OGGI SU NATURE ASTRONOMY

Collisioni galattiche, buchi neri a stecchetto

Secondo uno studio condotto da ricercatori dell'Università di Tokyo, le collisioni frontali tra galassie attive possono ridurre l’attività dei buchi neri massicci che ospitano al loro centro, spazzando via il disco di accrescimento contenente la materia di cui si nutrono

     25/01/2021

Rappresentazione artistica di un nucleo galattico attivo al quale viene sottratto il gas. Crediti: Miki et al., 2021

I buchi neri supermassicci sono oggetti celesti con masse enormi – da milioni a miliardi di volte quella del Sole – che si trovano al centro di quasi tutte le galassie, compresa la nostra Via Lattea. In alcune di esse i buchi neri sono “dormienti”, ma in altre – chiamate nuclei galattici attivi – questi mostri cosmici sono in pieno fermento, dediti cioè all’attività che meglio sanno fare: ingurgitare a ritmi sostenuti la materia che si trova nel disco di accrescimento che li circonda. Un banchetto che può perdurare fino a centinaia di milioni di anni, e che gli astronomi chiamano ciclo di attività di un nucleo galattico attivo.

Questi periodi caratterizzati da un regime alimentare smodato sono strettamente collegati all’evoluzione delle galassie, e quindi anche alle loro collisioni. In particolare, alcuni lavori hanno mostrato come lo scontro tra galassie possa incrementare o innescare l’attività di questi buchi neri. Tuttavia, secondo uno studio pubblicato oggi su Nature Astronomy le cose non starebbero esattamente così: alcune collisioni tra galassie sarebbero in grado di limitarne l’attività, riducendo la quantità di materia disponibile.

«Finora si è ipotizzato che la collisione tra galassie fornisse a un buco nero massiccio all’interno del nucleo carburante sotto forma di materia, e che questo carburante lo alimentasse incrementando notevolmente la sua attività, che noi vediamo rilevando emissioni alle lunghezze d’onda dell’ultravioletto e dell’X», spiega Yohei Miki, ricercatore postdoc all’Università di Tokyo e primo autore della pubblicazione. «Ma ora abbiamo buone ragioni per credere che questa sequenza di eventi non sia inevitabile, e che in effetti possa verificarsi anche l’esatto contrario».

Questo scenario alternativo, in cui l’interazione tra galassie sarebbe in grado di ridurre l’attività prandiale dei buchi neri, si verificherebbe in particolare quando due galassie di dimensioni diverse collidono frontalmente, cioè con i dischi di accrescimento orientati “testa-testa”. Durante questo scontro tra titani, la galassia più piccola verrà fatta a pezzi dalle enormi forze mareali causate dall’attrazione gravitazionale di quella più grande. Ma quel che più è interessante, e che spiega lo spegnimento dell’attività dei buchi neri, è la fine dei dischi di accrescimento: secondo quanto riporta l’articolo, verrebbero letteralmente spazzati via, lasciando così i famelici oggetti celesti a stecchetto.

Nello studio, i ricercatori hanno simulato diversi possibili scenari di collisioni galattiche utilizzando sofisticati modelli analitici e simulazioni idrodinamiche tridimensionali, inserendo come set di parametri iniziali quelli della collisione cui è andata incontro M31, ovvero la galassia di Andromeda, che contiene numerose sottostrutture prodotte – dicono alcune simulazioni – da una piccola fusione avvenuta circa un miliardo di anni fa. In tutti i casi simulati, i ricercatori volevano capire cosa accadesse al disco di accrescimento che circonda i buchi neri al centro delle galassie.

Visualizzazioni del modello dinamico che simula due diversi scenari di collisione di galassie: nella riga in alto uno scontro che riduce l’attività del nucleo, nella riga in basso una collisione che invece aumenta l’attività. Crediti: Miki et al. 2021

«Abbiamo studiato l’evoluzione dinamica del disco di gas che circonda il buco nero massiccio. Se la galassia in collisione accelera questa struttura toroidale al di sopra di una certa soglia, determinata dalle proprietà del buco nero, la materia potrebbe essere espulsa lasciando il buco nero affamato», spiega Miki. «Questi eventi possono durare anche milioni di anni, tuttavia non sappiamo per quanto tempo si possa prolungare la soppressione dell’attività del buco nero».

Le collisioni di galassie attive possono dunque essere responsabili sia dello spegnimento dell’attività di un buco nero, spiazzando il disco di gas che lo circonda, che del potenziamento di questa attività, fornendo altra materia da ingurgitare. Quale delle due condizioni si manifesti dipenderebbe dal tipo di scontro: frontale, ovvero con i dischi orientati testa-testa, nel primo caso, o in qualsiasi altra orientazione che non sia testa-testa, nel secondo. Questa ricerca, concludono i ricercatori, potrebbe aiutarci a capire come si è evoluta la nostra galassia che, come per M31, si ipotizza si sia scontrata con molte altre galassie più piccole durante la sua formazione.

Per saperne di più:

Guarda l’animazione di Miki et al. dell’Università di Tokyo: