SUPPLEMENTO DI INDAGINE SUI DATI DEL RADAR MARSIS

Laghi marziani sotterranei: analizzati nuovi segnali

Passando al vaglio 15 anni di dati raccolti dalla sonda Esa Mars Express sull’intera regione del polo sud marziano, due ricercatori del Jpl hanno trovato molti nuovi echi radar simili a quelli che, nel 2018, erano stati interpretati come segnale della presenza di acqua liquida sotterranea. I nuovi potenziali laghi, però, si troverebbero in regioni troppo fredde per consentire la presenza di acqua liquida. Con un commento di Roberto Orosei dell’Inaf di Bologna

     29/06/2021

Rappresentazione artistica dell’orbiter Mars Express dell’Esa mentre sorvola il Pianeta. Lo strumento Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionospheric Sounding (Marsis) è stato fornito dal Jet Propulsion Laboratory della Nasa e dall’Agenzia spaziale italiana. Crediti: Esa/Nasa/Jpl-Caltech

Forse alcuni nostri lettori ricorderanno la scoperta, avvenuta tre anni fa, d’un lago d’acqua allo stato liquido nel sottosuolo del Pianeta rosso. Pubblicato nell’estate del 2018 su Science da un team a guida italiana, si trattava di un risultato ottenuto grazie ad anni di osservazioni di una regione del polo sud di Marte, il Planum Australe, con il radar Marsis a bordo della sonda Mars Express dell’Agenzia spaziale europea. Due ricercatori del Jet Propulsion Laboratory (Jpl) della Nasa hanno in seguito analizzato un più ampio insieme di dati – per estensione dell’area osservata e per profondità – raccolti dallo stesso strumento nell’arco di 15 anni sull’intera regione del polo sud marziano. Dati dai quali, scrivono in un articolo pubblicato lo scorso 16 giugno su Geophysical Research Letters, emergerebbe la presenza di dozzine di riflessi radar simili a quelli riportati nello studio del 2018. Indizio dunque della presenza di altri laghi sotterranei. Molti di questi, però, si troverebbero in regioni nelle quali la temperatura è in teoria troppo bassa per consentire la presenza di acqua allo stato liquido.

Parliamo di temperature che in alcune delle aree prese in esame nel nuovo studio arrivano fino a 63 gradi sotto zero: troppo basse per consentire la presenza di acqua liquida. E questo anche tenendo in considerazione la presenza di perclorati – minerali “salati” che abbassano notevolmente il punto di congelamento. Per mantenere l’acqua allo stato liquido in quelle regioni occorrerebbero, per esempio, dei vulcani. Dei quali però non vi è traccia. «Non abbiamo trovato alcuna prova convincente di episodi di vulcanismo recente al polo sud, dunque ci sembra improbabile che l’attività vulcanica abbia consentito la presenza di acqua liquida sotterranea in questa regione», dice infatti il primo autore dello studio, Aditya Khuller, oggi dottorando all’Arizona State University.

I punti colorati rappresentano i siti in cui Mars Express ha individuato echi radar luminosi sulla calotta polare sud di Marte. Crediti: Esa/Nasa/Jpl-Caltech

In altre parole, aver trovato “firme radar” molto simili a quelle descritte nell’articolo del 2018 anche in regioni incompatibili con la presenza di acqua liquida porrebbe qualche interrogativo su come interpretare i dati di Marsis, e in particolare l’intensità dei segnali riflessi. «O l’acqua liquida è comune sotto il polo sud di Marte o questi segnali sono indicativi di qualcos’altro», conclude il secondo autore del nuovo studio, Jeffrey Plaut, ricercatore al Jpl e co-principal investigator dello strumento Marsis. Detto altrimenti: se laghi sotterranei probabilmente ghiacciati producono lo stesso tipo di eco, non è che anche i dati dello studio del 2018 si sarebbero potuti interpretare come prodotti da un lago ghiacciato, e non liquido come proposto all’epoca?

Ma le cose potrebbero essere più complesse. «Nel 2018 osservammo che echi radar forti provenivano anche da un’altra zona sotto la calotta polare sud di Marte dove però, per una serie di ragioni, non ipotizzammo che vi fosse acqua», ricorda infatti il primo autore dello studio del 2018 su Science, Roberto Orosei dell’Istituto nazionale di astrofisica, al quale abbiamo chiesto un commento sullo studio di Khuller e Plaut. «Su Marte come anche sulla Terra non si possono trarre conclusioni solo sulla base dell’intensità degli echi radar: occorre un lavoro di verifica attraverso gli altri dati disponibili, e un’accurata modellizzazione della propagazione del segnale radar nel sottosuolo. La scoperta di altre zone a forte riflettività basale è l’inizio di un lavoro di esplorazione che richiederà tempo anche per accumulare un numero sufficiente di osservazioni ad alta risoluzione come per i lavori del 2018 e del 2020».

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