LO STUDIO È PUBBLICATO SU THE ASTROPHYSICAL JOURNAL LETTERS

Nuove prove di un piccolo pianeta in formazione

Grazie all’analisi dei dati Alma del disco protoplanetario LkCa 15, un gruppo di astronomi coordinato dal Center for Astrophysics | Harvard e Smithsonian ha scoperto due lievi addensamenti di materiale che non erano stati rilevati in precedenza, situati in due punti stabili del sistema: i punti di Lagrange L4 e L5. Nascosto a 60 gradi tra di loro c'è un piccolo pianeta che causa l'accumulo di polvere nei due punti

     20/09/2022

Illustrazione artistica di un piccolo pianeta simile a Saturno scoperto nel sistema LkCa 15. Il pianeta risiede all’interno di densi anelli di polvere e gas che circondano una brillante stella gialla. Il materiale si accumula in un grumo e in una forma di arco, a circa 60 gradi di distanza dal pianeta. La rappresentazione artistica non è in scala. Crediti: M.Weiss/Center for Astrophysics | Harvard & Smithsonian

Gli astronomi concordano sul fatto che i pianeti nascano nei cosiddetti dischi protoplanetari, anelli di polvere e gas che circondano le giovani stelle appena nate. Sebbene in tutto l’universo siano già stati individuati centinaia di questi dischi, osservazioni della nascita e della formazione planetaria si sono rivelate difficili all’interno di questi ambienti.

Ora, un gruppo di astronomi ha sviluppato un nuovo metodo per rilevare questi sfuggenti pianeti appena nati e, grazie a tale metodo, ha trovato le prove dell’esistenza di un piccolo pianeta simile a Nettuno o Saturno in uno di questi dischi. I risultati sono descritti su The Astrophysical Journal Letters.

«Rilevare direttamente i pianeti giovani è molto impegnativo e finora ha avuto successo solo in uno o due casi», afferma Feng Long del Center for Astrophysics | Harvard e Smithsonian, alla guida del nuovo studio. «I pianeti sono sempre troppo deboli per essere visti perché si trovano all’interno di spessi strati di gas e polvere».

Gli scienziati devono quindi cercare indizi per dedurre che un pianeta si stia effettivamente sviluppando sotto la polvere. «Negli ultimi anni, abbiamo visto molte strutture spuntare nei dischi che pensiamo siano causate dalla presenza di un pianeta, ma potrebbero essere causate anche da qualcos’altro», ammette Long. «Abbiamo bisogno di nuove tecniche per osservare e supportare la presenza di un pianeta».

Per questo studio, Long ha deciso di riesaminare un disco protoplanetario noto come LkCa 15. Situato a 518 anni luce di distanza, il disco si trova nella costellazione del Toro. Gli scienziati avevano precedentemente riportato prove della formazione di pianeti nel disco utilizzando osservazioni con l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (Alma). Grazie all’analisi dei nuovi dati di Alma ad alta risoluzione di LkCa 15 – effettuate con ricevitori in Banda 6 (1,3 mm) e Banda 7 (0,88 mm), principalmente nel 2019 – i ricercatori hanno scoperto due deboli caratteristiche che non erano state rilevate in precedenza.

Immagine ottenuta dalla combinazione dei dati a 1,3 e 0,88 mm, con contorni a 6σ, 8σ e 10σ. La croce nell’angolo in basso a sinistra segna la convenzione dell’angolo azimutale utilizzata in questo lavoro. Crediti: ApJ, Long et al.

A circa 42 unità astronomiche dalla stella – ossia 42 volte la distanza della Terra dal Sole – gli autori hanno scoperto un anello polveroso con due addensamenti separati e luminosi di materiale orbitante al suo interno: un piccolo grumo e un arco più esteso, separati di 120 gradi. Esaminando a lungo lo scenario con modelli computerizzati per capire cosa stesse causando l’accumulo di materiale, hanno capito che le dimensioni e le posizioni corrispondevano a quanto previsto dal modello nel caso in cui tra di loro fosse presente un pianeta. «Questo arco e questo grumo sono separati di circa 120 gradi», dice. «Quel grado di separazione non capita per caso, è significativo da un punto di vista matematico».

In un sistema planetario esistono punti particolari nello spazio, chiamati punti di Lagrange, in cui due corpi dotati di grande massa, tramite la mutua interazione gravitazionale, consentono a un terzo corpo dotato di massa molto inferiore di mantenere una posizione stabile rispetto a essi. «Stiamo vedendo che questo materiale non si limita a fluttuare liberamente, è stabile e preferisce il luogo in cui si è posizionato in base alla fisica e agli oggetti coinvolti», afferma Long.

In questo caso, l’arco e il grumo di materiale rilevati si trovano nei punti di Lagrange L4 e L5. Nascosto a 60 gradi tra di loro c’è un piccolo pianeta che causa l’accumulo di polvere nei punti L4 e L5. I risultati mostrano che il pianeta ha all’incirca le dimensioni di Nettuno o Saturno e un’età compresa tra uno e tre milioni di anni, quindi è piuttosto giovane.

«Il lavoro mostra con nuova chiarezza la straordinaria capacità di Alma di realizzare immagini dell’interazione tra dischi e pianeti in formazione», commenta a Media Inaf Stefano Facchini dell’Università degli Studi di Milano, coautore dello studio. «Nel caso di LkCa 15, nuovi dati hanno migliorato l’immagine di un nostro studio del 2020, e abbiamo individuato due sovradensità all’interno della cavità del disco. Per la loro conformazione particolare, ci hanno fatto pensare a punti Langrangiani di un pianeta non ancora scoperto con altri metodi, rinforzando l’ipotesi che la struttura ad anelli di polvere del disco sia dovuta a pianeti nascenti».

«Studi futuri per mappare la cinematica del gas del disco con Alma, e per cercare l’emissione infrarossa del pianeta con Jwst e strumenti da telescopi da terra, ci daranno altre informazioni preziosissime sulla nascita di nuovi pianeti che strumenti come Alma stanno rivelando in sempre più grande dettaglio», aggiunge Facchini.

L’imaging diretto del piccolo pianeta appena nato potrebbe non essere possibile a breve a causa dei vincoli tecnologici, ma ulteriori osservazioni Alma di LkCa 15 potranno fornire altre prove a sostegno della scoperta. Long si augura che questo nuovo approccio per rilevare i pianeti – con materiale che si accumula preferenzialmente nei punti di Lagrange – venga ampiamente adottato in futuro. «L’unico avvertimento è che richiede dati molto profondi poiché il segnale è debole», conclude l’autore.

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