LO STUDIO SU MONTHLY NOTICES OF THE ROYAL ASTRONOMICAL SOCIETY

Prendendo la febbre alle supergiganti rosse

Un team di astronomi guidati dall'università di Kyoto, in Giappone, ha sviluppato una nuova tecnica che permette di determinare in maniera accurata la temperatura superficiale delle supergiganti misurando il rapporto fra le intensità di alcune righe d’assorbimento del ferro. Il metodo è stato sperimentato con lo spettrometro Winered, e potrebbe essere d’aiuto per migliorare la comprensione del ciclo vitale di queste stelle

     01/03/2021

Per noi esseri umani, misurare la temperatura corporea è una pratica abbastanza semplice, divenuta una routine nel periodo che stiamo attraversando: basta procurarsi un termo scanner, disponibile oramai presso qualsiasi farmacia, puntarlo verso la fronte ed è fatta: in maniera quasi istantanea sul display dello strumento apparirà il valore esatto che i sensori a infrarossi hanno misurato.

La supergigante rossa Betelgeuse al centro, tra due grandi nubi arancioni. Crediti: 2021 Andrew Klinger

Compiere la stessa operazione con le supergiganti rosse, enormi stelle che si trovano negli ultimi stadi della propria vita – dunque pronte per esplodere in una supernova di tipo II – è molto difficile. Il motivo è la complessa struttura delle loro estese atmosfere. Ciò spiega in parte perché, nonostante siano da anni oggetto di studio degli astronomi, i loro cicli vitali non sono completamente compresi.

Un team di astronomi guidato dell’Università di Tokyo ha ora sviluppato un nuovo metodo che permetterebbe di determinare accuratamente le temperature superficiale di questi oggetti celesti a partire da osservazioni spettroscopiche. Descritto in un articolo accettato per la pubblicazione su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, il metodo si basa sugli stessi principi di una tecnica già nota chiamata line-depth ratio (Ldr), ma a differenza della tecnica convenzionale, che prevede di misurare le intensità delle righe spettrali di più specie chimiche, quella proposta dai ricercatori consente di stimare la temperatura superficiale usando le sole righe di assorbimento Fe I del ferro ottenute nel vicino infrarosso. Si tratta, spiegano gli autori, di una tecnica che non è sensibile agli effetti della gravità superficiale e che dovrebbe superare l’incertezza nelle misure dovute alla spessa atmosfera di queste stelle.

«Per misurare la temperatura delle supergiganti rosse, dovevamo trovare una proprietà visibile, o spettrale, che non fosse influenzata dalle loro complesse atmosfere superiori», dice Daisuke Taniguchi, dottorando al Dipartimento di astronomia dell’Università di Tokyo e primo autore della pubblicazione. «Le firme chimiche conosciute come righe di assorbimento erano le candidate ideali, ma una linea che da sola riveli la temperatura non c’è. Tuttavia, guardando al rapporto tra due righe di assorbimento diverse ma in relazione fra loro – nella fattispecie quelle del ferro – abbiamo trovato il rapporto medesimo correlato alla temperatura».

Per ottenere le firme chimiche in questione, il team ha osservato un gruppo di dieci supergiganti rosse note – tra le quali Betelgeuse, la celebre stella della costellazione di Orione di recente passata agli onori della cronaca per via della diminuzione della sua luminosità, che ha fatto ipotizzare un’imminente esplosione in supernova – con lo spettrografo Winered, uno strumento sviluppato dall’Università di Tokyo e dal Laboratorio di spettroscopia a infrarossi ad alta risoluzione  della Kyoto Sangyo University  in grado misurare le proprietà spettrali degli oggetti celesti. Una volta ottenuti gli spettri di assorbimento del Fe I, gli astronomi hanno calcolato il rapporto fra le intensità per alcune coppie di queste righe e utilizzato i valori così ottenuti per stimare le temperature delle stelle osservate. Non solo: combinando questi valori di temperatura con accurate misurazioni della distanza ottenute dall’osservatorio spaziale Gaia dell’Agenzia spaziale europea, i ricercatori hanno calcolato la loro luminosità, ottenendo risultati in accordo con le previsioni teoriche.

Come detto, le supergiganti rosse terminano la loro vita con una supernova di tipo II, una violenta esplosione che semina il cosmo con elementi essenziali per la vita. Un modo per prevedere con precisione quando avverranno questi fuochi di artificio cosmici al momento non c’è. Indizi a riguardo potrebbero essere ottenuti studiando la natura delle supergiganti rosse che precedono la fase di supernova.

«Abbiamo ancora molto da imparare sulle supernove e sugli oggetti e i fenomeni correlati, ma penso che questa ricerca aiuterà gli astronomi a colmare alcuni dei vuoti», conclude Taniguchi. «La stella gigante Betelgeuse potrebbe diventare una supernova nel corso della nostra vita – nel 2019 e nel 2020 la sua luminosità si è attenuata in modo inaspettato. Essere in grado di prevedere se e quando diventerà una supernova sarebbe affascinante. Spero che la nostra nuova tecnica contribuisca a questo e altro ancora».

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