CONFERMATO DA CURIOSITY CHE IL METANO SI ABBASSA DURANTE IL GIORNO

Metano su Marte: la soluzione è più vicina

Nel 2019 era stato ipotizzato come piccole fuoriuscite di metano dal sottosuolo marziano si concentrino di notte sulla superficie per poi dissolversi in atmosfera durante il giorno, con l’aumentare della temperatura. Ora, grazie a nuove misurazioni di Curiosity, le previsioni di allora sono state confermate e la discrepanza tra i valori rilevati dal Tgo dell’Esa e dal Tls della Nasa sembra in parte risolta. Tutti i dettagli su A&A

     30/06/2021

Il rover Curiosity della Nasa ha scattato questo selfie il 15 giugno 2018, il 2082esimo giorno marziano, o sol, della sua missione. Una tempesta di polvere aveva ridotto la luce del Sole e la visibilità nella posizione del rover, che si trovava nel sito di perforazione Duluth, poco più a nord della Vera Rubin Ridge. Sul grande masso a sinistra del rover è visibile un piccolo foro. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/Msss

I report relativi ai rilevamenti di metano su Marte affascinano chiunque, scienziati e non. Sulla Terra, una quantità significativa di metano è prodotta da microbi che aiutano la maggior parte del bestiame a digerire le piante. Questo processo di digestione termina con l’animale che immette il gas nell’aria.

Sebbene su Marte non ci siano bovini, pecore o capre, trovare metano è entusiasmante perché potrebbe indicare che sul Pianeta rosso un tempo siano vissuti microbi in grado di produrlo, o che tali microbi siano presenti tuttora. Tuttavia, il metano potrebbe non avere nulla a che fare con elementi biologici, visto che anche i processi geologici che coinvolgono l’interazione di rocce, acqua e calore possono produrlo.

Ma prima di identificare le sorgenti di metano su Marte, gli scienziati devono rispondere a un’altra questione piuttosto spinosa che li attanaglia da qualche anno: perché alcuni strumenti rilevano il gas mentre altri no? Il rover Curiosity della Nasa, per esempio, ha ripetutamente rilevato metano poco sopra la superficie del cratere Gale. Tuttavia, il Trace Gas Orbiter (Tgo) dell’Esa – il modulo principale della prima missione ExoMars – non ne ha rilevato affatto nell’atmosfera marziana. Perché?

«Quando il Tgo è stato lanciato, nel 2016, mi aspettavo che il team dell’orbiter riferisse dell’esistenza di una piccola quantità di metano ovunque su Marte», afferma Chris Webster, a capo dello strumento Tunable Laser Spectrometer (Tls) del laboratorio chimico Sample Analysis at Mars (Sam) a bordo del rover Curiosity.

L’orbiter europeo è stato progettato per eccellere nella misura del metano e di altri gas su tutto il pianeta. Allo stesso tempo, il Tls di Curiosity è così preciso che verrà utilizzato per il tempestivo rilevamento di incendi sulla Stazione spaziale internazionale e per il monitoraggio dei livelli di ossigeno nelle tute degli astronauti, oltre che nelle centrali elettriche, sugli oleodotti e sugli aerei da combattimento, dove i piloti possono monitorare i livelli di ossigeno e anidride carbonica nelle loro maschere.

Webster e il team del laboratorio Sam di Curiosity, sconcertati dalle scoperte dell’orbiter europeo, hanno immediatamente iniziato a esaminare nuovamente le misurazioni del Tls su Marte. Alcuni esperti avevano infatti suggerito che il rover stesso stesse rilasciando il gas. «Abbiamo esaminato le correlazioni con il puntamento del rover, il terreno, la frantumazione delle rocce, il degrado delle ruote», riferisce Webster. Oggi, gli scienziati hanno riportato i risultati delle loro analisi sulla rivista Astronomy & Astrophysics, confermando un quantitativo di metano che, nel cratere Gale e di notte, mediamente si aggira intorno a 0.52 parti per miliardo di volume – equivalente a circa un pizzico di sale diluito in una piscina olimpionica – con picchi fino a 20 parti per miliardo di volume.

