CHANDRA SCRUTA UN AMMASSO DI GALASSIE A 240 MILIONI DI ANNI LUCE

Nel cuore di Perseo, in cerca di una nuova fisica

Cinque giorni di osservazioni con il telescopio spaziale della Nasa non hanno mostrato evidenza di particelle esotiche, le cosiddette Alp, nel cuore della gigantesca struttura cosmica. Ma la caccia alle elusive particelle predette da varie teorie delle stringhe continua su altri fronti. Nel team che ha condotto le indagini c'è anche l'italiano Francesco Tombesi

     19/03/2020


L’ammasso di galassie di Perseo, ripreso ai raggi X nei colori rosso, verde e blu. Le osservazioni del telescopio spaziale Chandra e durate 5 giorni del buco nero supermassiccio al centro dell’ammasso, visibile nell’ingrandimento in basso a destra, non hanno mostrato evidenza di particelle Alp. Crediti: Nasa/Cxc/Univ. of Cambridge/C. Reynolds et al.

L’ultima frontiera della fisica contemporanea ha un solo aggettivo: “tutto”. La “teoria del tutto” infatti è quella che si propone di unificare tutte le forze, le particelle e le interazioni conosciute. Tra le candidate finora proposte, la teoria delle stringhe è senza dubbio la più conosciuta e promettente per giungere a una “teoria del tutto” che rappresenterebbe davvero una svolta epocale nella conoscenza del nostro universo.

Se da un lato il grande impegno delle migliori menti in tutto il mondo ha prodotto centinaia di articoli sull’argomento e varie decine di versioni della teoria delle stringhe, pochissimi sono stati finora i test sperimentali in grado di confermare o confutare le teorie stesse. Un passo in avanti su questo fronte è stato recentemente realizzato da un gruppo di ricercatori che hanno utilizzato Chandra, il telescopio spaziale per raggi X della Nasa. Tra di essi anche Francesco Tombesi, dell’Università degli Studi di Roma “Tor Vergata” e associato Inaf.

Obiettivo del team era quello di trovare tracce convincenti degli assioni – particelle la cui esistenza è predetta dalla teoria delle stringhe – nei segnali elettromagnetici prodotti dagli ammassi di galassie, sterminate strutture cosmiche dominate dalla forza di attrazione gravitazionale. Ebbene, questa caccia alla fine non ha “catturato” alcun segnale riconducibile agli assioni. Non per questo però il lavoro è risultato vano, anzi. Non essere riusciti a sgominare le famigerate particelle pone degli importanti vincoli a quelle che possono essere le loro caratteristiche, a partire dalla loro massa, permettendo così di scartare alcune teorie e restringendo così il campo della ricerca di tali particelle.

«Fino a poco tempo fa non avevo idea di quanto gli astronomi nei raggi X potessero dare un contributo sulla Teoria delle stringhe, ma ora so che possono avere un ruolo molto importante», commenta Christopher Reynolds dell’Università di Cambridge nel Regno Unito,  il ricercatore che ha guidato lo studio, pubblicato sulla rivista The Astrophysical Journal.  «Se queste particelle venissero finalmente rilevate, la fisica cambierebbe per sempre».

Una delle proprietà che rende così elusivi – ammesso che esistano – gli assioni è proprio la loro massa, che dovrebbe essere straordinariamente bassa. Quanto? Da circa un milionesimo della massa di un elettrone fino a zero! Qualunque valore non nullo potrebbe addirittura poter spiegare l’enigma della materia oscura, che rappresenta la stragrande  maggioranza del della massa di cui è composto l’universo.

Un’ulteriore e ancor più insolita proprietà degli assioni è che essi possano convertirsi in fotoni (ovvero i quanti di luce, pura radiazione) attraversando campi magnetici e, parimenti, che i fotoni in particolari condizioni possano convertirsi in assioni.

Alcuni scienziati hanno proposto l’esistenza di una classe più ampia di  particelle di massa ultra-bassa con  proprietà  simili  agli  assioni, ovvero le Alp (axion-like-particles, ovvero particelle simili agli assioni), che hanno una libertà maggiore di “trasformismo”, alternando il loro stato di particella con quello di fotone.

Francesco Tombesi

I ricercatori hanno puntato così per cinque giorni il telescopio spaziale Chandra in direzione dell’ammasso di galassie di Perseo e in particolare la sua regione centrale, dove si trova un buco nero supermassiccio che sta ingurgitando enormi quantità di materia, con l’obiettivo di individuare tracce di conversione delle ALP in fotoni, in varie bande di energia, senza però riuscire ad averne evidenza.

La elevatissima accuratezza delle misure ottenute da Chandra suggerisce che la massa di queste ipotetiche particelle dovrebbe essere inferiore al milionesimo di miliardesimo di quella dell’elettrone oppure superiore a quella consentita dagli strumenti di Chandra. Insomma, un bel colpo a molte delle teorie delle stringhe, in attesa dei risultati di altri esperimenti e osservazioni astrofisiche già programmate in tutto il mondo.

«Questo studio e’ un bell’esempio di come l’astrofisica delle alte energie, in questo caso osservazioni spaziali nei raggi X di un nucleo galattico attivo al centro dell’ammasso di Perseo, possano avere importanti riscontri sia per scoperte di astrofisica in sé e sia per avanzare le nostre conoscenze di fisica delle particelle elementari e fisica teorica che non sarebbero possibili con laboratori terrestri» sottolinea Tombesi.

Per saperne di più:

Guarda il servizio video di MediaInaf Tv: