NICASTRO (INAF): “L’ASTUZIA DEL PICCOLO DAVIDE BATTE LA FORZA DEL GIGANTE GOLIA”

Dragonfly, la metamorfosi della libellula

Un nuovo dimostratore del Dragonfly Telephoto Array, realizzato con tre lenti invece delle 48 originali, ha funzionato con successo, addirittura meglio del previsto. Partirà quindi la costruzione dello strumento Dragonfly Spectral Line Mapper, che avrà 120 lenti e permetterà di rilevare deboli nubi di gas extragalattico, aprendo una finestra su un mondo nuovo, tutto da esplorare. Tutti i dettagli su ApJ

     18/03/2022

Schiera di 24 obiettivi Canon 400 mm f/2.8. Crediti: Dragonfly Telescope Team

Potrebbe esservi capitato di entrare in un negozio di fotografia per acquistare un obiettivo. Un buon obiettivo. Un obiettivo commerciale. Ecco, un team di giovani scienziati oltreoceano nel “carrello” ne ha messi 48, di obiettivi commerciali. Poi li ha accostati, per formare due schiere da 24 obiettivi ciascuna… come se fossero due occhi di una libellula. Non a caso, ha chiamato questo strumento tanto semplice quanto geniale, Dragonfly.

Negli ultimi dieci anni, il Dragonfly Telephoto Array, progettato da Pieter van Dokkum di Yale e Roberto Abraham dell’Università di Toronto e situato nel New Mexico, ha portato avanti una scienza rivoluzionaria rilevando la debole luce delle stelle all’interno di zone poco illuminate del cielo notturno. Il telescopio ha individuato galassie mai viste prima, galassie nane diffuse e galassie con poca o nessuna materia oscura

Ora sta puntando gli occhi sul gas extragalattico.

Con l’aiuto di uno speciale filtro montato davanti a ciascuna lente, Dragonfly è in grado di bloccare la maggior parte della luce emessa dalle stelle, lasciando passare solo il debole bagliore emesso dal gas ionizzato dalla luce delle stelle stesse.

La versione Pathfinder del telescopio Dragonfly, nel New Mexico, è un precursore del prossimo Dragonfly Spectral Line Mapper. Crediti: Dragonfly Telescope Team

Ora, il team di Dragonfly ha costruito una versione pathfinder (una versione esplorativa, per vedere se funziona) del nuovo telescopio, con tre lenti invece delle 48 originali, come proof-of-concept. I risultati, secondo i ricercatori, sono migliori del previsto. «Nei prossimi anni ci saranno alcune immagini incredibili di Dragonfly», promette van Dokkum, professore di astronomia alla Facoltà di arti e scienze di Yale. «Questo nuovo metodo di rilevamento delle nubi di gas sta aprendo un regime scientifico completamente nuovo da esplorare».

In un paio di nuovi studi, il team di Dragonfly descrive caratteristiche precedentemente nascoste all’interno del gas che circonda un gruppo di galassie situate a circa 12 milioni di anni luce dalla Terra. I ricercatori hanno scelto quest’area perché è stata studiata da altri telescopi e fornisce una serie di segnali celesti consolidati per misurare l’accuratezza di Dragonfly. «Il gruppo di galassie di Messier 81 è uno dei più vicini al nostro, il che lo rende uno dei migliori da studiare», riporta Imad Pasha, primo autore di uno dei nuovi studi. «Stiamo tornando in molte di queste famose galassie vicine con questo nuovo strumento per aggiungere pezzi al puzzle di come il gas entra ed esce dalle galassie».

Sebbene sia noto da tempo che il gas è il carburante per la creazione di stelle e pianeti, la dinamica di come questo gas entra ed esce effettivamente dalle galassie non è ben compresa. Essere in grado di isolare immagini di strutture gassose intorno alle galassie è diventata una priorità per i ricercatori.

Ad esempio, lo studio di Pasha pubblicato su Astrophysical Journal Letters, descrive una galassia nana che sta prendendo forma in un braccio della galassia Messier 82. In sostanza, questa nuova galassia si sta formando dal gas strappato via da M82 quando quest’ultima ha “sorvolato” la sua vicina, M81. «Questo tipo di galassia è difficile da rilevare con le osservazioni tradizionali», dice Pasha. «In futuro, potremmo trovare più galassie “bambine” come questa attorno a gruppi ben studiati».

