SU A&A LO STUDIO A FIRMA ASI, INAF E INFN

Tre occhi X italiani per il buco nero centrale

A bordo dell’Imaging X-ray Polarimetry Explorer (Ixpe) della Nasa, una missione spaziale con lancio previsto nel 2021 sviluppata in collaborazione con l’Agenzia spaziale italiana, ci saranno tre rivelatori “made in Italy” per lo studio e la misura della polarizzazione dei raggi X emessi da sorgenti astrofisiche

     11/11/2020

Rappresentazione artistica di Ixpe. Crediti: Nasa

Studierà e misurerà la polarizzazione dei raggi X emessi da sorgenti astrofisiche. Questo il compito della missione Ixpe della Nasa sviluppata in collaborazione con l’Agenzia spaziale italiana (Asi) il cui lancio è previsto per l’autunno del 2021. Il piano delle osservazioni delle sorgenti che misurerà la sonda è stato oggetto di una pubblicazione sulla rivista Astronomy&Astrophysics, dal titolo “Prospects for IXPE and eXTP polarimetric archaeology of the reflection nebulae in the Galactic center” alla quale hanno partecipato scienziati dell’Asi, dell’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn) e dell’Università di Strasburgo.

La missione Ixpe avrà a bordo 3 telescopi con rivelatori basati sulla tecnologia innovativa dei Gas Pixel Detector. Tali rivelatori, risultato degli sforzi iniziati negli anni ‘80, permettono di misurare la polarizzazione dei raggi X emessi da sorgenti astrofisiche. Ixpe aprirà così una nuova finestra osservativa perché sarà la prima missione interamente dedicata a misure di polarizzazione nei raggi X. Questo tipo di misura permette di studiare la geometria e i processi fisici di emissione di radiazione e accelerazione di particelle in ambienti con campi magnetici e gravitazionali estremi.

È questo, ad esempio, il caso di Sagittarius A*, il buco nero di grande massa centro della Via Lattea. La scoperta che al centro della nostra galassia c’è un buco nero avente una massa di 4 milioni di volte la massa del Sole, resa possibile dagli studi dalle orbite stellari nella regione del centro Galattico, ha portato quest’anno al premio Nobel per la fisica per Andrea Ghez e Robert Genzel.

Data la sua vicinanza a noi, Sagittarius A* è un perfetto laboratorio di archeologia galattica per studiare come l’attività “cannibale” dei buchi neri di grande massa cambia nel tempo. Negli ultimi vent’anni, grandi sforzi degli astronomi sono stati dedicati a capire se, milioni di anni fa, il “nostro” nucleo galattico sia stato molto più simile a quello dei potenti quasar lontani che ospitano buchi neri molto voraci nel mangiare la materia circostante. Si ipotizza, ad esempio, che le nubi molecolari che circondano il nostro nucleo galattico riflettano oggi la luce emessa dal centro galattico qualche centinaio di anni fa, quando era un milione di volte più luminoso di oggi. L’ipotesi che le nubi traccino un’attività passata del cannibale al centro della nostra galassia è un’ipotesi affascinante, che la polarimetria X potrà testare con una lunga esposizione della zona interessata.

Attraverso le osservazioni Ixpe delle nubi molecolari si potrà, infatti, determinare la direzione di provenienza della sorgente che le ha precedentemente illuminate, questo perché la polarizzazione funge da goniometro galattico. L’angolo di polarizzazione indica infatti la direzione della sorgente illuminante mentre il grado di polarizzazione indica la distanza relativa tra sorgente, nube e osservatore. Questo studio sarà una delle sfide più grandi che affronterà Ixpe, in quanto l’ambiente galattico che ospita il buco nero e le nubi molecolari è permeato di gas che contamina il livello di polarizzazione della luce. In questo lavoro, i ricercatori Asi, Inaf e Infn – dice Laura di Gesu, assegnista di ricerca Asi e prima autrice del lavoro – hanno stimato che occorre un’osservazione di circa un mese per fare questa misura decisiva per la nostra comprensione della storia passata del buco nero super-massiccio a noi più vicino.

«Tutte le galassie ospitano un buco nero di grande massa nel proprio nucleo», continua Di Gesu. «Più è massiccio il buco nero, più, in proporzione, sono numerose le stelle negli sferoidi delle galassie. Quindi i cicli di attività cannibale dei buchi neri e l’evoluzione della galassia sono strettamente collegati. Ricostruire la storia passata del “nostro” buco nero è di fondamentale importanza per costruire un quadro chiaro di come tutte le galassie coevolvono con il buco nero al loro centro».

Paolo Soffitta (Inaf Iaps Roma), responsabile scientifico italiano di Ixpe. Crediti: Media Inaf

«A conclusione di quasi quattro anni di intenso lavoro dedicati alla progettazione e alla costruzione dello strumento di piano focale», spiega Melissa Pesce-Rollins, coautrice dello studio e ricercatrice della sezione Infn di Pisa, «ci troviamo adesso nella fase, delicata e importantissima, di preparazione all’analisi dei dati scientifici. Il team italiano possiede un ampio ventaglio di competenze, dalla modellistica agli strumenti di simulazione e di analisi, e con questo importante lavoro si dimostra ancora una volta in grado di giocare un ruolo di primo piano».

«La misura della polarizzazione della radiazione proveniente dalle nubi molecolari del centro galattico è da vent’anni una delle misure più belle ed affascinanti proposte per un polarimetro di piano focale ad effetto fotoelettrico», sottolinea Paolo Soffitta, ricercatore Inaf e responsabile scientifico italiano della missione Ixpe. «La misura è molto difficile perché si tratta di sorgenti deboli ed estese immerse in un fondo di plasma caldo. Questo studio però rafforza la nostra convinzione che è ora possibile determinare se il buco nero al centro della nostra galassia, che oggi mostra una attività bassissima, nel passato abbia avuto una luminosità un milione di volte più intensa, proprio come quella caratteristica di un nucleo galattico attivo. Questa idea, proposta per la prima volta negli anni ‘90 da Rashid Sunyaev, potrà per la prima volta essere confermata dalle prossime osservazioni di Ixpe».

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