LA PAROLA ALLE FUSIONI DI STELLE DI NEUTRONI E BUCHI NERI

La costante di Hubble da collisioni catastrofiche

Secondo un nuovo studio della University College London, l’osservazione delle violente collisioni di buchi neri e stelle di neutroni potrebbe presto fornire una nuova misura indipendente della velocità di espansione dell'universo, aiutando a risolvere la controversia di lunga data sulla stima della costante di Hubble. Tutti i dettagli su Physical Review Letters

     03/05/2021

Secondo un nuovo studio di Ucl, pubblicato su Physical Review Letters, l’osservazione delle violente collisioni di buchi neri e stelle di neutroni potrebbe presto fornire una nuova misura della velocità di espansione dell’universo, aiutando a risolvere una controversia di lunga data. Crediti: University College London

Attualmente, i due metodi migliori per stimare il tasso di espansione dell’universo – quello che impiega variabili Cefeidi ed esplosioni di supernove, e la misura delle anisotropie della radiazione cosmica di fondo – danno valori molto diversi, lasciando intendere che la nostra teoria che descrive l’universo stesso potrebbe essere sbagliata. Un terzo tipo di misurazione, che sfrutta le potenzialità dell’astronomia multimessaggera e che si basa sull’osservazione delle emissioni elettromagnetiche e delle onde gravitazionali generate dalla fusione di buchi neri e stelle di neutroni, dovrebbe aiutare a risolvere il disaccordo e chiarire se la nostra teoria dell’universo sia effettivamente da riscrivere.

Un nuovo studio pubblicato su Physical Review Letters presenta i risultati di una simulazione di 25mila scenari di fusione tra buchi neri e stelle di neutroni, il cui scopo è stato quello di capire quante di queste fusioni potrebbero essere potenzialmente rilevate dagli strumenti sulla Terra. I ricercatori hanno scoperto che, entro il 2030, gli strumenti terrestri potrebbero percepire le increspature nello spaziotempo causate da un massimo di 3mila fusioni di questo tipo e che per circa 100 di questi eventi i telescopi saranno anche in grado di captare emissioni di radiazione. Gli scienziati hanno concluso che questi dati sarebbero sufficienti per fornire una nuova misura completamente indipendente della velocità di espansione dell’universo, abbastanza precisa e affidabile da confermare o negare la necessità di una nuova fisica. L’idea che a mettere la parola fine alla disputa sull’espansione dell’universo potrebbero essere le onde gravitazionali generate da questi eventi catastrofici non è nuova: gli stessi autori l’avevano proposta un paio di anni fa.

«Una stella di neutroni è una stella morta, generata allorché una stella molto grande esplode e poi collassa», spiega Stephen Feeney del dipartimento di fisica e astronomia della Ucl (University College London), primo autore dello studio. «È incredibilmente densa – tipicamente ha un diametro di circa 16 chilometri e una massa fino a due volte quella del Sole. La sua collisione con un buco nero è un evento catastrofico, che causa increspature nello spaziotempo note come onde gravitazionali, che possiamo rilevare sulla Terra con osservatori come Ligo e Virgo».

Le onde gravitazionali vengono rilevate da due osservatori negli Stati Uniti (Ligo), uno in Italia (Virgo) e uno in Giappone (Kagra). Un quinto osservatorio, Ligo-India, è attualmente in costruzione. «I progressi nella sensibilità delle apparecchiature che rilevano le onde gravitazionali», continua Feeney «insieme ai nuovi rilevatori in India e Giappone, porteranno a un enorme balzo in avanti in termini di numero di eventi di questo tipo che potremo rilevare».

Per calcolare la velocità di espansione dell’universo – la costante di Hubble – gli astrofisici devono conoscere la distanza degli oggetti astronomici dalla Terra e la velocità alla quale si stanno allontanando. L’analisi delle onde gravitazionali ci dice quanto è distante la collisione, lasciando da determinare solo la velocità. Per capire quanto velocemente la galassia che ospita una collisione si sta allontanando si osserva il redshift, ovvero come la lunghezza d’onda della luce prodotta da una sorgente risulta aumentata per via del suo movimento. Le emissioni di radiazione che possono accompagnare queste collisioni ci aiutano a individuare la galassia in cui è avvenuta la collisione, consentendo ai ricercatori di combinare le misurazioni della distanza con quelle di redshift.

«I modelli al computer di questi eventi catastrofici sono incompleti e questo studio dovrebbe fornire una motivazione aggiuntiva per migliorarli. Se le nostre ipotesi sono corrette, molte di queste collisioni non produrranno emissioni di radiazione rilevabili: il buco nero inghiottirà la stella senza lasciare traccia. Ma in alcuni casi un buco nero più piccolo potrebbe distruggere la stella di neutroni prima di inghiottirla, lasciando materia al di fuori del buco stesso che emette radiazioni elettromagnetiche», sostiene Feeney.

Attualmente, le due migliori stime della velocità di espansione dell’universo sono di 67 chilometri al secondo per megaparsec e 74 chilometri al secondo per megaparsec. La prima deriva dall’analisi del fondo cosmico a microonde mentre la seconda proviene dal confronto di stelle a diversa distanza dalla Terra, in particolare le variabili Cefeidi e le supernove di tipo Ia. «Poiché la misurazione del fondo a microonde necessita di una teoria completa dell’universo, al contrario del metodo stellare, il disaccordo offre stuzzicanti evidenze di una nuova fisica, che va oltre la nostra attuale comprensione. Tuttavia, prima di poter fare tali affermazioni abbiamo bisogno della conferma del disaccordo da osservazioni completamente indipendenti. Riteniamo che queste possano essere fornite dalle collisioni buco nero-stella di neutroni», conclude fiducioso Feeney.

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