In questa immagine è visibile un ingrandimento di una galassia nana di nuova formazione, che appare come un ammasso di gas sul bordo del disco della galassia M82. Le regioni rosse sono emissioni di gas ionizzato. Crediti: Dragonfly Telescope Team

Il secondo studio, accettato per la pubblicazione su The Astrophysical Journal, descrive una gigantesca nube di gas ionizzato lunga 180mila anni luce e larga 30mila anni luce. Sebbene l’origine della nube rimanga un mistero, i ricercatori hanno ipotizzato che potrebbe essere stata allontanata da M82 durante un incontro ravvicinato con la galassia compagna più grande, Messier 81, o spazzata via da M82 da forti super venti. «Questa nube non era mai stata vista prima», afferma la prima autrice Deborah Lokhorst, dell’Università di Toronto. «La nostra immagine è stata la prima con la sensibilità richiesta e un campo visivo sufficientemente ampio per rilevarla. Quasi non credevamo che fosse reale!».

«Come si suol dire: l’unione fa la forza. La batteria di teleobiettivi Dragonfly rappresenta un sistema tanto economico quanto furbo per attenuare un problema ben noto agli astronomi: il fondo cielo», spiega a Media Inaf  Luciano Nicastro dell’Inaf di Bologna, non coinvolto nel progetto ma esperto di tecnologie astronomiche. «Il fondo cielo è una delle componenti del segnale totale presente nelle immagini che viene detto “rumore”. Ridurlo significa poter far emergere dalle immagini il debole segnale di sorgenti astronomiche diffuse (si dice “a bassa luminosità superficiale”) che altrimenti sarebbe “affogato” nel rumore, appunto. Ma cosa permette a tanti piccoli telescopi, che usano teleobiettivi commerciali adattati, di avere una qualità migliore di un grande telescopio, che magari osserva per un tempo anche lungo una zona di cielo? Le caratteristiche che rendono questo peculiare telescopio così efficace nella rivelazione di oggetti diffusi, come deboli galassie, sono principalmente tre: telescopi piccoli rifrattori – cioè che non usano specchi ma solo lenti (come i teleobiettivi di Dragonfly) – e che non fanno pose lunghe, risentono molto meno dell’effetto di disturbo di stelle brillanti nel campo; un trattamento delle lenti con rivestimenti nano-strutturati che ne migliora significativamente la qualità ottica; infine, l’osservazione simultanea della stessa zona di cielo dei 48 teleobiettivi che lo compongono, che permette la rimozione di fluttuazioni spurie del segnale dovuto sia all’atmosfera che ad altri fenomeni che generano rumore nelle camere». 

Crediti: Dragonfly Telescope Team

«Infatti», continua Nicastro, «i teleobiettivi sono leggermente disallineati così che quando le immagini vengono combinate, non solo si ottiene un aumento del rapporto segnale/rumore, ma la rimozione di disuniformità e fluttuazioni di segnale è molto più efficace. Questo non sarebbe possibile, o sarebbe enormemente più dispendioso, se si usasse un solo telescopio, indipendentemente dalla sua dimensione e dalla durata dell’osservazione. Il risultato è un’immagine “piatta”, cioè pulita dal rumore, a un livello minore dello 0.1 per cento del valore del segnale presente su tutta l’immagine. Ribadendo quanto detto all’inizio: l’astuzia del piccolo Davide batte la forza del gigante Golia».

Ora che questa versione di Dragonfly ha dimostrato di avere successo, i ricercatori stanno costruendo uno strumento Dragonfly Spectral Line Mapper più grande, con 120 lenti. Il telescopio verrà assemblato nel corso del prossimo anno nel New Mexico. 

Rientra nell’etica del progetto condurre una scienza rivoluzionaria utilizzando materiali prontamente disponibili, compresi i teleobiettivi disponibili in commercio. Alla fine, il team prevede di rendere disponibili ad altri ricercatori tutti i progetti degli strumenti e i dati raccolti: «Questo rende la scienza più accessibile a più persone», conclude Seery Chen dell’Università di Toronto.

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