È IL SECONDO QUASAR PIÙ LONTANO DI SEMPRE, E IL PIÙ MASSICCIO

Un buco nero mostruoso nell’universo primordiale

Gli astronomi hanno scoperto il secondo quasar più lontano di sempre, nonché il primo a ricevere un nome indigeno hawaiano, Pōniuāʻena. Con una massa di 1.5 miliardi di volte la massa del Sole, è il quasar più massiccio a oggi conosciuto nell'universo primordiale, la cui luce risale a un periodo in cui l’universo aveva solo 700 milioni di anni, ossia 13 miliardi di anni fa. Alla ricerca, pubblicata su ApJ Letters, ha partecipato anche Roberto Decarli dell'Inaf

     29/06/2020

Impressione artistica del quasar Pōniuāʻena. Si tratta del secondo quasar più lontano mai osservato, trovato con l’Osservatorio Gemini e al Cerro Tololo Inter-American Observatory. È il primo quasar a ricevere un nome indigeno hawaiano: in onore della sua scoperta da Maunakea, una montagna sacra venerata nella cultura hawaiana, al quasar J1007 + 2115 è stato dato il nome hawaiano Pōniuāʻena, che significa “invisibile sorgente rotante della creazione, circondata da splendore”. Crediti: International Gemini Observatory/Noirlab/Nsf/Aura/P. Marenfeld

Grazie all’Osservatorio Gemini e al Cerro Tololo Inter-American Observatory (Ctio) – programmi del Noirlab (National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory) della National Science Foundation – gli astronomi hanno scoperto il secondo quasar più lontano di sempre. Si tratta inoltre del primo quasar a ricevere un nome indigeno hawaiano, Pōniuāʻena. Nel quasar risiede un buco nero mostruso, la cui massa è il doppio della massa del buco nero supermassiccio presente nell’unico altro quasar risalente alla stessa epoca, e sfida le attuali teorie sulla formazione e la crescita dei buchi neri supermassicci nell’universo primordiale.

Dopo più di un decennio di ricerche dal primo quasar, un gruppo internazionale di astronomi – tra cui Roberto Decarli dell’Inaf – ha utilizzato l’Osservatorio Gemini e il Ctio di Noirlab per trovare il quasar più massiccio a oggi conosciuto nell’universo primordiale, la cui luce risale a un periodo in cui l’universo aveva solo 700 milioni di anni, rispetto al Big Bang – che corrisponde a un redshift di 7.52 o a guardare indietro nel tempo di 13.02 miliardi di anni.

I quasar sono gli oggetti più energetici dell’universo, alimentati da buchi neri supermassicci. Sin dalla loro scoperta, gli astronomi stanno cercando di capire quando siano apparsi per la prima volta nella nostra storia cosmica.

Ricerche sistematiche di questi oggetti hanno portato alla scoperta, nel 2018, del quasar più distante (J1342 + 0928) e ora del secondo quasar più distante: J1007 + 2115. Il programma A Hua He Inoa ha chiamato l’oggetto J1007 + 2115 Pōniuāʻena, che significa “invisibile sorgente rotante della creazione, circondata da splendore” in lingua hawaiana. Il buco nero supermassiccio che alimenta Pōniuāʻena è 1.5 miliardi di volte più massiccio del nostro Sole.

«Pōniuāʻena è l’oggetto più distante a oggi conosciuto nell’universo che ospita un buco nero che supera un miliardo di masse solari», ha detto Jinyi Yang, ricercatore presso lo Steward Observatory dell’Università dell’Arizona. Affinché un buco nero di queste dimensioni si riesca a formare così presto nell’Universo, dovrebbe partire da un piccolo “seme” di 10mila masse solari, circa 100 milioni di anni dopo il Big Bang, piuttosto che crescere da un buco nero molto più piccolo formato dal collasso di un’unica stella.

«Come può l’universo produrre un buco nero così massiccio, così presto nella sua storia?» si chiede Xiaohui Fan, professore del Dipartimento di Astronomia dell’Università dell’Arizona. «Questa scoperta rappresenta la sfida più grande che si sia mai presentata per quanto riguarda la teoria della formazione e della crescita dei buchi neri nell’universo primordiale».

La teoria attuale suggerisce che all’inizio dell’universo, dopo il Big Bang, gli atomi fossero troppo distanti tra loro per interagire e formare stelle e galassie. La nascita delle stelle e delle galassie, così come le conosciamo noi, avvenne durante l’epoca della reionizzazione, a partire da circa 400 milioni di anni dopo il Big Bang. La scoperta di un quasar come Pōniuāʻena, nella lontana epoca della reionizzazione, è un grande passo avanti verso la comprensione del processo di reionizzazione e della formazione dei primi buchi neri supermassicci e di galassie massicce. Pōniuāʻena ha posto nuovi e importanti vincoli sull’evoluzione della materia tra le galassie – il cosiddetto mezzo intergalattico – nell’epoca della reionizzazione.

Impressione artistica della formazione del quasar Pōniuāʻena, a partire da un “seme” di buco nero, 100 milioni di anni dopo il Big Bang. Crediti: International Gemini Observatory/Noirlab/Nsf/Aura/P. Marenfeld

La ricerca di quasar distanti è iniziata combinando varie survey effettuate su grandi aree come la survey di imaging Decals, che utilizza la Dark Energy Camera (Decam) sul telescopio da 4 metri Víctor M. Blanco, situato presso il Ctio in Cile. Il team ha scoperto un possibile quasar nei dati e, nel 2019, l’ha osservato con vari telescopi tra cui il Gemini North e l’Osservatorio W.M. Keck, entrambi a Maunakea sull’isola delle Hawaii. Lo strumento Gnirs del Gemini ha confermato l’esistenza di Pōniuāʻena. «Le osservazioni con il Gemini sono state fondamentali per ottenere spettri nel vicino infrarosso di alta qualità che ci hanno fornito la misurazione della straordinaria massa del buco nero», ha dichiarato Feige Wang, coautore dello Steward Observatory.

In onore della scoperta effettuata da Maunakea, a questo quasar è stato dato un nome hawaiano, ideato da una trentina di insegnanti delle scuole di immersione hawaiane durante un workshop organizzato dal gruppo A Hua He Inoa, un programma di denominazione hawaiano guidato dal Centro di astronomia di Imiloa delle Hawaii.

Per saperne di più:

  • Leggi su arXiv il preprint dell’articolo “Pōniuā’ena: A Luminous z=7.5 Quasar Hosting a 1.5 Billion Solar Mass Black Hole” di Jinyi Yang, Feige Wang, Xiaohui Fan, Joseph F. Hennawi, Frederick B. Davies, Minghao Yue, Eduardo Banados, Xue-Bing Wu, Bram Venemans, Aaron J. Barth, Fuyan Bian, Konstantina Boutsia, Roberto Decarli, Emanuele Paolo Farina, Richard Green, Linhua Jiang, Jiang-Tao Li, Chiara Mazzucchelli, Fabian Walter.