LA SCOPERTA PUBBLICATA SU NATURE ASTRONOMY

Supernova record: la più brillante di sempre

È almeno due volte più luminosa ed energetica di qualsiasi altra supernova osservata finora. Con una massa tra le 50 e 100 volte la massa del Sole, sembra essere la supernova più massiccia a oggi nota, e potrebbe essere un esempio di supernova a instabilità di coppia pulsazionale, un oggetto estremamente raro. «È un modo estremo nel quale una stella può morire», dice a Media Inaf Raffaella Margutti, una fra le autrici della scoperta

     15/04/2020

Rappresentazione artistica di una supernova. Crediti: Aaron Geller (Northwestern University)

Un team internazionale di astronomi, guidato dall’Università di Birmingham, ha identificato una supernova almeno due volte più luminosa ed energetica – e probabilmente molto più massiccia – di qualsiasi altra supernova osservata finora. Il team, che comprende esperti della Harvard University, della Northwestern University e della Ohio University, ritiene che la supernova, chiamata Sn 2016aps, potrebbe essere un perfetto esempio di supernova a instabilità di coppia pulsazionale, un oggetto estremamente raro, presumibilmente originato da due enormi stelle che si sono fuse prima dell’esplosione. I risultati del loro studio sono stati pubblicati su Nature Astronomy.

Fino a oggi, un simile evento era contemplato solo a livello teorico, e non era mai stato confermato da osservazioni astronomiche. Matt Nicholl, della School of Physics and Astronomy e dell’Institute of Gravitational Wave Astronomy dell’Università di Birmingham, primo autore dello studio, spiega: «Possiamo misurare le supernove usando due scale: l’energia totale rilasciata dall’esplosione e la quantità di quell’energia che viene emessa come luce visibile. In una tipica supernova, quest’ultima radiazione visibile è inferiore all’un per cento dell’energia totale. Ma per Sn 2016aps abbiamo scoperto che la radiazione visibile è stata cinque volte superiore all’energia totale emessa da una supernova di dimensioni normali. Non avevamo mai visto emettere una simile quantità di luce da una supernova».

Per essere così luminosa, l’esplosione deve essere stata molto più energetica del solito. Esaminando lo spettro della luce, il team è stato in grado di dimostrare che l’esplosione è stata alimentata dalla collisione tra la supernova e un enorme guscio di gas, disperso dalla stella stessa negli anni precedenti l’esplosione.

«Mentre molte delle supernove che vengono scoperte ogni notte si trova in enormi galassie», spiega Peter Blanchard, della Northwestern University e coautore dello studio, «questa supernova si è immediatamente distinta perché sembrava essere esplosa nel bel mezzo del nulla. Non siamo stati in grado di vedere la galassia dove è nata questa stella fino a quando la luce della supernova non si è affievolita».

Il team ha osservato l’esplosione per due anni, sino a quando la sua luminosità si è attenuata fino all’un per cento della sua luminosità massima. Usando queste osservazioni, hanno calcolato la massa della supernova che è risultata essere tra 50 e 100 volte la massa del Sole, quando in genere le supernove hanno masse comprese tra 8 e 15 masse solari.

«Le stelle con una massa estremamente grande risentono di violente pulsazioni prima di morire, scrollandosi di dosso un gigantesco guscio di gas. Questo fenomeno può essere alimentato da un processo chiamato instabilità di coppia, che negli ultimi 50 anni è stato un argomento di speculazione per i fisici» spiega Nicholl. «Se la supernova si muove nei tempi giusti, può raggiungere questo guscio e rilasciare un’enorme quantità di energia nella collisione. Pensiamo che questa supernova sia uno dei candidati a oggi più convincenti per questo tipo di processo mai osservato, e probabilmente la più massiccia».

«Sn 2016aps è avvolta anche da un altro enigma», ha aggiunto Nicholl. «Il gas che abbiamo rilevato è principalmente idrogeno, ma una stella così massiccia di solito dovrebbe aver perso tutto il suo idrogeno nei venti stellari molto prima di iniziare a pulsare. Una spiegazione potrebbe essere che due stelle leggermente meno massicce, diciamo intorno alle 60 masse solari, si siano fuse prima dell’esplosione. Le stelle di massa inferiore trattengono il loro idrogeno più a lungo, mentre la loro massa combinata è abbastanza alta da innescare l’instabilità di coppia».

Tra gli autori c’è anche l’italiana Raffaella Margutti, della Northwestern University, che ha rilasciato a Media Inaf un commento sull’importante scoperta: «Questa supernova ci permette di testare un modo estremo nel quale una stella può morire: stiamo parlando delle stelle più massive che esplodono in un ambiente molto denso, che è stato scolpito dalla massa persa proprio dalle stelle stesse negli anni prima di collassare».

«La scoperta di questa straordinaria supernova non sarebbe potuta avvenire in un momento migliore», secondo il professor Edo Berger, coautore della Harvard University. «Ora che sappiamo che in natura tali esplosioni energetiche possono verificarsi, il nuovo James Webb Space Telescope della Nasa sarà in grado di vedere eventi simili così lontani che potremo osservare indietro nel tempo, fino alla morte delle primissime stelle nell’Universo».

Per saperne di più:

  • Leggi su Nature Astronomy l’articolo “An extremely energetic supernova from a very massive star in a dense medium“, di Matt Nicholl, Peter K. Blanchard, Edo Berger, Ryan Chornock, Raffaella Margutti, Sebastian Gomez, Ragnhild Lunnan, Adam A. Miller, Wen-fai Fong, Giacomo Terreran, Alejandro Vigna-Gómez, Kornpob Bhirombhakdi, Allyson Bieryla, Pete Challis, Russ R. Laher, Frank J. Masci e Kerry Paterson