Questo diagramma mostra i possibili modi con cui il metano potrebbe crearsi e disgregarsi nell’atmosfera di Marte. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech/Sam-Gsfc/Univ. of Michigan

Mentre il team del laboratorio Sam lavorava per esaminare le misurazioni, un altro membro del team scientifico di Curiosity, John E. Moores della York University di Toronto, nel 2019 pubblicò un’ipotesi interessante per spiegare i risultati contrastanti ottenuti dai due strumenti: e se i risultati di Curiosity e del Trace Gas Orbiter fossero entrambi giusti?

Moores, così come altri membri del team di Curiosity che studiano i modelli del vento nel cratere Gale, ipotizzarono che la discrepanza tra le misurazioni del metano dipendesse dall’ora del giorno in cui erano state effettuate. Poiché necessita di molta potenza, il Tls funziona principalmente di notte, quando nessun altro strumento di Curiosity funziona. L’atmosfera marziana di notte è quieta, quindi il metano che fuoriesce dal terreno si accumula vicino alla superficie, dove Curiosity può rilevarlo. D’altra parte, il Trace Gas Orbiter richiede la luce solare per individuare il metano a circa 5 chilometri sopra la superficie. «Qualsiasi atmosfera vicino alla superficie di un pianeta attraversa un ciclo giornaliero», spiega Moores. Il calore del Sole agita l’atmosfera, con l’aria calda che sale e l’aria fredda che scende. Pertanto, il metano che di notte è confinato vicino alla superficie, durante il giorno viene mescolato nell’atmosfera in un volume molto più ampio, che lo diluisce a livelli non rilevabili.

Il team di Curiosity ha quindi deciso di testare la previsione di Moores facendo le sue prime misurazioni diurne ad alta precisione, ottenendo valori pari a circa 0.05 parti per miliardo di volume. Il Tls ha misurato il metano in modo continuativo nel corso di un intero giorno marziano, mettendo a confronto una misurazione notturna con due misurazioni diurne. In ogni esperimento, Sam ha aspirato l’aria marziana per due ore, rimuovendo continuamente l’anidride carbonica che costituisce il 95 per cento dell’atmosfera del pianeta. Questa procedura ha lasciato un campione concentrato di metano che il Tls ha potuto facilmente misurare facendo passare un raggio laser a infrarossi attraverso il campione molte volte, alla lunghezza d’onda della luce che viene assorbita dal metano. «John aveva previsto che il metano scendesse a zero durante il giorno e le nostre due misurazioni diurne lo hanno confermato», afferma Paul Mahaffy, Principal Investigator di Sam. Inoltre, la misurazione notturna del Tls rientra perfettamente nella media che il team aveva già stabilito in precedenza.

Il rover Curiosity della Nasa ha catturato queste nubi il 7 maggio 2019, il 2400esimo giorno marziano, o sol, della missione. Curiosity ha utilizzato le sue fotocamere di navigazione in bianco e nero per scattare la foto, dove sono probabilmente presenti nubi di ghiaccio d’acqua a circa 31 chilometri sopra la superficie. Crediti: Nasa/Jpl-Caltech

Se da una parte questo studio suggerisce che le concentrazioni di metano aumentano e diminuiscono durante il giorno sulla superficie del cratere Gale, mettendo ragionevolmente a tacere la diatriba dovuta alla grande discrepanza rilevata dai due strumenti, gli scienziati non hanno ancora risolto il rompicapo del metano su Marte a livello globale. Il metano è una molecola stabile la cui “vita” su Marte dovrebbe aggirarsi sui 300 anni circa, prima di essere distrutta dalla radiazione solare. Ma se il metano fuoriesce costantemente da tutti i crateri, cosa che gli scienziati ritengono probabile visto che il cratere Gale non sembra essere unico nel suo genere, nell’atmosfera dovrebbe essersi accumulato abbastanza metano da essere rilevato anche dal Trace Gas Orbiter.

Ebbene, gli scienziati sospettano che qualcosa stia distruggendo il metano in un tempo inferiore ai 300 anni. Attualmente sono in corso esperimenti per verificare se scariche elettriche di livello molto basso indotte dalla polvere nell’atmosfera marziana potrebbero distruggere il metano, o se l’ossigeno in prossimità della superficie marziana lo riesce a distruggere rapidamente, prima che riesca a raggiungere l’alta atmosfera.

Ci stiamo dunque avvicinando a spiegare il mistero del metano su Marte, ma ancora non è detta l’ultima parola. «Per riconciliare completamente i set di dati dal rover e dall’orbiter, dobbiamo capire se esiste un meccanismo di distruzione più veloce del previsto», conclude Webster.

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