centro galattico. Le distanze, opportunamente fornite da Gaia tramite il metodo della parallasse, hanno consentito una ricostruzione 3D che mostra quelle stelle confinate all’interno di una regione relativamente piccola attorno al centro, di circa 30mila anni luce di diametro.

Le stelle in questione completano perfettamente il precedente studio di Xiang e Rix sugli anni dell’adolescenza della Via Lattea: hanno la giusta metallicità per aver prodotto le stelle più povere di metalli che, in seguito, hanno formato lo spesso disco della Via Lattea. Poiché quello studio aveva fornito una cronologia per la formazione del disco spesso, ciò rende l’antico cuore della Via Lattea più vecchio di circa 12,5 miliardi di anni.

Per saperne di più:

  • Leggi su The Astrophysical Journal l’articolo “The Poor Old Heart of the Milky Way” di Hans-Walter Rix, Vedant Chandra, René Andrae, Adrian M. Price-Whelan, David H. Weinberg, Charlie Conroy, Morgan Fouesneau, David W Hogg, Francesca De Angeli, Rohan P. Naidu, Maosheng Xiang, and Daniela Ruz-Mieres